45° Congresso Pri Documento presentato al Congresso Il seguente documento è stato presentato a firma degli amici: Sergio Savoldi, Paolo Gambi, Mauro Mazzotti, Luisa Babini, Aride Brandolini, Giannantonio Mingozzi, Eugenio Fusignani, Stefano Ravaglia e altri. Il 45° Congresso Nazionale del PRI (Roma, 30/31 marzo – 1° aprile 2007) può rappresentare un momento di "novità" nella vita del Movimento Repubblicano se si consolideranno e si espliciteranno alcune tendenze, prese di posizione ed affermazioni che si sono manifestate negli ultimi tempi e se si confermerà un clima di dialogo e di confronto fra le varie componenti del partito. Necessario, ovviamente, è l'avvio della definizione, finalmente, di una strategia a medio – lungo termine sostenuta da aggiornamenti programmatici indispensabili ed indifferibili e da un rinnovamento reale del partito nelle sue articolazioni. Quali sono le indicazioni che devono essere confermate e sviluppate affinché il congresso possa rappresentare un momento di vera novità? Esse si possono trarre dalla prima stesura della relazione del Segretario Nazionale (che evidentemente dovranno trovare conferma e sviluppo in sede congressuale) ed in alcune dichiarazioni nel corso della crisi del primo Governo Prodi. In dettaglio: 1. Si prende atto che nella relazione del Segretario non si fa riferimento all'esperienza del Governo Berlusconi nel quale peraltro erano presenti un ministro e un vice ministro repubblicani, esperienza giudicata negativa per il paese da parte di Riscossa; 2. Si prende atto che il Segretario ammette che fu un grave errore farsi eleggere alla Camera nelle liste di Forza Italia in presenza di liste con l'Edera al Senato; 3. Si prende atto che nelle consultazioni per la soluzione della crisi del Primo Governo Prodi la delegazione del PRI ha proposto una ipotesi di larghe intese, ipotesi non sostenuta né da Forza Italia né da AN né dalla Lega; 4. Si prende atto che nell'intervista del Segretario Nazionale al Corriere della Sera del 25.02.2007 si annunciano posizioni di marcata autonomia di giudizio rispetto al centrodestra e possibili voti favorevoli dei Repubblicani a provvedimenti del governo in tema di economia e politica estera; 5. Ricordiamo poi l'incontro di una delegazione PRI a Bruxelles con il presidente dell'ELDR, gli impegni presi in tale sede di voler rappresentare l'ELDR in Italia. Questi elementi rappresentano insieme una serie di novità non irrilevanti nelle posizioni del PRI rispetto all'alleanza di centrodestra e rispetto al quadro bipolare attuale. Tali posizioni, se confermate e sviluppate in sede congressuale con indicazione che l'esperienza del PRI con il centrodestra è esaurita, non potranno che avere un'attenzione particolare da parte di Riscossa che da tempo auspica una ripresa di iniziativa politica autonoma in funzione del superamento ormai possibile del quadro bipolare. Con queste premesse se si confermeranno congiuntamente e compiutamente sarà possibile: -l'avvio di un percorso di elaborazione che conduca alla ridefinizione e all'aggiornamento delle ispirazioni ideali di fondo e delle conseguenti priorità programmatiche dei Repubblicani Italiani; -l'avvio di una profonda fase di consultazione dell'intero corpo del Partito – a partire dagli iscritti – e delle articolazioni istituzionali, economiche e sociali e dell'associazionismo nelle quali si esplica l'impegno prevalente dei Repubblicani; - su questa base, l'avvio di un "generoso e sincero sforzo" che valuti la possibilità e le modalità della ricomposizione della "diaspora" repubblicana; - l'avvio di un percorso che punti a ridefinire il modello e le regole interne – riscrivendo ed aggiornando gli strumenti a questo preordinati – del Partito. A noi pare che questo sia il momento più opportuno per porsi obiettivi come quelli indicati anche in ragione del fatto che di fronte a noi non vi sono appuntamenti elettorali nazionali a breve scadenza e perché si pone la