"Muti davanti al Papa" Lettera di Giorgio La Malfa a "La Stampa" del 13 novembre 2002 Caro direttore, credo che non siano state valutate fino in fondo le implicazioni politiche istituzionali e le conseguenze che comporterà la presenza del Pontefice nel Parlamento Italiano. Alcuni osservatori hanno giustamente notato che non spetta al Parlamento invitare capi di Stato stranieri e atteggiarsi a loro interlocutore, e sottolineato che in ogni caso il capo spirituale della Chiesa cattolica non può essere considerato semplicemente il capo di uno Stato straniero. Dal mio punto di vista il problema è ancora più spinoso, considerando le vicende storiche della formazione dello Stato italiano, quello che ha rappresentato nella nostra storia unitaria, la "questione romana", il discusso concordato ed il ruolo di privilegio che la religione cattolica ha sempre goduto nel nostro Paese. Il Papa che entra nel Parlamento della Repubblica e che vi trova il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio, rappresenta dunque un atto singolare che di per sé riduce la funzione della sede legislativa italiana ad una pura camera d'ascolto e di cerimoniale. Diverso sarebbe stato se il pontefice avesse incontrato precedentemente il capo dello Stato ed il capo del governo italiano, e poi avesse rivolto un messaggio al Parlamento. Con una tale attenzione formale, il Papa sarebbe stato un ospite autorevole dello Stato italiano ed il Parlamento informato della particolare attenzione che la Santa Sede rivolgeva all'Italia. La circostanza per cui l'incontro avviene, invece, in una forma in cui tutte la autorità istituzionali della Repubblica assistono mute al discorso del Papa, rivela, a mio avviso, un'insensibilità politica ed istituzionale da parte di chi pur doveva averla. In questa maniera l'Italia diventa una semplice cassa di risonanza delle posizioni del Vaticano e questo per le nostre istituzioni è inconcepibile. Ho visto che esponenti influenti del mondo cattolico rassicurano e tranquillizzano sul fatto che il pontefice non invierà certo un messaggio tale da interferire con l'autonomia delle leggi dello Stato italiano. Sono molto grato al Pontefice e alla Santa Sede per questo riserbo, ma sinceramente avrei preferito che l'autonomia dello Stato italiano non fosse affidata alla discrezione del Vaticano. E' inutile fingere di non sapere che la visione morale di Giovanni Paolo II, per quanto ovviamente rispettabile, è in conflitto con diverse leggi dello Stato italiano che proprio il Parlamento nella sua autonomia ha votato ed approvato. Sarebbe molto imbarazzante per il Parlamento trovarsi di fronte al problema di un reciso giudizio sulle proprie leggi da parte del Pontefice. In ogni caso nel riconoscere il valore del messaggio morale della Chiesa cattolica, io credo che sia bene ricordare l'origine dello Stato unitario, i suoi valori laici e i passi compiuti per affermare questa democrazia. Mi domando se la forma di questa cerimonia e la posizione di sottomissione delle autorità dello Stato, non si risolva in un disconoscimento di questi nostri valori. Se la giornata di giovedì fosse tesa a dare un'idea che i valori morali risiedono oltre Tevere e che è lì che la nostra Repubblica deve cercarli, essa sarebbe lesiva del nostro senso di indipendenza nazionale. |