45° Congresso Pri Le nuove energie di cui c'è necessità Congresso di Roma, 31 marzo 2007. di Gianna Parri Non essendo stati chiamati a scegliere una nuova politica o una nuova alleanza, mi sono chiesta quale interpretazione dare a questa assemblea. Poi ho pensato che questo Congresso sia semplicemente un modo per fare il punto della situazione, un modo per darsi coraggio, darsi una qualche motivazione in più per continuare ad impegnarsi. Se ho interpretato correttamente allora va bene. E il grande numero di amici presenti mi conforta. Non nuova politica dunque, ma nuova energia. Ne abbiamo bisogno. E qualche motivo per avere un po' più di fiducia nel futuro, c'è. Il segretario ci ha detto di nuove sezioni e gruppi, di alcuni rientri - pochi ma importanti: l'impegno di Spera è molto positivo - e di alcune significative vittorie. Non posso non ricordare l'elezione al Consiglio comunale di Milano dell'amico Franco De Angelis che sta costruendo attorno al suo lavoro un gruppo di persone che si sono sentite nuovamente disponibili ad interessarsi della cosa pubblica. A Monza, in pieno periodo elettorale, abbiamo accolto diversi giovani disposti ad impegnarsi in prima persona e pronti ad imparare a fare politica. E proprio il ritorno della federazione giovanile è un punto forte di orgoglio: sono ragazzi ed ex - ragazzi - non possiamo continuare a chiamare ragazzi i quasi quarantenni - molto attivi e convinti su cui credo si possa contare per un vero ricambio generazionale appena abbiano fatto un serio percorso politico. Da loro ci aspettiamo un aiuto nella diffusione del pensiero repubblicano fra quelle generazioni che non hanno mai sentito parlare del nostro partito, ci aspettiamo suggerimenti di temi certamente più vicini alle giovani generazioni, nella organizzazione e nella comunicazione, ma soprattutto ci aspettiamo quella iniezione di entusiasmo che molti di noi, dopo molti anni di lavoro faticoso, frustrante ed oscuro, possono avere dimenticato; ci auguriamo che abbiano l'umiltà necessaria per accettare di imparare da coloro che hanno saputo salvare il partito e la tradizione repubblicana nei momenti più duri. Di questa nuova positiva realtà dobbiamo dare atto al segretario. Ma abbiamo bisogno anche di ritrovare autonomia. E qui forse manchiamo. Ho accettato con molta ritrosia il nostro passaggio al centrodestra al congresso di Bari, gli amici lo sanno. E sono stati Carlo Visco e Giorgio Medri (caro Giorgio quanto mi manchi!) che hanno calmato le mie ribellioni: riconosco oggi, e non da oggi, che per molti versi fu una scelta giusta, nonostante i mal di pancia quotidiani: ma ho sempre pensato che la nostra permanenza nella Cdl fosse una parentesi, obbligata dalle circostanze. Una parentesi però non può essere troppo lunga altrimenti ci dimentichiamo di chiuderla e rischiamo di annullarci nella palude e di perdere di vista i nostri capisaldi. Non credo si possa solo aspettare che la situazione politica generale cambi: o un ribaltone, o una improbabile spallata, o un harakiri del governo: tutte cose possibili ma non probabili in tempi brevi. Non possiamo aspettare: dobbiamo batterci a viso aperto per una riforma elettorale proporzionale che ci ridia lo spazio per agire autonomamente e laicamente proprio per entrare nello scontro - falso scontro - fra destra e sinistra sul piano dell'etica e della falsa laicità. E dico falso scontro perché ambedue gli schieramenti alla fine si inchinano ai voleri della Chiesa. Su questo punto non si può non fare un breve cenno ai diktat delle gerarchie ecclesiastiche nei confronti delle istanze di modernizzazione che vengono dalla società che muta rapidamente. Sembra che le loro energie siano spese solo per esprimere il diritto di veto sulle scelte della politica: sulla procreazione assistita, sulla eutanasia e sulle convivenze la chiesa interviene; il mio parere è che ne ha tutto il diritto, finché si rivolge ai cattolici in quanto tali: passa dal diritto alla interferenza pesante quando minaccia di scomunica - l'inferno! che d'altra parte era stato negato dalla chiesa stessa - i politici cattolici che prendano decisioni contrarie ai dettami ecclesiastici. L'impressione è che essa stia prendendo il posto lasciato vuoto da politici deboli, così deboli che non hanno principi chiari e certi cui fare riferimento, tanto che per rinforzarsi si appoggiano ai valori della Chiesa. Nella mia città, Monza, campeggiano slogan elettorali di questo tenore "Dio, Patria e Famiglia", "Fede, speranza e carità" E stiamo parlando di elezioni amministrative. Stiamo andando pericolosamente verso uno Stato etico. Se i nostri governanti dell'ottocento si fossero inchinati ai pontefici con quel servilismo