necessità di collocare il Partito nel pieno dei probabili cambiamenti a cui è atteso l'intero sistema politico italiano. Noi affermiamo, dunque, che il Congresso Nazionale deve aprire una sorta di "fase di transizione", senza che, naturalmente, ciò costituisca per nessuno rinuncia alla propria visione di fondo, aprendo, tuttavia, una nuova "fase di confronto e di collaborazione". La mancanza, infatti, di un solido punto di riferimento nazionale rende più debole l'intera articolazione politica e sociale nella quale operano i Repubblicani. E in questa direzione abbiamo dato, partendo dal nostro punto di vista, il nostro contributo al dibattito congressuale. Nel caso, invece, le posizioni assunte in fase precongressuale fossero disattese da arretramenti su posizioni di conferma delle alleanze con la CdL o si rivelassero strumentali ai fini del dibattito interno, Riscossa non potrà che prendere atto della ennesima occasione mancata per un reale rilancio del PRI e continuerà la sua battaglia di opposizione per riconsegnare al paese un Partito Repubblicano all'altezza delle sue migliori tradizioni di forza riformatrice democratica europea. Quali, poi, le linee di una strategia per un PRI che abbia ritrovato la sua completa autonomia? Promozione in Italia di una Costituente Liberal Democratica nello schema europeo delle famiglie politiche costituito da popolari, socialisti e liberal democratici. Occorre definire un terreno preciso di agibilità politica, riconoscibile per l'elettore e ad oggi non rappresentato adeguatamente: quello laico e democratico-liberale. Un terreno capace di dare voce anche a quell'area riformista che non si riconosce nei processi politici in atto o che condivide i nostri valori. Un terreno da costruire con altre associazioni e partiti di area, capaci di dare corpo ad una proposta forte e innovativa sui diritti civili e sull'etica sociale, ma anche sulle strategie di sviluppo economico e produttivo del Paese. Un terreno che ci restituisca una visibilità più autonoma, una posizione vigile e all'occorrenza critica nelle future alleanze strategiche e che si inquadri nel solco dell'ELDR europeo nel filone della casa liberaldemocratica europea, cui tutti i Repubblicani appartengono. Impegno per il superamento dell'attuale sistema bipolare e relative alleanze che esso determina anche attraverso una fase di larghe intese. Il sistema bipolare attuale ha mostrato ormai i suoi limiti in più di un'occasione, la legge elettorale proporzionale attuale ha poi fatto scoppiare le contraddizioni che all'interno dei due poli consegnano alle ali estreme le sorti dei governi. La complessità della tradizione politica italiana richiede un ritorno a forme di sistema proporzionale con preferenze e soglie di sbarramento ragionevoli per sintetizzare le posizioni politiche augurabilmente secondo lo schema europeo di presenza di popolari, socialisti, liberaldemocratici e, alle estreme, partiti localistici o di estrema destra e sinistra radicale. L'ipotesi di referendum sulla legge elettorale attuale che consegnerebbe il Paese ad un bipartitismo coatto deve impegnare ancor di più i Repubblicani per una ipotesi che garantisca pluralismo, rispetto di identità e governabilità. Europa al centro della Politica Repubblicana. Oggi il mondo è profondamente cambiato, passando dall'assetto bipolare della guerra fredda ad un multipolarismo molto più fluido e contaminato, dove gli interessi diventano sempre più trasversali e la società sempre più globalizzata. Un panorama che non si può più leggere ed interpretare con gli occhi del passato, e che richiede un profondo ripensamento delle priorità e delle strategie. Oggi occorre mettere in primo piano l'Europa. Ed è proprio su questo che dobbiamo operare: sulla costruzione di un'Europa forte; autonoma politicamente e militarmente; amica degli Stati Uniti, ma dialogante con il Medio Oriente, ferma nella difesa dello Stato di Israele, attenta a coltivare relazioni