L'intervista che segue all'onorevole Giorgio La Malfa,  Presidente della Commissione Finanze della Camera dei Deputati e Presidente del Partito Repubblicano Italiano,  realizzata da Gabbriele Mazzoleni dell'Agenzia ApBiscom è stata diramata  il 10 dicembre 2001 dalla stessa agenzia

EURO2002/ INTERVISTA A LA MALFA: "IO EUROSCETTICO? NO, MA"
 "Unione monetaria a rischio se l'euro non produrrà benessere"

Di Gabriele Mazzoleni

- L'euro può portare benessere
nell'Unione Monetaria?

"Nella sua attuale configurazione, l'UME
non è in condizione di svolgere una politica economica efficace
per affrontare il problema del rallentamento dei tassi di
sviluppo dell'economia europea". Questo Giorgio La Malfa lo
scriveva nel febbraio del 2000 in "L'Europa legata", un libro
carico di dubbi e riflessioni sulla moneta unica, in un momento
in cui, invece, nel continente si festeggiava l'avvento della
nuova moneta, destinata, si diceva, a scalzare il re dollaro.

Due anni dopo, La Malfa, presidente della Commissione Finanze
della Camera,  conferma le sue forti
perplessità. E' difficile, però, includere 'tout-court' il suo
ragionamento nella categoria degli euroscettici. Le
preoccupazioni che esprime sono forti, ma offre l'idea di colui
che, segnalando i pericoli, guardando in faccia la realtà per
quella che è, spera nel successo finale.  E, come nel 2000, a
maggior ragione oggi, dopo la crisi dell'11 settembre, La Malfa è
convinto che se l'euro non riuscirà a dare risposte rapide  al
rallentamento dell'economia continentale, è forte  il rischio che
'il riflusso antieuropeista" lo travolga.

Mancano pochi giorni all'euro. Cosa direbbe suo padre, se oggi
potesse commentare l'avvenimento?

"Direbbe quello che ha detto il Presidente della Repubblica.
Cioè che per chi ha  vissuto l'esperienza dell'Europa tra le due
Guerre, il fatto ci si prepari ad avere  tutti la stessa moneta è
sicuramente un fatto sconvolgente, meraviglioso. Il problema,
però, è sapere dove condurrà la moneta. Per tutti gli uomini
della generazione di mio padre, del presidente della Repubblica
e, forse, ormai, anche la mia, la moneta era parte del processo
di costruzione dell'Europa. Anzi, diciamo così: nel trattato di
Roma e nel trattato di Parigi, non si parla di moneta unica,
perché si era sempre pensato che la moneta unica sarebbe stato un
passo conclusivo di coronamento della unificazione politica
dell'Europa. E non il contrario".

 S'arresta qui il giudizio comune con suo padre?

"Lui era lui, io sono io. Penso piuttosto che vada fatta
un'altra riflessione: ovvero se questa anticipazione della moneta
sulle istituzioni comuni sarà seguita e coniugata con
l'unificazione politica oppure no. La seconda riflessione che
occorre fare è se è possibile una buona moneta se essa non ha
alle spalle uno stato. Questo il dubbio che ho io sull'euro. Se
l'unificazione monetaria possa funzionare bene in assenza di
un'unione politica".

Potrebbe essere un primo segnale positivo arrivare a costituire
un centro di coordinamento delle politiche economiche che sia da
contrappeso alla politica monetaria?

"Sarebbe necessario, ma non so se avverrà. L'Europa politica è
un obiettivo molto difficile, gli sforzi dei quali si parla,
scrivere una costituzione europea e così via, mi paiono sforzi
che non trovano una risposta adeguata da parte dei paesi membri
e questo vale anche sul piano della politica economica".

Lei esprime uno scetticismo che sembra già una condanna?

