Replica di Nucara al Congresso/Unità del Pri, sistema elettorale, riforme statutarie Valuteremo le diverse alleanze in difesa della nostra autonomia Congresso del Pri, Roma, 1° aprile 2007. di Francesco Nucara Cari amici, ieri quasi all'apertura del congresso qualcuno ha detto che l'unità del partito si può ottenere in due modi: o una vera unità, imposta dall'autorità del leader, come avvenne con Ugo La Malfa o una falsa unità, perché il leader è inadeguato, come, è stato detto, fu con Oddo Biasini. Non ho apprezzato questo riferimento, perché Biasini è stato un combattente repubblicano di primissimo piano, a cui tutti siamo legati, e che per moltissimi di noi è stato un maestro. Lo testimonia una intera vita dedicata alla politica e condotta con una grande e disinteressata passione. Oddo era capace di fare passi indietro sul piano personale, per far fare passi avanti al partito: e solo questo meriterebbe un'altra considerazione da parte del Congresso, quale quella che si deve ad una personalità a cui tutti noi dobbiamo qualcosa. Ma io devo innanzitutto fare dei ringraziamenti. Inizio con Michele Spera. Averlo ritrovato per il partito è stato come recuperare un patrimonio disperso. Ho fatto vedere al presidente Berlusconi i suoi manifesti con cui ha illustrato la storia del partito e Berlusconi mi ha detto, "è proprio bravo, non è che mi fa i manifesti per Forza Italia?". Guarda che è repubblicano, gli ho risposto, e adesso dovremo fare insieme un libro per la storia del partito. Grazie Michele, per il lavoro compiuto e per l'ammirazione che esso ha suscitato agli ospiti del partito. Desidero anche ringraziare l'amico Riccardo Gallo, che è molto impegnato professionalmente, ma quando gli ho chiesto di organizzare un manifesto dei valori repubblicani attualizzati nella modernità, Riccardo si è messo in moto e ha saputo realizzare in un paio di mesi, anche grazie alla collaborazione di personalità che magari repubblicane non sono, ma che comunque sanno interpretare valori comuni, un manifesto che è una risorsa per il futuro politico e programmatico del nostro partito. Desidero poi ringraziare i nostri giovani. Qualcuno ha fatto una battuta infelice, dicendo da questa tribuna: dove sono? Non li vedo. Forse qualche amico ha bisogno degli occhiali, anche perché sono intervenuti per la prima volta nel dibattito del congresso. A me sembra che la via iniziata quattro anni fa a Chianciano, sia ormai un percorso avviato e inarrestabile. Giorgio mi ha rimproverato, spesso affettuosamente, perché ci sono poche donne nel partito. Per rispondere a qualche amico a cui non è piaciuta la presidenza, faccio notare che ho chiamato molte donne alla presidenza, perché le donne sono un patrimonio della nostra vita. Se ad una donna si affida quasi la propria vita, il proprio patrimonio, e la cosa più preziosa, che sono i nostri figli - perché spesso i padri non conoscono i figli - possiamo ben affidare loro un incarico nel Partito repubblicano italiano. Ha ragione Giorgio a dire che non condivideva la celebrazione di questo congresso, contrariamente a me che la condividevo. Poi, lui, che è un uomo di partito, ha riconosciuto che se il segretario vuole fare il congresso avrà le sue ragioni. E io anche avevo i miei dubbi: se non sulla necessità di farlo, sulla sua riuscita. Permettetemi di dirvi che ora aspetto i complimenti dei delegati, perché un congresso così non si vedeva da anni. L'amico Ugolini ci ha garbatamente rimproverato il fatto che i giornali non ci abbiano ripreso, che il congresso dunque sarebbe stato inutile. Per la verità non abbiamo mai avuto tanti giornalisti presenti ai nostri lavori, tante televisioni, e ho ricevuto telefonate da tutta Italia che mi hanno confermato che il congresso si è visto, eccome. Sarà anche vero, come ha detto l'amico Mingozzi, che i giornali hanno parlato di noi perché c'era Berlusconi. Ma a me interessava sapere se i giornali parlavano di noi, non di Berlusconi. A me interessava che tutti i telegiornali mostrassero quel simbolo che ci sovrasta e a cui siamo tutti legati. E quello di cui dobbiamo discutere è della gestione di quel simbolo, non della visita di Berlusconi. Perché, insieme all'amico Collura, che lo conosce, sono andato a invitare Veltroni. Io non mi spavento mica, cosa credete? Perché, come vi ho detto nella relazione, i repubblicani sono incontaminati ed incontaminabili e chiunque venga a parlare al nostro congresso, può essere di destra, di centro di sinistra, noi comunque resteremo