Si è tenuto a Perugia, nell'Aula Magna dell'Università, nei giorni 5 e 6 dicembre il Convegno annuale dell'Aidi (Associazione Italiana di Illuminazone), organizzato quest'anno in collaborazione con l'Università degli Studi di Perugia, sul tema Luce come innovazione. Alla sessione plenaria di apertura del Convegno ha partecipato, in rappresentanza del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio Altero Matteoli, il Sottosegretario on. Francesco Nucara.
 

"LUCE COME INNOVAZIONE"
 
 

 Signor Presidente,
 Signore e Signori,

sono lieto di partecipare a questo importante convegno e vi porto il saluto del Ministro dell'Ambiente.
 Il tema del dibattito "Luce come Innovazione" non lascia spazio a dubbi: si vuole parlare di illuminazione come rapporto tra luce e cultura. Già nel passato ampi dibattiti, anche parlamentari, hanno affrontato le problematiche relative all'utilizzo indiscriminato dell'illuminazione .
 La nostra moderna civiltà industrializzata ha creato, in pochi decenni, un benessere materiale enorme, tuttavia, parallelamente, ha innescato - senza rendersene conto ­ un degrado ambientale a vari livelli e anche un dispendio di risorse che rischia di compromettere la qualità della vita di questa società ma anche delle generazioni future.
 L'attività che svolge l'AIDI (Associazione Italiana di Illuminazione), nel settore dal '60, assume in questo contesto importanza rilevante volendo essere interlocutore culturale tra il mondo produttivo e le esigenze di qualità richieste dagli utenti finali di consumo.
 Quando si parla di illuminazione le associazioni di idee immediate sono: ricchezza e dispendio di risorse.
 La produzione di luce artificiale ha, infatti, da una parte un costo economico molto elevato e questo lo accomuna alla ricchezza; dall'altra un utilizzo spesso incoerente rispetto alle necessità, determinando uno spreco di materia prima e quindi un dispendio di risorse.
Dietro una lampadina che si accende esiste un intero "mondo" costituito da impianti, industrie, maestranze, professionisti, sul quale pochi si fermano a riflettere ma che indubbiamente determinano dei costi.
Quotidianamente, su tutto il territorio nazionale, vengono sperperate enormi quantità di energia a causa di sommarie progettazioni, realizzazioni ed utilizzazioni erronee della maggioranza degli impianti di illuminazione esterna, sia pubblica che privata. Gli esperti hanno stimato nel 30% l'energia elettrica male utilizzata e quantificato in 400/500 miliardi la somma che ogni anno il nostro paese potrebbe risparmiare se venisse adottata una politica mirata di consumi intelligenti.
 Rendere quindi realizzabile, operativo, un discorso-progetto di razionalizzazione della illuminazione, mi sembra senza dubbio lungimirante.
 Il risparmio energetico è, oggi, diventato meta obbligata per tutti governi.
 Una razionalizzazione degli impianti, una ottimale scelta del tipo di lampade (ad alta efficienza e basso consumo), l'illuminazione a raso ' per citare alcuni esempi' porterebbero ad una migliore qualità della vita e a un notevole risparmio energetico ma anche, facendo un discorso più ampio, ad un minor inquinamento atmosferico giacchè la maggior parte dell'energia elettrica viene prodotta tramite combustioni che immettono gas nocivi nell'atmosfera.
 In Italia sono già sette le regioni che si sono dotate di regole in tal senso: Valle D'Aosta, Piemonte, Veneto, Toscana, Lazio e Lombardia.
 La legge regionale della Lombardia, varata nel 2000, è stata peraltro premiata dalla International Dark-Sky (massimo organo mondiale di studio sul fenomeno dell'inquinamento luminoso, operante in Arizona). La norma, nelle sue finalità, sposa al risparmio energetico la riduzione dell'inquinamento luminoso ponendo l'accento sulla tutela dell'attività della ricerca scientifica e divulgativa degli osservatori astronomici e sulla conservazione degli equilibri ecologici sia all'interno sia all'esterno delle aree protette; principio quest'ultimo ormai entrato a pieno titolo nella scala dei valori umani.
 Non si può infatti prescindere dal considerare, la ricchezza naturale alla quale rinunciamo tutti, come produttori di inquinamento luminoso, un bene naturale da proteggere. Mi riferisco alla cultura del “Parco del cielo” della quale oggi l'uomo è impoverito, la differenza è esattamente della metà: gli antichi vedevano a 360 gradi, noi a 180 gradi, mancandoci la visione aerale.
 Questa cultura si è ridotta, ormai, ad eventi particolari di tipo astronomico. La maggior parte dei nostri ragazzi conoscono le costellazioni celesti solo attraverso i libri di scuola.
E' questo il fenomeno indicato come “inquinamento luminoso”. Uno strano tipo di inquinamento con il quale siamo particolarmente abituati a convivere ma che ha effetti nocivi sia sull'uomo sia sul mondo che lo circonda.
 Esso comporta infatti la rottura dell'equilibrio fra giorno e notte.
 Dagli anni '70 ad oggi la luminosità artificiale è più che quadruplicata. Abbiamo quasi perduto la vera dimensione della notte.
Ebbene tutto ciò impedisce ad ognuno di noi di avere un contatto con la natura che è il cielo stellato. Un patrimonio dell'umanità seriamente minacciato dalle troppe luci: spesso inutili, spesso esagerate.
Lo Stato italiano investe centinaia di miliardi di lire nella ricerca astronomica, con l'impegno di mezzi e uomini di valore, che in parte è vanificata consentendo l'uso irrazionale, indiscriminato e al di fuori di ogni regolamentazione di quel bene prezioso che è l'energia elettrica.
Non è da sottovalutare, però, che il solo dibattito a livello scientifico degli ultimi anni ha modificato l'atteggiamento di molte pubbliche amministrazioni e di grandi produttori riguardo al problema del risparmio energetico coniugato all'inquinamento luminoso. A Roma, alla fine degli anni '90, una grossa campagna dell'ACEA promuoveva le lampadine a basso consumo.
Posso affermare con sicurezza che un uso delle sorgenti di luce più razionale, più efficace e mirato migliorerà la qualità dei servizi, della sicurezza delle strade e delle nostre città.
Cerchiamo di affrontare e risolvere queste problematiche sfruttando l'utilizzo delle migliori tecnologie e delle conoscenze di cui siamo in possesso. Queste conoscenze non devono essere solo stimolo di continue fughe in avanti verso scoperte sempre più estreme ma anche stimolo a ricerche mirate a conciliare le nuove tecnologie con l'ambiente, inteso nel senso più ampio del termine.

 Dall'impegno che ognuno di noi vorrà dedicare nel migliorare la qualità della vita ma anche e soprattutto nel miglior utilizzo delle risorse, dipende anche il futuro delle giovani generazioni e della loro salute

Buon lavoro.
 

       Francesco Nucara