Il mondo della cooperazione L'associazionismo mazziniano del secolo XXI Congresso del Pri, Roma, 30 marzo 2007. di Maurizio Zaffi* Cari amici e caro segretario, vi ringrazio a nome dell'Associazione Generale delle Cooperative italiane, e personalmente, per l'invito che ci avete rivolto a partecipare al 45° congresso del PRI. Debbo ricordare che la nostra associazione trae e conserva le sue radici dalle origini, dal 1952, dell'esperienza dell'associazionismo repubblicano laico. Non per merito mio, ma per merito di tutti quelli che ci hanno preceduto - e in piccola parte anche di tutti dirigenti che dal 1996 ad oggi hanno voluto dividere con me ansie e preoccupazioni, ma soprattutto responsabilità - nel bene o nel male la nostra azione è stata capace di trasformare completamente la base associativa e gli assetti della nostra organizzazione nel territorio in differenti settori. Il consuntivo di questi dieci anni di trasformazione è oggettivamente positivo, il mondo delle imprese che aderiscono a noi è fatto da quasi 6mila cooperative. E, anche attraverso associazioni di secondo grado, anche da 25mila imprese non cooperative, soprattutto nel mondo agricolo, artigianato e piccola impresa. Tutto ciò rappresenta un patrimonio di esperienze e di esigenze che danno sostanza - non vi nascondo: anche preoccupazione - alla nostra azione e impegno quotidiano. Tuttavia, questo patrimonio di attese, di rivendicazioni e fabbisogni lo concepiamo nella chiave della vera legittimazione alla nostra esistenza. Se questa è la configurazione del mondo delle imprese a noi aderenti, capirete bene che non può essere individuata un'area politica e specifica cui ricomprenderlo quanto a omogeneità. A seconda dei territori e dei settori aggreghiamo cooperative i cui dirigenti e soci hanno assiduità di riferimenti politici molto articolati, e anche trasversali, verso i vari attuali schieramenti. Resta però un fatto: che tutti quelli che aderiscono a noi e permangono nella nostra associazione, debbono intendere e intendono il rapporto associativo in modo coerente con alcuni principi che - guarda caso - provengono direttamente dalla nostra e vostra esperienza delle origini, ancestralmente legata alla nostra e alla vostra concezione dell'associazionismo. Il rispetto delle regole, l'ancoraggio della democrazia, la valorizzazione del merito, dell'impegno, la solidarietà e il soddisfare sempre l'esigenza di libertà di ciascuna impresa e di ciascuna persona nelle scelte strategiche di prospettiva, quand'anche si pongano semplicemente a livello di gare, di committenza o di mercato. Questo mi induce a sottolineare un'altra caratteristica acquisita dalla nostra associazione. Se seguite i problemi del mondo della cooperazione, avrete certamente rilevato che uno dei problemi più proposti in questa fase della vita economica del paese è quello dell'autonomia dei movimenti cooperativi in generale, e delle associazioni di imprese. Molte volte la dialettica su questo punto, specie tra le grandi centrali, Lega e Conf., assume caratteristiche anche di forte accentuazione. Credo però che alla nostra associazione vada la priorità temporale nell'avere risolto in concreto questo problema. La nostra autonomia da qualunque influenza partitica non ci viene eccepita da alcuno, forse qualche volta viene criticata come mancanza di riferimento. Ma qui sottolineo che per noi autonomia non vuol dire indifferenza e soprattutto - per uno dei principi ai quali teniamo di più, quello della libertà - rispettiamo le scelte di riferimento politico ancorché opposte e opponibili, in termini di schieramenti partitici, di ciascuno dei nostri dirigenti. Per noi la scelta dell'autonomia e dell'organizzazione è conseguita direttamente dalla necessità di porre come prioritaria - per le nostre strategie, rivendicazioni, indirizzi e obiettivi di azione – l'esigenza di interpretare e far valere nel modo più corretto e adeguato i fabbisogni delle nostre imprese. E ciò è naturale quando si debba esercitare la funzione di tutela e rappresentanza, avendo la consapevolezza che l'affermazione