sempre repubblicani. E, se mi permettete, lo voglio esemplificare citando l'intervento, che ho molto apprezzato e di cui sono riconoscente, dell'amico Del Pennino. Egli ha detto che sui diritti civili noi non abbiamo vincoli di coalizione. Voglio dirgli che vincoli di coalizione non ne abbiamo su nessun problema. Se c'è una cosa che abbiamo guadagnato rispetto alla legislatura passata, è il fatto che non siamo nel governo: lì sì che avevamo un vincolo da rispettare. Abbiamo di nuovo quella libertà di giudizio e di voto che negli anni del governo erano, per ragioni di maggioranza, spesso - non sempre ovviamente - inibite. Non solo dunque sulle libertà civili, o se volete, soprattutto se parliamo delle libertà civili. Ma se parliamo dell'energia, dell'ambiente, delle liberalizzazioni, noi siamo liberi di rispondere soltanto alla nostra coscienza di repubblicani. L'intervista che ho dato al "Corriere della Sera" su Follini, intendeva difendere le libertà di questo Paese, non difendere Follini. A me interessava difendere la libertà d'opinione, o quella di cambiare opinione, cosa che si voleva impedire. Follini aveva lasciato la Cdl e si è rivelato un buon profeta, visto che poi l'ha lasciata anche l'Udc. Quando gli amici di Forza Italia, di An e della Lega hanno iniziato a dare a Follini del traditore, occorreva ricordare a tutti loro la Costituzione, davanti alla quale ciascun parlamentare è libero. Io e Giorgio abbiamo sofferto molti in questi mesi con Bertinotti che ci invitava a parlare a titolo personale. Nessuno di noi parla a titolo personale. Secondo la Costituzione, noi rappresentiamo la nazione, secondo il regolamento della Camera dobbiamo partecipare ai lavori della Camera. Se la partecipazione di un deputato è premere un bottone e votare sì o no, noi non siamo interessati a premere bottoni o a parlare a titolo personale. E quando ci si alza per dire che si parla a nome del Pri, ecco il sorrisino di scherno: siete così pochi che non potete pretendere di travolgere o di interrompere il corso della storia. Amici, si sbagliano. Perché il corso della storia, nella lunga storia repubblicana, è stato cambiato. Io dico spesso che non ci sarebbe la Repubblica Italiana se non ci fosse stata la Repubblica Romana. Se non ci fossero state le pre - condizioni politiche poste da Mazzini all'inizio degli anni Cinquanta dell'800 sulle cooperative repubblicane, che nascono prima del nostro partito, non avremmo visto il nostro partito. Ogni cooperativa aveva un suo proprio giornale e così si diffondevano le nostre idee. Qualcuno dice di non conoscere i circoli Spadolini. Badate che i circoli non sono strutture di partito. Starà alla capacità dei dirigenti repubblicani di inserirsi in questa evoluzione per trovare nella società civile i riferimenti per la campagna elettorale, per la propria attività politica. Sono esposti i 301 circoli nati spontaneamente in Italia, li pubblicheremo sulla "Voce", i dirigenti locali prendano i necessari contatti per avere un contributo. I repubblicani sono esili, dice l'amico Tristano Governi, però si guardano ad uno specchio deformante e si vedono grossi. Ma restiamo esili, è lo specchio che ci fa vedere grossi. L'importante allora è tener conto di quello che siamo e, sulla base delle nostre forze, di cosa possiamo fare. Perché abbiamo fatto il congresso? Io ho creduto che in una nuova stagione politica, come quella che si è aperta all'indomani del voto del 2006, fosse necessario cambiare qualcosa, rinnovando la classe dirigente, e questo in perfetta sintonia con Giorgio. Non sono d'accordo con Giannino - sono contento che sia tornato - che ci ha detto che ci siamo persi un'intera generazione. Quella generazione si è persa, o si è voluta perdere, non è vero che ce la siamo persa noi. Per il terremoto che si è verificato in quella stagione: e, se c'è una critica da fare al partito, essa è dovuta alla gestione politica di quel cambiamento: Alleanza democratica prima, Patto Segni poi. Ma su Alleanza Democratica tutto un partito era d'accordo a Carrara. Quello fu un errore per far crescere il partito. Non fu un errore quando lo si pensava, lo è divenuto mentre lo si realizzava, così come divennero un errore gli accordi con Segni e quelli più recenti con Sgarbi. Questo mi ha portato a pensare che forse serve un ringiovanimento fisico del partito. Dare spazio alle donne, creare una nuova classe dirigente. Questo periodo di tran-sizione va gestito, perché non è che una nuova classe dirigente la