Pubblica Amministrazione Legge Frattini: se tramonta l'imparzialità Nei mesi scorsi il Parlamento ha approvato una legge proposta dall'allora Ministro per la Funzione Pubblica, Frattini, che consente ai Governi di nominare discrezionalmente una larga fascia di dirigenti medio-alti ed alti della Pubblica Amministrazione, attribuendo loro contratti anche di breve durata e quindi assoggettando completamente la Pubblica Amministrazione al potere politico. Contro questa legge mi sono espresso come ho potuto. Essa viola quello che è, a mio avviso, uno dei fondamenti della vita democratica e cioè l'imparzialità della Pubblica Amministrazione. La posizione dei pubblici funzionari nello stato di diritto fu uno dei grandi temi di discussione fra la Destra e la Sinistra dopo la formazione dello Stato unitario. In uno straordinario saggio su La Giustizia nell'Amministrazione, Silvio Spaventa sostenne che il fondamento della giustizia nell'amministrazione pubblica è che il ministro non possa conoscere gli effetti applicativi sui singoli cittadini dei provvedimenti che esso assume. Questo presuppone che vi sia fra il cittadino ed il potere politico uno schermo costituito da un corpo di pubblici funzionari scelto in base al merito, non assoggettato nella sua carriera all'arbitrio politico e protetto nella sua indipendenza dalla stabilità del suo impiego. Bene o male questo principio dell'Italia liberale resistette almeno per una parte del periodo fascista ed è stato nel complesso rispettato nell'Italia del dopoguerra. Esso è sancito dalla Carta Costituzionale italiana che all'articolo 97 afferma che "i pubblici uffici sono organizzati…in modo che siano assicurati il buon andamento e la imparzialità dell'amministrazione". L'articolo 98 stabilisce che "i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione". Ho sottolineato le parole imparzialità e servizio esclusivo per indicare che questa disposizione tende ad escludere una facoltà discrezionale di nomina da parte del potere politico. Forse vi saranno giuristi disposti a sostenere che non stiamo violando la Costituzione, ma la sostanza alla quale i Costituenti facevano riferimento era una Pubblica Amministrazione effettivamente estranea al volere politico e vincolata solo all' attuazione delle leggi. Va detto, tuttavia, per necessaria obiettività, che il vulnus a questa impostazione costituzionale non nasce con il disegno di legge Frattini. Esso è stato preceduto, nella precedente legislatura, dalla legge-delega Bassanini 15 marzo 1997 e dai decreti legislativi di attuazione di quella legge. Dunque la responsabilità originaria è del centrosinistra, che fu sordo ad ogni richiesta di non procedere lungo questa strada. Questa responsabilità originaria ha fatto sì che nei mesi scorsi l'opposizione non abbia potuto opporre alcun valido argomento alla proposta del governo, ma abbia dovuto limitarsi a criticare le modalità di applicazione e l'estensione del privilegio politico garantito al governo nella nomina degli alti funzionari a suo tempo previsto dalla legge Bassanini. Così, la legge Frattini è ormai in vigore e contro di essa si sono levate, come già avvenne nel 1998, due sole voci, quella del professor Cassese, che ne ha scritto ripetutamente sul 24 Ore e la mia. Io ritengo che le conseguenze di questa legislazione sulla pubblica amministrazione siano devastanti non solo nella sua prima applicazione, ma soprattutto nel tipo di messaggio che viene lanciato a tutti i funzionari dello Stato che nei prossimi anni potranno aspirare a cariche direttive. Essi sanno, fin da ora, che la loro carriera sarà legata alla benevolenza del potere politico. Per questo mi auguro che il Parlamento decida di riconsiderare tutta questa materia. In ogni caso, per disporre dei dati sul modo nel quale la legge è stata applicata nelle scorse settimane, ho rivolto un'interpellanza dettagliata al presidente del Consiglio e al nuovo titolare della Funzione Pubblica per conoscere con precisione a quanti funzionari si sono applicati i nuovi poteri del governo, che cosa sia avvenuto di quelli che sono stati mandati via, quali costi aggiuntivi comporti questa legislazione ed infine quali siano le remunerazioni degli alti dirigenti, i quali aggiungo per inciso in base a un'altra legge della precedente legislatura, oggi negoziano direttamente i loro stipendi con i Ministri che li assumono. Francamente mi dispiace che un governo che si vuole erede, se non di Minghetti e Spaventa, almeno di Alcide De Gasperi, invece di compiere il cammino inverso a quello compiuto dalla coalizione di centrosinistra, si sia avvalso di quel precedente per spingere ulteriormente in avanti l'impossessamento politico della Pubblica Amministrazione. In una lezione tenuta in una Università francese, il professor Cassese, oltre a spiegare con chiarezza le conseguenze che questo nuovo regime avrà sul funzionamento delle istituzioni pubbliche, ha anche avanzato una interpretazione politica dell'origine di questo modo di legiferare. Mi augurerei che il presidente del Consiglio - al quale non può sfuggire il significato politico di queste vicende - si facesse documentare su tutta la materia e riflettesse seriamente a un cambiamento di rotta che, seppur tardivo, gli varrebbe un titolo di straordinaria importanza. Giorgio La Malfa "Il Sole 24 Ore" 27 novembre 2002 |