45° Congresso Pri/Ipotesi future prospettate da Del Pennino

Lavoriamo per unire le varie forze

Congresso del Pri, Roma, 1° aprile 2007.

di Antonio Del Pennino

In queste settimane un fantasma si aggira nelle stanze della politica italiana. Un fantasma che attrae l'attenzione degli osservatori politici e dei media.

Un fantasma che non sappiamo ancora se prenderà corpo, e in caso positivo , se quel corpo corrisponderà alle attese di quanti stanno tentando di dargli forma.

Mi riferisco al costituendo Partito Democratico.

Voglio partire, nelle considerazioni che intendo sottoporre al nostro Congresso, proprio da qui, dall'ipotetico Partito Democratico, che sarà il tema centrale dei congressi dei due maggiori partiti del centro-sinistra che seguiranno a breve il nostro, ma che probabilmente peserà anche sul Congresso dell'UDC e già ve ne sono i primi segnali.

Lo farò seguendo il filo di un complesso ragionamento, che vuole indurre gli amici ad una riflessione sulle nostre prospettive politiche, anche se so che non è destinato ad infiammare una platea congressuale.

Ma tant'è, questo mi ha insegnato un nostro maestro, Oronzo Reale, e poi - come diceva Lacan - "ciascuno ha il suo stile".

Partirò da alcune considerazioni sul Partito Democratico, perché sono convinto che dal se e dal come nascerà il Partito Democratico dipenderà molto del divenire politico del nostro paese.

E' infatti del tutto evidente che se il tentativo di dare vita al Partito Democratico fallisse, entrerebbe in crisi l'attuale schieramento di centro - sinistra, una crisi assai più profonda di quella che già oggi attraversa, con il riflusso della Margherita verso posizioni di centro.

Se il Partito Democratico dovesse, invece, davvero nascere, mi sembra inevitabile che esso determini una lacerazione all'interno delle due forze politiche che concorreranno a dargli vita.

E' manifesta ormai la volontà della sinistra DS di non farne parte, ma mi sembra assai probabile, per le caratteristiche che sempre più si vanno configurando del Partito Democratico come punto di incontro tra il nucleo centrale dell' ex PCI e la sinistra cattolica, che si determinino fughe anche nella direzione opposta.

E ciò, sia da parte di quanti di estrazione ex democristiana difficilmente accetteranno una convivenza egemonizzata dagli ex PCI, egemonia garantita dall'adozione prevista del principio "una testa un voto", sia da parte di quanti si illudevano che il Partito Democratico potesse rappresentare una forza liberal-democratica.

E in proposito significative sono le recenti dichiarazione dell'Onorevole Zanone.

E' evidente quindi che, sia la nascita, sia l'aborto del Partito Democratico sono destinate a modificare l'attuale quadro politico e gli equilibri che hanno caratterizzato negli ultimi anni l'improvvisato bipolarismo italiano.

Questo sarebbe inevitabile nel caso in cui si delineasse, col fallimento del Partito Democratico, una tendenza verso il centro della Margherita, che porrebbe il problema di un riposizionamento anche nel centro-destra.

Ma lo sarebbe, del pari, se l'esperienza del Partito Democratico si realizzasse determinando la nascita alla sua sinistra di uno schieramento, più ampio dell'attuale, ispirato a una logica "alternativa", sia sul piano della politica economico-sociale, sia su quello della politica estera. Questo renderebbe difficile un'alleanza tra l'ala riformista e quella antagonista, perché i mutati rapporti di forza ridurrebbero il peso e il ruolo dei riformisti in modo così rilevante da non consentire la convivenza.

Per questo non dobbiamo guardare solo alla situazione contingente, ma muoverci ipotizzando quelli che saranno gli sviluppi futuri e operare per cercare di creare le condizioni perché gli stessi ci consentano di muoverci in modo da valorizzare la nostra tradizione e la nostra storia.

Io non ho nessuna simpatia per l'UDC. Ritengo che nel centro- destra, sia la formazione a noi più lontana per le sue posizioni integraliste sul tema di diritti civili - dalla procreazione assistita, alla convivenza delle coppie di fatto - e quando sento parlare su questi temi Volontè o Giovanardi mi viene un brivido.

Ma capisco che l'UDC si sta da oggi intelligentemente attrezzando per occupare una posizione di centro cattolico con la Margherita, se l'esperienza del Partito Democratico abortirà, o per recuperare i fuoriusciti ex democristiani, se il Partito Democratico nascerà

E questo, come accennavo prima, finirà col ripercuotersi sulle altre forze della Casa (o meglio) ex Casa delle Libertà, accentuando le spinte "teo-con", nella logica di contendere il voto cattolico al nuovo centro, col rischio di snaturare anche la fisionomia liberale di Forza Italia, al di là delle intenzioni del Presidente Berlusconi, che è stato ed è il garante della convivenza delle diverse anime di quel partito.

In questo quadro più forte sarà l'esigenza di garantire una voce laica e liberale autonoma.

E per questo dobbiamo attrezzarci.

