"Il Gazzettino" 28 agosto 2002 Intervista di Andrea Bianchi a Giorgio La Malfa: "Evitiamo le sanatorie, hanno effetti devastanti" No ai condoni "perché sono devastanti", no all'inflazione reale come base per i rinnovi contrattuali, "perché così non si difende la competitività del Paese". Giorgio La Malfa, a Oxford per una vacanza-studio, si conferma voce fuori dal coro della maggioranza. Il presidente della commissione Finanze di Montecitorio, però, considera "giustificato" un eventuale intervento del governo su prezzi e tariffe. Che ne dice un liberista del blocco delle tariffe e di un eventuale intervento per decreto sulla R.C. auto? "Se il ministro dell'Industria accerterà che vi sono aumenti ingiustificati di prezzi e tariffe, soprattutto in settori al riparo della concorrenza, è giusto intervenire. Se le cose stanno così, non ha senso parlare di dirigismo, come fa il professor Francesco Giavazzi. Secondo me, non siamo di fronte ad un processo inflazionistico vero e proprio, ma a uno scatto ingiustificato dei prezzi in occasione del cambio di valuta. Alcuni operatori in posizione monopolistica o semi-monopolistica se ne sono approfittati". È d'accordo anche sul riferimento al tasso d'inflazione reale per i rinnovi contrattuali? "No. Nell'ambito di una politica antinflazionistica, soprattutto oggi in cui il tasso di cambio è fisso e l'inflazione media in Europa è del 2 per cento, indicare un basso tasso di inflazione programmata è anche un modo per difendere la competitività del Paese e, alla lunga, l'occupazione. Ci penserei due volte prima di buttare via quest'obiettivo. Semmai si può prendere l'impegno con i sindacati per verificare "a posteriori" l'esigenza di un eventuale recupero nella busta paga". Veniamo alla "Nota aggiuntiva", un istituto le gato alla memoria di Ugo La Malfa. Condivide le stime che circolano sulla crescita del 2002, tra lo 0,6 e l'1 per cento? "L'Europa economica aveva due motori, un entrobordo, la Germania, e un fuoribordo, gli Stati Uniti. Entrambi non "tirano" più, perciò la situazione è serissima. D'altra parte non s'è mai visto un tale concorso di circostanze negative: la fine naturale di un ciclo di crescita negli Stati Uniti straordinario per durata, il colpo dell'11 settembre, la crisi di sfiducia determinata dai falsi in bilancio. Il tutto mentre permane una situazione di depressione in Giappone. Insomma, la revisione delle cifre fotografa la realtà, tanto più che l'area dell'euro continua a non avere una sua politica economica". Che cosa intende dire? "Abbiamo creato la seconda economia del mondo, ma con regole che sterilizzano la politica economica. La politica monetaria europea ha l'unico scopo di contenere i prezzi e la politica di bilancio ha l'unico obiettivo di realizzare il pareggio o l'attivo. Questo è il patto di stabilità. Mettiamo insieme 300 milioni abitanti per fare la stessa politica che doveva fare l'Italia prima dell'Unione monetaria? Questa impostazione è stata utile per portare il continente dal caos alla saggezza, ma continuare così sarebbe come stare in dieta dimagrante per tutta la vita. L'obeso prima diventa magro e poi crepa". Via libera alla revisione del Patto di stabilità? "Solo se la revisione non è una fuga disordinata dal Patto. Per uscire dalla dieta, o aumentiamo i poteri degli organi comunitari o restituiamo agli Stati parte dei poteri loro sottratti. L'istituto La Malfa propone la prima strada: i ministri delle Finanze europei decidano ogni anno se le economie dei 12 Paesi possono avere un deficit e di quale entità. Diano direttive, non regole . Ci vuole fle ssibilità, sulla base di una decisione politica e colle giale ". Per esempio, si può decidere di escludere gli investimenti dal computo del deficit... "Magari facendo delle scelte. La commissione europea può autorizzare uno sforamento, per costruire un'infrastruttura di interesse europeo. Ma dirà no, se si vuol fare, che so, una fontana. Inoltre bisogna dare alla banca centrale europea anche il potere, se lo ritiene opportuno, di stimolare lo sviluppo, come fa la Federal reserve". Torniamo in Italia. Occorre resistere alla tentazione dei condoni? "Io dico di sì. La conseguenza dei condoni è quella di creare nei contribuenti l'abitudine a non pagare il dovuto. Se si possono evitare i condoni, si debbono evitare. Certo il governo può avere difficoltà che lo costringono a valutare l'ipotesi di sanatorie , ma bisogna sapere che le conseguenze sono devastanti. E poco importa ricordare i condoni fatti dai governi di diverso colore politico". |