Gli interventi del sen. Del Pennino sulla conversione del Decreto per la regolarizzazione degli extracomunitari Signor Presidente, intervengo in dichiarazione di voto per richiamare l'attenzione dei colleghi sulla valenza della mia proposta emendativa. Ero e rimango favorevole all'impostazione originaria del decreto-legge oggi al nostro esame che escludeva dalla regolarizzazione i destinatari di un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno. Poiché, peraltro, l'orientamento prevalso in seno alle Commissioni riunite è stato quello di estendere le possibilità di regolarizzazione anche a coloro che sono stati destinatari di un provvedimento di espulsione per motivi diversi, mi è sembrato opportuno fissare alcuni paletti al fine di meglio definire i casi in cui è possibile consentire la regolarizzazione nonostante vi sia stata l'intimazione a lasciare il Paese. La mia proposta mira ad aggiungere oltre a quelle formulate dalle Commissioni riunite, quattro ipotesi in cui non è possibile la regolarizzazione . La prima riguarda coloro che appartengono ad una delle categorie indicate dalle leggi n. 327 del 1988 e n. 646 del 1982; si tratta di persone che, pur non essendo sottoposte a procedimento penale, sono indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altro tipo di associazione criminale, o che, sulla base di elementi di fatto, vengono ritenute abitualmente dedite a traffici illeciti. Questo perché molti provvedimenti di espulsione sono stati assunti prima dell'entrata in vigore della cosiddetta legge Bossi-Fini e per questi casi era previsto dalle vecchie norme il semplice provvedimento di intimazione e non l'accompagnamento alla frontiera. L'emendamento prevede, inoltre, che non sia consentita la regolarizzazione per coloro nei cui confronti sia stata emessa un'intimazione a lasciare il territorio dello Stato perché il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato o perché privi di valido documento attestante l'identità e la nazionalità; ed ancora per quanti siano entrati clandestinamente nel territorio nazionale, dopo essere stati respinti alla frontiera; infine per coloro che siano destinatari di un provvedimento di espulsione avverso il quale è stato presentato un ricorso successivamente respinto. Indicare questi come casi in cui non è consentita la regolarizzazione corrisponde, a mio giudizio, ad una logica che non può essere contestata da nessuno. La seconda parte dell'emendamento da me presentato tende a precisare meglio i dati obiettivi sulla base dei quali può essere revocato il provvedimento di espulsione. Si deve trattare di dati che documentino in modo certo l'inserimento sociale, familiare e lavorativo del soggetto, nonché il comportamento complessivo tenuto dallo stesso. Tali dati dovranno essere verificati dall'autorità che ha emanato il provvedimento di intimazione a lasciare il territorio dello Stato prima di procedere alla revoca dell'intimazione stessa. Introdurre queste precisazioni - a mio avviso - darebbe maggiore rigore e serietà all'insieme del provvedimento al nostro esame. Concludo, signor Presidente chiedendo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico dell'emendamento 1.460. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.460. Intervento n.2 DEL PENNINO Signor Presidente, mi asterrò dal voto sul testo come è stato modificato dall'Assemblea. Io stesso, nel corso della discussione sulla legge Bossi-Fini, avevo dichiarato che si sarebbe dovuto accompagnare la nuova normativa con un provvedimento di regolarizzazione di quanti svolgono un'attività lavorativa non denunciata nel nostro Paese. Anzi, avevo detto che avrei preferito che tale norma fosse contenuta nello stesso testo di riforma, così come avvenuto per le colf e per le badanti. Per questo avevamo salutato con favore il decreto emanato dal Governo che mi sembrava rappresentare un giusto punto di equilibrio. Il prevalere di una pseudocultura dell'accoglienza, che ha accomunato l'opposizione con i colleghi dell'UDC, ha portato ad una formulazione francamente incongrua che consente la regolarizzazione di coloro che, entrati clandestinamente nel Paese, hanno poi ricevuto un provvedimento di espulsione, anche per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno. Si tratta di 250.000 persone, per le quali il controllo delle ragioni che autorizzano la revoca del provvedimento di espulsione da parte delle prefetture sarà di fatto impossibile, con il risultato che, o non regolarizzeremo nessuno o li regolarizzeremo tutti. E la mia previsione è che si adotti questa seconda soluzione. E proprio fra coloro che non sarebbero meritevoli di regolarizzazione( quali quelli che avevamo cercato di escludere con l'emendamento che ho proposto e che l'Assemblea ha respinto) saranno più numerosi i casi di commistioni con pseudodatori di lavoro per aggirare la legge e consentirne la regolarizzazione. Ma al di la di questo probabile pericoloso risultato vi è un altro elemento negativo che la soluzione adottata comporta . Essa conferma infatti, non solo che nel nostro Paese è difficile assumere dei provvedimenti di espulsione, ma anche che quelli presi vengono poi vanificati da una normativa che interviene successivamente; e suonerà come una specie di tam tam di richiamo per l'immigrazione clandestina nel nostro Paese. Giovedì 26 settembre 2002 |