Dobbiamo a maggior ragione attrezzarci, perché anche altri lo stanno facendo e non possiamo farci sottrarre l'iniziativa.

Ho seguito con interesse l'incontro promosso dal mio amico Turci a Bertinoro.

Ma devo dire che al di là della sua interessante relazione, per la "costruzione di una forza politica laica e liberal-socialista", il convegno mi è apparso assai deludente.

E non solo per l'elemento di equivoco introdotto dall'On. Formica quando ha proposto un incontro "socialista" con la componente DS che fa capo all'Onorevole Mussi, una ipotesi che può forse conciliare (e lo dico con la massima stima e il grande affetto che provo per Rino Formica) la sua vocazione socialdemocratica di oggi con le sue origini trotzkiste, ma che sul piano politico rappresenterebbe un vero pasticcio.

Ma anche perché mi è apparso che a Bertinoro, più che cercare di aprire una prospettiva nuova ed originale, si sia riproposto semplicemente, al di la delle intenzioni di Turci, una rifondazione socialista.

E non è certo ciò di cui il mondo laico, liberale, repubblicano, liberal - socialista ha bisogno per intercettare le componenti "liberal" che non si riconosceranno nell'accordo catto-comunista su cui nascerà, se nascerà, il Partito Democratico o per riprendere le fila di un dialogo con le componenti laiche della Margherita, se questa finirà in un accordo neo-democristiano con l'UDC e l'UDEUR.

Ma Bertinoro è un segnale. E' un segnale che dopo il fallimento della Rosa nel Pugno anche nel mondo radicale e socialista si cerca una nuova strada e una nuova risposta alle attese dei laici.

Alla ricerca di questa strada e di questa risposta noi dobbiamo dare un nostro peculiare contributo. Non possiamo rinchiuderci in una orgogliosa quanto sterile rivendicazione dei nostri meriti storici o delle nostre precedenti intuizioni. Un primo passo lo abbiamo compiuto con il patto federativo stretto con il PLI cui va dato merito a Nucara. ma è un primo passo.

Noi dobbiamo anche aprire un confronto serrato e concludente innanzitutto con i repubblicani della diaspora, senza rancori e senza pregiudiziali, con i laici della Margherita, molti dei quali appartengono alla nostra tradizione e alla nostra storia, con il mondo radicale e con quei socialisti che nella tradizionale del socialismo liberale di Carlo Rosselli si riconoscono.

Mi direte che è una mia vecchia mania.

Lo so.

Ma so anche che forse se avessimo seguito questa strada tre anni fa invece di innamorarci dell'accordo con Sgarbi, di cui giustamente Nucara ha ricordato il negativo bilancio, saremmo in una condizione migliore .

E soprattutto so che, al di fuori di questa prospettiva, il partito è destinato solo a garantirsi qualche presenza istituzionale, e lo dice chi ne è stato e ne è beneficiario e ne è soggettivamente lieto, ma non a svolgere un reale ruolo politico.

So che è una strada difficile, che soprattutto sarà difficile il discorso con il mio amico Pannella, forse meno con altri esponenti del mondo radicale.

Ma le sfide difficili sono le più affascinanti.

Tutto ciò non significa che dobbiamo abbandonare oggi la nostra attuale collocazione politica nella Casa o meglio nell'ex Casa delle Libertà. Non ve ne sono le ragioni e non sarebbe corretto per gli impegni assunti di fronte all'elettorato. Non vi sono inoltre le condizioni rispetto a un governo e a una maggioranza che ogni giorno di più si rivelano inadeguati, se non nocivi, per lo sviluppo del paese e per la sua credibilità internazionale .

Significa invece che, anche se da posizioni diverse, dobbiamo aprire un fruttuoso dialogo con i frastagliati interlocutori che vi sono nel mondo laico, liberal-democratico, e liberal-socialista, per cercare di costruire insieme una prospettiva futura che vada al di là delle diverse attuali e contingenti collocazioni.

Certo la possibilità di costituire una nuova prospettiva dipenderà dal superamento dell'attuale logica bipolare, di un bipolarismo selvaggio in cui è difficile non dico comprendere, ma solo valutare le ragioni dell'altro.

E in questo contesto fondamentali saranno le scelte in materia di legge elettorale.

Ogni prospettiva di superamento del nostro bipolarismo selvaggio sarebbe vanificata se dovesse andare avanti l'iniziativa referendaria.

I quesiti referendari al di là della loro tecnicalità sono destinati ad aggravare i difetti del nostro sistema, favorendo il passaggio obbligato ad un bipartitismo (almeno sul piano elettorale) per cui non esistono le oggettive condizioni .

Come mostra l'esperienza di questi anni, i mutamenti che non nascono da una effettiva maturazione interna alle forze politiche, ma sono indotti solo dalle norme elettorali contengono in sé tali elementi di contraddizione che finiscono col vanificare gli obiettivi che ci si era proposti.

I quesiti referendari, con l'attribuzione del premio di maggioranza non alla coalizione, ma al partito che ha ottenuto la maggioranza relativa e innalzando la soglia di sbarramento, mirano al favorire una semplificazione obbligata e brutale dell'attuale assetto politico che non corrisponde alla realtà italiana.