e interessi col sudest asiatico e coi Paesi in via di sviluppo; solidale col mondo povero; determinata nella lotta al terrorismo internazionale. Un'Europa che deve ritrovare il cammino unitario, con l'approvazione definitiva della costituzione e la formazione di un governo espressione dell'assemblea generale e non dei governi degli stati membri. Un'Europa che deve riprendere le direttrici comuni di sviluppo e innovazione definite dalla Carta di Lisbona. Stato laico contro ogni fondamentalismo per il progresso civile. Il mondo moderno, animato da tensioni etnico-religiose e culturali, offre ai laici un ruolo fondamentale. Quello di individuare nuovi modelli di convivenza, basati sulla tolleranza, il dialogo, i diritti civili, le pari opportunità di genere. Solo un approccio laico alla politica può implementare il progresso civile, consentendo di leggere la realtà da un punto di vista più oggettivo, non ideologico e dottrinale, e adattandola più duttilmente ai tempi che cambiano. Inoltre, la laicità è un presupposto basilare per incentivare la ricerca, la conoscenza, il progresso scientifico e tecnologico. In un Paese come il nostro, tradizionalmente condizionato dalla cultura cattolica, con spinte clericali che finiscono progressivamente per contaminare e conformare un ampio spettro del panorama politico in tutti gli schieramenti, si sta, oggi, producendo una nuova emergenza che va denunciata e che è rappresentata da una inedita, allarmante, crescente ingerenza delle gerarchie ecclesiastiche nelle scelte del Parlamento Italiano, collocandosi, tale azione, oltre il Concordato. In questo contesto grave occorre l'affermazione di una "nuova radicalità laica", non fiaccata dalle mediazioni e capace di aprire la via di una nuova frontiera dei diritti civili. Per uno sviluppo continuo e sostenibile: ricerca, energia e modernizzazione. Dobbiamo recuperare lo smalto perduto sui temi che ci hanno sempre distinto: quelli legati allo sviluppo del Paese. Dobbiamo riportare l'attenzione della politica su altre due questioni basilari, tuttora trascurate, che avranno un peso determinante sul nostro prossimo futuro: l'investimento massiccio nella ricerca scientifica e tecnologica e le strategie sulla produzione energetica. Un Paese che rinuncia alla ricerca è un paese che si candida al declino. Un Paese che non produce energia si espone alla dipendenza politica, economica e produttiva. Un Paese che non pianifica una strategia sull'innovazione energetica, non solo rinuncia a fornire le proprie risposte al problema dell'imminente crisi di risorse e del collasso ambientale cui stiamo andando inesorabilmente incontro, ma resterà ai margini dei prossimi equilibri mondiali. Perché sullo sviluppo delle fonti alternative al carbone e al petrolio si distribuirà la nuova geografia delle ricchezze. Il sistema economico va aperto ad una effettiva concorrenza a cominciare dai servizi pubblici locali, per i quali, garantita la proprietà pubblica delle reti e degli impianti, deve essere prevista l'assegnazione della gestione con procedure ad evidenza pubblica. Alle imprese va garantito il contenimento dei costi di produzione e la flessibilità dei rapporti di lavoro, ma il PRI non può, allo stesso modo, non porre al centro della propria elaborazione l'idea di un nuovo sistema di sicurezza sociale che non lasci solo il singolo lavoratore, il disoccupato e chi ha perso il posto di lavoro e non riesce a trovare una nuova occupazione: anche questo fa parte della modernizzazione. Occorre modernizzare l'intero sistema paese, a partire, a tutti i livelli, dalla Pubblica Amministrazione, che va profondamente ristrutturata in termini di efficienza, produttività e costi. E', infine, necessario modernizzare anche il sistema istituzionale, affrontando anche il tema dei costi della politica e dell'amministrazione, a partire da una riforma delle autonomie locali che punti a ridurre drasticamente il numero dei Comuni italiani. |