creiamo quando abbiamo finito i lavori congressuali. La classe dirigente che esce da questo congresso avrà bisogno di almeno cinque anni, certo non ci sarà domani mattina. Per questo ero convinto della necessità di compiere questo passo, e il congresso ha dimostrato di essere un'occasione magnifica per far parlare i repubblicani e dare voce ai tanti dirigenti locali che si sacrificano più di quanto noi pensiamo. Fare in una lista in un comune è più difficile che farla per le elezioni politiche. Perché se il partito trova un candidato, ecco che partiti più grossi si buttano su quel candidato per convincerlo altrimenti, promettendogli tutto quello che è possibile. Non possiamo dimenticare la loro situazione. Penso ai sacrifici dell'amico Gambioli nelle Marche dove c'è stata un'emorragia della classe dirigente fortissima ed altresì conosco i sacrifici degli amici romagnoli, quando io mi candidai in Forza Italia. Non ne volevo più parlare, ma devo dire che chi certo non ha titoli per criticare la mia candidatura o quella del presidente del partito o del senatore Del Pennino, è chi magari nel Lazio fa il consigliere comunale perché eletto in Forza Italia. Farebbe meglio a stare zitto. Faccio un riferimento al Lazio, e mi dispiace. Si dice che tutte le province del Lazio sono commissariate. Ma i commissari erano tutti qui a contestare la segreteria. Perché non si sono dimessi? Ora ci sarebbero meno commissari. Ma, ecco, credo che troveremo un modo per risolvere tutti questi problemi con il lavoro e la pazienza. L'amico Guidazzi ha detto, e mi ha colpito parecchio, che nella relazione non si vede la linea politica. Eppure vi ho detto che la Casa delle Libertà è finita. E' finita per fatti oggettivi, indipendentemente dai miei desideri. Vi sto dicendo che sui singoli problemi il partito valuterà e voterà secondo i suoi convincimenti e le sue tradizioni. Ribadisco che per me è valido il riferimento dell'amico Savoldi all'idea liberaldemocratica, per costruire insieme un partito europeo. E vi ho detto cosa penso della necessità del rinnovamento della classe politica. E infine sono d'accordo con Giorgio: noi siamo un partito di frontiera. Possiamo andare d'accordo con la sinistra, come possiamo essere in disaccordo. Sulla politica estera non siamo d'accordo. E così per il centrodestra. C'è un modo di fare politica del centrodestra che non ci convince e che non ci è adatto. E' vero che Berlusconi ha una inclinazione eccessiva per le barzellette, anche se vi devo confessare che quando vedo Prodi in televisione mi viene una profonda tristezza. Ora tutto questo è chiaro nella relazione, ed è una linea politica da cui si può dissentire, ovviamente, ma non è che si può dire che essa manchi. Del Pennino ha toccato un tasto ulteriore, proponendo l'alleanza con l'Udc in funzione elettorale. Poi ci ricorda, però, che sui Dico abbiamo idee molto diverse. E questa è una materia per noi di interesse rilevante, visto che in una ipotetica alleanza con un partito che si fa portavoce delle istanze della Chiesa, potrebbe essere sacrificata. Quindi serve una riflessione ulteriore per tutto il partito su che cosa fare. E qui non c'è un problema di maggioranza e di minoranza, ma il problema di ridisegnare in qualche misura l'avvenire del Pri. Cominciamo allora dall'evidenziare le cose su cui siamo d'accordo, piuttosto che le ragioni di attrito, visto che tutti abbiamo a cuore l'unità del partito. Sulla politica estera, sulle ragioni di difesa del mondo occidentale e di Israele siamo d'accordo. Sull'energia nucleare, sulla tutela dell'ambiente, sull'utilizzo dei termovalorizzatori, siamo d'accordo. Così come siamo d'accordo sulla maggiore infrastrutturazione del paese, sulla Tav. Siamo in disaccordo sugli alleati che ci dobbiamo dare? Ma guardate che su questo non troveremo mai l'alleanza ideale. Sui Dico il centrosinistra è spaccato. Sulla scuola privata, il ministro Berlinguer ha aperto una strada impervia per lo Stato. Ci sono peculiarità quasi in ogni questione che non ci consentono una piena identità con la coalizione della quale facciamo, abbiamo fatto o dovremo far parte. Stiamo da soli e cerchiamo di volta in volta di trovare le alleanze che consentano di far continuare a vivere la storia del Partito repubblicano. E' un problema della maggioranza, quello dell'unità del partito, lo dico all'amico Paolo Gambi. Io l'ho ricercata e la ricerco. E credo che ci siano oggi le condizioni per raggiungerla. Qualcuno ha pensato che nella mia relazione