Il saluto della comunità ebraica I repubblicani e Israele amicizia di antica data Congresso del Pri, Roma, 30 marzo 2007. di Riccardo Pacifici* Saluti ai tanti amici nel Pri, a Del Pennino, La Malfa, Naucara e tutti gli altri. Voglio sottolineare alcuni aspetti che legano la comunità ebraica e il Partito repubblicano. Mi chiedeva un giornalista: qual è il significato della vostra presenza a questo congresso, qual è il significato della presenza della comunità ebraica al congresso del Pri? Certamente non come attivisti nel partito, o per il dover decidere, almeno da parte nostra, di schierarci da qualche parte. Sicuramente per dare un contributo al dibattito nel nostro Paese, lì dove c'è stato un invito che abbiamo accolto. Che abbiamo accolto per tornare a casa fra amici. Chi vi parla è cresciuto in una casa in cui si facevano le mobilitazioni, presso la comunità ebraica, negli anni ‘70 e negli anni '80, nel Partito repubblicano. Nel salotto di casa di mio padre c'è ancora la foto dell'unico politico che egli continui a ricordare con grande affetto: Giovanni Spadolini. Come dicevo prima, siamo in casa e penso di sentirmi fra amici, amici di sempre. Credo che in un momento particolare di tensioni internazionali, di dibattiti in cui parliamo di integrazione, di laicità e laicismo - due concetti completamente diversi - nel momento in cui parliamo di unità nazionale; in tale contesto non possiamo non ricordare alcuni aspetti. Alcuni aspetti che segnano un legame fra la comunità ebraica e il Partito repubblicano. Alcuni giorni fa un amico mi raccontava che, guardando una rivista di esplorazioni subacquee, ha letto del ritrovamento di un galeone vicino all'isola d'Elba, affondato, a quanto pare, con un tesoro immenso, di circa cento milioni di euro. Questo tesoro, che cos'era? Erano cedole di versamento che venivano fatte a una banca di allora da alcuni signori, in favore della Giovine Italia. Chi erano costoro? Di Livorno, Arbib, Cesana e altri nomi della nostra comunità. Questo testimonia come già in tempi immemorabili la nostra comunità avesse creduto nei valori di Mazzini, nel Risorgimento, nell'Unità d'Italia. Siamo in un momento in cui la giornata della memoria vede una mobilitazione straordinaria. Una mobilitazione che vede governo e opposizione, la società civile tutta, le scolaresche, i professori, mobilitarsi per fare memoria e per stare insieme. Devo dire che è un fatto che ci conforta, non tanto per noi stessi, ma per la società italiana e europea. Noi pensiamo sempre che, quando parliamo di memoria, lo facciamo soprattutto non per piangere i nostri morti. Io ho avuto i nonni morti a Auschwitz e non li ho mai conosciuti. Credo, nel momento in cui parliamo di memoria, che lo facciamo perché è utile soprattutto per i nostri figli e il nostro futuro. Giovanni Spadolini ricordava come il Risorgimento sia stato un momento altissimo per il mondo ebraico. E' stato un momento in cui gli ebrei hanno goduto della loro libertà, hanno ritrovato la libertà grazie al Risorgimento. E' stato un momento in cui gli ebrei hanno trovato l'emancipazione. Ma dopo pochi anni gli ebrei hanno trovato il momento del tradimento: le leggi razziali. Questo era un passaggio su cui Spadolini amava spesso ritornare in molti dei suoi discorsi. E io non portò mai dimenticare gli anni difficili. Gli anni del terrorismo in Italia, l'anno dell'attentato alla sinagoga, il 1982. Ed era l'anno in cui pochi mesi prima un signore di nome Arafat – Spadolini era in carica – venne in visita, a quanto pare ufficiale, accolto con tutti gli onori dal mondo politico italiano e dal pontefice. Le comunità ebraiche protestarono, dissero che non era quello il momento per accogliere un signore le cui mani erano ancora macchiate di sangue. Ci fu una persona, che era presidente del Consiglio, che si rifiutò di incontrare quell'uomo, Arafat, che pretese di entrare con le armi nel Parlamento italiano. Fatto allora inusuale, che creò un incidente all'entrata del Parlamento stesso. Questa persona si rifiutò di incontrare Arafat nel settembre del 1982: ed era Giovanni Spadolini. Spadolini fu l'unico che un mese e mezzo dopo, quando le comunità ebraiche si sentirono isolate dopo una campagna di odio antiebraico scaturita dalla nota guerra "Pace in Galilea" del giugno 1982 (che vide una violenta ondata antisemita in tutta Europa, con attentati in varie sinagoghe, Vienna Parigi, Istanbul, e poi purtroppo Roma), l'unico che venne ammesso dentro la Sinagoga insieme a Marco Pannella, nel momento in cui decidemmo di non parlare più con le forze politiche che avevano, anche in quell'occasione, tradito il mondo ebraico. Ma non è solo di questo che noi dobbiamo parlare. Bisogna parlare del presente, dell'oggi. Le vicende come quelle della base di Vicenza hanno fatto tornare alla nostra mente gli anni bui dell'Achille Lauro. Qualcuno credo debba ricordare ai giovani come allora il Partito repubblicano costruì una chiara crisi di governo, fece cadere il governo dopo la vicenda dell'Achille Lauro: il governo era presieduto da Craxi. E il Pri impose, per ricostruire un'alleanza nel governo, un patto molto chiaro su quello che doveva essere il ruolo dell'Italia nel combattere il terrorismo e sulla fedeltà dell'Italia agli Usa. Correva l'anno 1985. Oggi siamo nel 2007 e ci ritroviamo esattamente di fronte agli stessi dilemmi. Un Paese diviso di fronte a quelle che sono le questioni internazionali, diviso sulla Nato, diviso sulle scelte in Afghanistan, ma soprattutto diviso sul Medio Oriente, sull'Iran, sull'Iraq, su Israele. Noi vogliamo contribuire ad alimentare il dibattito in corso nel nostro Paese chiedendo ai tanti amici che ci sono oggi in Italia, di governo e di opposizione, di essere molto chiari su quelle che saranno le loro decisioni, sulle scelte future e su quella che sarà la garanzia del diritto all'esistenza dello Stato di Israele. Ecco, io sono certo che nei lavori di questo congresso emergeranno mozioni molto chiare che daranno indicazioni nette alla dirigenza del Partito repubblicano – come da sempre – di chiara amicizia allo stato di Israele, di chiaro sostegno alla sicurezza di Israele, di chiaro sostegno alla sopravvivenza dello stato di Israele, di fronte alle minacce barbare del fondamentalismo tiranno di Ahmadinejad in Iran, che colpirà Israele come suo obiettivo, per colpire l'intera società democratica occidentale. Grazie, cari amici, buon lavoro, sperando di ritrovarci tra amici e sperando di poter dare il nostro contributo. *portavoce e vicepresidente della Comunità ebraica di Roma |