"No, non è scetticismo è preoccupazione. Perché l'euro si è
rivelata una moneta debole? Quando è nato nel maggio 1998 si
diceva che era destinato a diventare rapidamente la moneta rivale
del dollaro. Invece, è passato rapidamente da 1,17 sul dollaro
fino al minimo di 0,82. C'è chi spera che l'euro si rafforzerà
quando entrerà nelle tasche dei cittadini. Ma non credo proprio
che questo possa avvenire in maniera rilevante! Il problema è che
l'euro è così debole perché dietro non c'è politica economica
comune, è una moneta senza spina dorsale. In inglese uno dei modi
per chiamare la sterlina è la sovrana.  E' una manifestazione
della sovranità del paese. L'euro non è una manifestazione della
sovranità è l'anticipazione la speranza di una sovranità. La mia
interpretazione della debolezza dell'euro è la mancanza della
sovranità".
 

 "La moneta unica è arrivata o troppo tardi o troppo presto"

 
Forse - chiediamo a Giorgio La Malfa - la questione
è che la storia ha preso un corso differente da quello immaginato
dai padri fondatori dell'Unione europea?

"Le ragioni storiche che hanno determinato l'avvicinamento
franco tedesco, asse portante del processo di unificazione
europea, sono essenzialmente il senso di colpo della Germania e
dell'Italia, e la paura dell'Unione Sovietica. Paura che
conduceva gli americani ad essere favorevoli all'Unificazione.
Questi due elementi sono venuti meno e questo ha fatto venire
meno la spinta politica all'unificazione. Tant'è vero che se, 30
anni fa, il trasferimento di poteri a Bruxelles era accompagnato
in maniera favorevole, oggi si sta creando un sentimento di
contestazione a queste deleghe, e si chiede di tornare ad
attribuire maggiori poteri alle comunità locali. Questa è la
difficoltà di fronte alla quale Prodi oggi si trova : la
difficoltà di gestire  una fase di riflusso europeo".

 L'euro, allora, non è più figlio della spinta politica
originaria, ma dell'improvviso sviluppo storico dell'unificazione
tedesca?

"Quando nel 1989 cadde il muro di Berlino, avvenne che, secondo
la mia ricostruzione dei fatti, si diffuse il timore che la
Germania potesse scappare da sola verso il centro dell'Europa. In
cambio dell'assenso all'unificazione tedesca, i francesi chiesero
alla Germania la rinuncia al marco, cioè alla sovranità tedesca.
Il difetto principale di questa operazione, è che quando si
decide per l'euro, i paesi europei non fanno  una riflessione
completa sull'unificazione politica  e si pensa che si possa
cominciare con la moneta, convinti che questa a sua volta generi
l'unificazione politica. Se l'unificazione politica non viene, e
non sta venendo, c'è il rischio di aver fatto un trasferimento di
un potere a livello sovranazionale senza avere la disponibilità
degli altri poteri".

L'adesione dell'Inghilterra all'euro in che termini potrebbe
modificare questo scenario?

"Quello dell'Inghilterra è un caso che pone una vera e propria
contraddizione. Blair ha dichiarato che vuole portare
l'Inghilterra dentro l'euro. Ma in qual prospettiva? In quale
visione dell'euro? Non certo in quella di euro come avanguardia
di unificazione politica, ma al contrario come moneta priva di
connotati politici. Se l'Europa spinge sulla Costituzione,
allontana Londra dall'euro; se l'Inghilterra aderisce alla moneta
unica questo rende del tutto impossibile l'idea costituzionale
europea. Un euro senza Inghilterra è più debole dal punto di
vista economico, ma un euro con dentro l'Inghilterra, è un euro
che non diventerà mai una moneta politicamente sovrana".
 
Insomma, la prossima mossa è scacco matto. Sembra che l'euro sia
incamminato in un vicolo cieco?

"Sì, sono molto preoccupato. In un certo senso la moneta unica è
arrivata molto tardi o troppo presto.  Le unioni monetarie senza
unione politica non sono necessariamente a senso unico. Possono
anche fermarsi. Il processo di unificazione europea può anche
tornare indietro.  Giuridicamente è impossibile tornare indietro.
Però l'euro non ha ritorno se è parte di un processo di
unificazione politica: se questo non avviene ad un certo punto
possono esserci delle conseguenze. Un paese può dire: ma perché
devo rinunciare all'autonomia della mia politica economica  se la
politica economica comune non dà benessere? Di fronte ad una
politica economica che non risponde ai problemi sociali, alla
disoccupazione, può crescere nell'opinione pubblica europea un
sentimento ostile all'euro".