Né garantirebbero una effettiva governabilità perché costringerebbero ogni schieramento a inseguire l'utilità marginale delle forze estreme e a portare quindi al suo interno contraddizioni tali che non gli consentirebbero di assicurare una guida politica adeguata a risolvere i problemi della società italiana.

Per questo il partito deve impegnarsi per evitare il referendum, combattendo l'asse Fini-Parisi, o Fini-Veltroni, come dir si voglia, e per cercare di impedire che Forza Italia sia risucchiata sulle posizioni di quell'asse.

E deve altresì impegnarsi perché una riforma della legge elettorale intervenga prima di una nuova consultazione politica, perché da questo dipende non solo il nostro futuro ma anche la possibilità di dare al nostro Paese un assetto politico moderno

Voglio peraltro dire , correggendo un'indicazione che avevo dato nella mia relazione al congresso regionale lombardo, che oggi forse la legge elettorale che meglio può accompagnare il processo di transizione politica non è una legge sul modello tedesco.

Non lo è perché non essendo ancora matura una articolazione tripolare, o quadripolare del nostro sistema politico essa non favorirebbe gli sviluppi futuri, e rischierebbe di divenire elemento di instabilità .

Mi parrebbe più opportuna - e la offro al partito come momento di riflessione su cui dovremmo discutere - l'ipotesi di una legge proporzionale con premio per la coalizione vincente, ma senza clausola di sbarramento.

Una legge elettorale non può contemporaneamente prevedere premio di maggioranza e clausola di sbarramento.

E' un modello che non esiste in nessun altro paese Europeo.

Ce lo ha autorevolmente ricordato, nel corso delle consultazioni per l'ultima crisi di governo, anche il Presidente Napolitano.

Una legge elettorale che preveda il premio di maggioranza, ma che non introduca sbarramenti, può bene accompagnare la difficile transizione italiana assicurando, da un lato, la governabilità nell'immediato e consentendo, dall'altro, non solo il diritto di tribuna, ma anche la possibilità di crescita per nuovi soggetti politici che siano in grado di offrire al Paese una prospettiva più rispondente al modello europeo.

Ma se la legge elettorale è la condizione per una diversa articolazione della lotta politica in Italia e la premessa per una autonoma presenza delle forze liberal-democratiche non può da sola garantire questa presenza e esaltare il nostro ruolo.

Occorre definire una precisa piattaforma programmatica, su cui aprire - come ho detto prima - un confronto con tutte le componenti della galassia liberal-democratica e riformista, anche sul modello di quanto hanno fatto "i volenterosi" per costruire una presenza comune che sia risposta alle tentazioni proprie di una paleo-sinistra non meno che alle vocazioni di statalismo etico sempre più forti nell'ambito del centro-destra.

Non voglio addentrarmi in tutti i problemi che dovrebbero far parte di questa piattaforma, e su cui, del resto Nucara nella sua relazione, ci ha dato importanti indicazioni.

Ma desidero soffermarmi su un punto che ha me è particolarmente caro .

Bisogna che il partito sulle questioni riguardanti la bioetica sia meno timido di quanto è stato in occasione del referendum sulla PMA, occasione nella quale se si escludono la partecipazione di Nucara, malgrado fosse sottosegretario, al comitato promotore e l'impegno della Federazione Giovanile, il PRI è stato troppo assente, consentendo ai radicali di divenire protagonisti di una iniziativa che noi avevamo proposto.

E dobbiamo dire alto e forte che su questi temi non accettiamo vincoli di coalizione.

Non li accettiamo sul testamento biologico, non li accettiamo sulla riforma della legge 40, non li accettiamo sulla legge per le coppie di fatto.

E a questo proposito voglio aggiungere che se per noi non va bene la pasticciata soluzione Bindi-Pollastrini è perché lavoriamo a una proposta più avanzata.

E lo affermo con tanta più forza all'indomani della pronuncia della CEI.

Perciò sia chiaro, che se le pressioni cui è soggetto il senatore Biondi perché ritiri il suo testo su cui oggi si sta manifestando una significativa convergenza, dovessero ottenere un risultato (ma sono certo che egli resisterà), in questa sciagurata ipotesi, dicevo, farò mio quel disegno di legge, o ne presenterò uno analogo, su cui si possa verificare un consenso trasversale.

Amici, io ho finito le brevi considerazione che volevo affidarvi.

Sono considerazioni che cercano di indicare una prospettiva politica forse avveniristica, che può apparire una velleità o un desiderio.

Ma questa velleità e questo desiderio sono frutto della mia passione politica.

Anche se so che c'è una frase contenuta in un vecchio libro cinese, "Il Loto D'Oro", un romanzo erotico, bandito già dalla dinastia dei Ming, ma che a me, vecchio libertino, è caro, la quale dice: "C'è un limite alla nostra energia, ma non ai nostri desideri, un uomo che non pone limite alla sua passione, non può che vivere per breve tempo".