vi fosse l'ipotesi di cambiare radicalmente la Costituzione. Io, Giorgio e Del Pennino, che poi si è pentito, eravamo concordi sul sistema alla tedesca. Ma il sistema elettorale alla tedesca impone un cambiamento della Costituzione. Non ho detto che dobbiamo fare una democrazia popolare di tipo sudamericano. Dico che se si vuole il sistema elettorale alla tedesca si deve cambiare la Costituzione perché vi sia compatibilità con un sistema che ritiene "variabile" il numero dei deputati rispetto ad una Costituzione italiana che ritiene che essi debbano essere 630. E sappiamo che quando si tratta di avviare un processo di revisione costituzionale si rischia di cadere in un escamotage, al fine di ritardare la nuova legge elettorale, come sta facendo Violante. E noi siamo antireferendari, non vogliamo quel referendum. I referendum su questa materia in Italia hanno creato già troppi disastri, iniziando dalla preferenza unica. E sull'autonomia alle consociazioni locali: l'autonomia non si realizza perché io vengo e mi voglio attrarre simpatie da alcuni amici. La simpatia degli amici ce l'ho già. Certo, ci può essere una discussione sulla linea politica. Ma non è nemmeno una linea politica, il dare l'autonomia locale. E' un modo di gestire il partito e di portarlo all'unità. Io credo che, tranne una volta, ho dato sempre il simbolo a chi me lo ha chiesto. Tranne una volta. Non ho offerto nulla in cambio. Anzi, mi sono offerto io di fare la vittima sacrificale quando, appena eletto deputato, ho chiamato gli amici di Ravenna: "Pensate che faccia un danno se vengo a fare un comizio?". Se pesante che possa essere utile io vengo a fare dei comizi. Per una coalizione di sinistra. Per me il partito è tutto, non ho di questi problemi. E c'è bisogno di una riforma statutaria. Ma è bene che io chiarisca fino in fondo il mio pensiero. Io penso che si debba dare autonomia alle federazioni e alle consociazioni locali. Ma dobbiamo trovare i meccanismi, nello statuto, per garantire il partito nazionale. Nemmeno io voglio un partito dove ogni consociazione faccia ciò che vuole. Ma dobbiamo trovare gli strumenti affinché consociazioni e federazioni, che sono la linfa del partito, possano operare. In una sistema frastagliato come il nostro, dobbiamo ringraziare gli amici che si impegnano a livello locale. Senza di loro non esiste il partito nazionale. Questo problema dell'autonomia va risolto. Oggi la dirigenza concede di andare nel centrosinistra. Domani, un'altra dirigenza potrebbe concedere, o non concedere, di andare col centrodestra. E poi "concedere" non è un termine giusto. Io non concedo nulla. Ma penso che l'autonomia vada concessa. L'autonomia la concederà il Congresso e la riforma statutaria. Nello statuto dobbiamo dunque trovare dei meccanismi per i quali il segretario non sia padrone assoluto del simbolo. Questo patrimonio "locale" dell'Edera è un patrimonio che dobbiamo tutelare. Anche per il futuro, rispetto alla futura collocazione della dirigenza nazionale. Le conclusioni: quando Giorgio ha finito il discorso, mi sono commosso. Giorgio ha parlato in un congresso la cui celebrazione, all'inizio, quando fu indicata, è stata molto travagliata. Però, come dice Properzj, io ho la testa dura. Ma penso che i delegati apprezzino il fatto che io ho la testa dura. Se l'avessi avuta molle, dopo due mesi di segreteria, avrei lasciato la segreteria, facendo il militante come tutti voi. In questo ha ragione Properzj, anche se poteva intingere la penna nell'inchiostro anziché nel veleno per scrivere quell'articolo sul "Riformista". In ogni caso: so che sono "logorato", ma so che la maggioranza di voi mi chiederà di restare. Non vi dico questo perché voglio essere consolato. Di certo ho fatto tutto quello che ho potuto, questo è certo. Più di questo non potevo dare al mio partito. La mia storia è lunga, dura ormai da 44 anni la mia militanza. Una vita di lavoro, di lavoro e di studio. E hanno detto che non amo la cultura. Ed è falso. Se in fondo una punta di invidia la provo, è per le persone di cultura. E per le persone intelligenti. Non la provo per nessun'altra cosa. Giorgio dice, e di questo provo dispiacere: ho bisogno del partito ma ricordate che io posso fare politica anche senza il partito. E io voglio chiudere così, come nella relazione introduttiva al congresso: so che non c'è da scommettere sul futuro del Partito repubblicano. Ma so anche, Giorgio, che non c'è altro cui io possa pensare, se non al Partito repubblicano italiano. |