sul mercato attuale si esercita nel campo della globalizzazione dei grandi flussi di merci, di finanza e di lavoro. L'attuale contesto, come tutti debbono ben capire, non è più quello di dieci anni fa, venti anni fa, ma ancor meno quello delle nostre origini di oltre cinquanta anni fa. Noi ci siamo assunti l'impegno e lo porteremo a termine, perlomeno auspico che riusciremo ad avviarlo, per fare uno sforzo di adeguamento di strutture associative e territoriali di settore di tutta la strumentazione centrale e periferica, a cominciare dalle risorse umane, sia per i dirigenti, sia per i responsabili operativi: per presentarci come organizzazione agli appuntamenti che ci proponiamo e ci vengono proposti, per identificare il percorso e verificare, se è possibile, l'obiettivo dei movimenti cooperativi. Sono orgoglioso di annunciare oggi per la prima volta pubblicamente, perché la notizia è di questa mattina, che abbiamo dato vita alla Banca AGC S.p.a. E sostengo che una volta concluso, da parte di tutti, il processo, chiamiamolo di realizzazione dell'autonomia, restano però le differenze dei movimenti determinate dalla diversità delle basi associate, per cui non è un paradosso dire che la diversità della nostra associazione è quella di essere costituita da piccole, piccolissime e micro imprese, mentre alle altre centrali aderiscono in grado maggiore grandi e medie imprese nonché enti più organizzati e già collegati a reti efficienti. E per ciò è ineludibile constatare la diversità dei fabbisogni degli interessi e quindi delle rivendicazioni da porre alla base delle scelte strategiche di ciascuna centrale. Beninteso, lo sottolineo ancora una volta, qualunque siano le fasi e gli strumenti identificati per l'obiettivo, la nostra organizzazione non potrà prescindere - almeno fintanto che la dirigeremo noi - dalla coerenza e dal rispetto dei principi che sono direttamente ancora connessi alle nostre origini e all'associazionismo mazziniano che oggi definiamo repubblicano laico e libertario; una coerenza che sta guarda caso determinando un sorprendente grado di appeal per molte imprese cooperative e organizzazioni di imprese finora non associate a qualcuno: dovremmo probabilmente mettere qualche guardiania in entrata. Qualche giorno fa ho avuto occasione di pretendere la nostra partecipazione ai cosiddetti tavoli della concertazione, rivendicando la legittimazione della nostra presenza sul fatto che non possiamo autorizzare alcuno a rappresentarci; e perché noi intendiamo la concertazione come fase di assunzione di impegni e responsabilità per conto dei nostri associati nei confronti dell'azione di governo. I nostri apporti debbono costituire gli elementi idonei per facilitare al governo la sintesi più adeguata per il paese e quindi mirata agli interessi generali e collettivi, come qualcuno ci ha insegnato nel Partito repubblicano. Solo in questa chiave i nostri apporti difendono gli interessi degli enti a noi associati. Non è nostro costume ricorrere, né tanto meno mio, all'autoreferenzialità, ma debbo dichiarare che purtroppo non ho avuto su questo assunto molti riscontri, quando ad esempio ho constato che la gran parte dei soggetti e delle categorie che si sono presentate al primo tavolo generale di avvio della ripresa della concertazione, ha insistito sulla necessità di spendere il cosiddetto "tesoretto" - sapete benissimo che cosa è - per alimentare la disponibilità delle famiglie. Noi che ricordiamo bene Ugo La Malfa, ci siamo chiesti come egli avrebbe potuto reagire oggi. Altre scelte di questo Governo, ad esempio la vocazione all'aumento della pressione fiscale per il recupero del gettito, non so se l'avrebbero convito. E, non tanto come Presidente dell'Associazione generale delle Cooperative italiane, ma come semplice iscritto con una tessera, quella del PRI, che rinnovo ininterrottamente da più di tre decenni, vi auguro almeno altri 45 congressi e mi auguro, non voglio fare i conti con nessuno essendo laico, di poter prendere ancora molte tessere. *Presidente Associazione Generale delle Cooperative Italiane |