Lettera di Ossorio pubblicata sul Corriere
del Mezzogiorno del 19 Dicembre 2001
"Leggendo l'articolo di Ranieri ho capito
perché la sinistra sbaglia su Croce"
Nel leggere l'articolo
di Umberto Ranieri per difendere e sostenere le cause del cosiddetto riformismo
politico, mi si è in parte chiarito il senso dell'imbarazzo e dello
smarrimento politico che sta cogliendo la sinistra italiana nel suo complesso
e, in particolare, i democratici di sinistra.
In sostanza: se io mi trovassi nel mondo islamico a sostenere la tesi
laica della netta distinzione fra legge religiosa e legge dello Stato,
sarei sicuramente all'avanguardia. E forse pagherei con violenza questa
mia posizione. Ma se mi battessi per sostenere una tesi simile in Francia,
in Inghilterra o in Italia, sarei considerato un buon docente, forse.
Ma la maggior parte delle persone mi considererebbero un tantino bizzarro
o, quantomeno, attardato a ricordare ciò che tutti già sanno.
Così, francamente e con spirito costruttivo, mi sembra che riproporre
oggi come soluzione per l'incerto futuro della sinistra il riformismo
di Turati è un gioco che può valere all'interno dell'enclave
comunista e degli ex comunisti, che può sembrare un coraggioso
progresso degno del martirio per un iscritto di Rifondazione comunista,
ma non per un italiano medio che si trova a fronteggiare problemi del
tutto nuovi, del tutto diversi e che il riformismo ha già accolto
in tutte le sue possibili versioni, socialiste, social-democratiche, liberal-democratiche.
Nel suo articolo, Ranieri chiama in causa Croce, Bernstein ed altri
pensatori del secolo scorso. Ebbene, se proprio dovessimo volgere la testa
al passato, cercando però, come don Abbondio nell'incontro con
i bravi, di guardare con la coda dell'occhio dall'altro lato, e volessimo
proprio trovare un'attualità del pensiero di Croce, forse (e non
dovrei essere io a ricordarlo a Ranieri), di fronte alla mondializzazione
dei mercati, potrebbe essere utile riscoprire il Croce che ricorda Marx
come colui il quale ci ha insegnato una volta e per tutte l'importanza
dell'economia nei processi storici. In fondo, fu Marx, se non il primo,
certamente fra i primi a rendersi conto della forza possente dei fenomeni
di internazionalizzazione dell'economia. Proponeva una soluzione rivoluzionaria,
che noi repubblicani certo non condividiamo e che dobbiamo volgere in
una prospettiva riformista. Ma quale prospettiva? E in cosa consiste la
differenza fra quella dei democratici di sinistra, dei repubblicani, dei
liberali? A questo deve rispondere Ranieri. Senza rifugiarsi esclusivamente
in petizioni di principio né presentandosi come moderno e nuovo
solo perché contrapposto al movimentismo nascente in larghi settori
della sinistra.
Questi fermenti possono essere discutibili. Non hanno ancora prodotto
una visione chiara e complessiva sul piano politico-istituzionale. Ma
sono rispettabili, se non altro per i problemi che sollevano. Anche nel
mondo dei nuovi movimenti, come in quello del riformismo, abitano anime
e propensioni diverse. Si tratta di definirne e comprenderne i contorni,
di discuterli per accoglierli o rigettarli.
Mi rendo conto che se i democratici di sinistra vogliono proporsi come
forza alternativa di governo non possono rimanere nella trincea del puro
antagonismo. Ma neppure possono presentarsi come la copia sbiadita del
riformismo altrui.
E allora, caro Ranieri, anziché rispolverare Croce e Bernstein
(che peraltro vanno studiati e attualizzati), perché non ci si
confronta, ad esempio, sulla attuale versione francese del socialismo,
la quale potrebbe avere punti di contatto con quella italiana? Perché
sul tema del lavoro, accanto al tema della flessibilità, non si
colloca anche quello della riduzione dell'orario di lavoro, che in Francia
sembra aver avuto successo? E' un esempio fra i tanti. Ma, per rendere
omaggio a Croce, ricordiamoci che egli sosteneva che la storia, se è
vera storia, è sempre storia contemporanea. Non è antiquariato.
Giuseppe Ossorio
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