evidente oggi, ora non avremmo, né l'Italia unita, né Roma capitale, né il matrimonio civile, altro che Dico, e neppure la libertà di coscienza. Sui Dico ho letto con piacere l'intervento al Senato dell'amico Del Pennino: la proposta delle due parlamentari è un enorme pasticcio, una ipocrisia, una enorme foglia di fico dietro cui nascondere l'unico vero interesse verso una regolamentazione delle convivenze; quello degli omosessuali. Gli altri, se non si sposano per lo più per libera scelta: e quindi non credo siano interessati ad un legame qualunque sia, e per coprire questi legami "peccaminosi", contro natura secondo la Chiesa, si sono ipotizzate convivenze assurde: due fratelli, badante ed assistito etc. Cosa che si presta ad ogni sorta di imbroglio specialmente se si intravede la possibilità di ricevere una pensione. Tra l'altro non ho visto bene, ma mi pare che non sia stato pensato una sorte di divorzio: se divorzia con incredibile frequenza anche chi ha scelto il matrimonio tradizionale, figuriamoci gli altri; e come si fa a divorziare? Il rischio è che qualche furbetto - ce ne sono tanti in giro! - più volte dichiari di convivere con tizio e caio: e poi potrebbe ricevere più pensioni. Poiché riconosciamo che ognuno è libero di vivere come vuole, è giusto che siano riconosciuti dei diritti, ma non prendiamoci in giro con questi falsi matrimoni. Immaginiamo piuttosto dei contratti privati che prevedano diritti e doveri, che siano più seri di quelli proposti che si possono fare anche per posta. Credo che ci sia bisogno di veri laici, che rispettino la libertà di espressione di tutte le religioni, ma rispettino e difendano la libertà di tutti di vivere come possono e come vogliono. C'è bisogno di noi nella politica italiana: ma adesso da soli non ce la facciamo. Al momento l'imperativo categorico è ritornare nelle Istituzioni. Ma stiamo pagando un prezzo troppo alto: stiamo attenti a non perderci. L'unica strada possibile, oltre a ricercare contatti con gli amici che si sono allontanati - assolutamente non siamo noi che dobbiamo cambiare posizione come ha chiesto qualcuno nei giorni scorsi, chi vuole può rientrare e sarà molto bene accolto, poi decideremo eventuali cambiamenti - è dare un impulsi molto più attivo e vivace e reale alla ricerca di confronto con gli altri partiti liberali - in senso lato (PLI assai più confuso e perso di noi). C'è bisogno, credo, di guardare avanti e di non rivolgersi solo indietro per ricercare i vecchi alleati. Ma ci vuole coraggio, quel coraggio che manca nel momento in cui sentiamo di rischiare di sparire, e ci aggrappiamo ad una ciambella di salvataggio. Lo ha fatto il segretario, ed ha riconosciuto il suo errore, e lo facciamo in molti, quando accettiamo ospitalità in casa altrui: se questo è l'unico mezzo dobbiamo accettare, ma lavoriamo tutti insieme per liberarci prima possibile, perché "troppo sa di sale lo pane altrui". All'inizio del mio intervento dicevo che non mi era del tutto chiara la ragione di questo Congresso: ho chiarissimo però cosa esso non deve fare, non deve sancire divisioni. Questo è il luogo deputato per un franco confronto fra idee e persone in cui si possano superare eventuali difformità politiche o organizzative per trovare convergenze tali da rinforzare il PRI: questo partito ha già tanto sofferto negli anni a causa di dolorose divisioni. Abbiamo bisogno di tutti i nostri dirigenti, ognuno con le sue caratteristiche; sarebbe esiziale per l'ultimo baluardo del repubblicanesimo, proprio nel momento delicato in cui si vede una possibile ripresa di interesse nei confronti del partito e si vede più vicino il momento di un cambiamento degli equilibri politici nazionali.
Un nuovo "acquisto" e la sua passione per il
partito Cari amici, caro segretario, posso qualificarmi come un "nuovo acquisto" del Pri. Sono nel partito infatti da poco più di un anno. Vengo da una tradizione familiare liberaldemocratica, ma non specificatamente repubblicana. Però qui ho subito trovato la mia casa, un'appartenenza scandita già nel dirsi partito, nell'Italia antipartitica. Ho trovato la mia casa grazie a un fattore di modernità, che vi racconto, perché spiega ciò che dirò nel mio breve intervento. Girando su internet, mi sono imbattuto in un dirigente repubblicano, che mi ha invitato a scrivere sulla Voce Repubblicana. L'ho fatto, gli ho mandato alcuni articoli. Tuttora sono molto orgoglioso di scrivere su questa nobile testata storica che è la Voce. Poi il passo verso l'iscrizione al partito è stato breve. Cari amici, in questi giorni congressuali ho sentito numerosi interventi fare leva sulla necessità di ricomporre la diaspora repubblicana e promuovere l'unità. Mi sembrano discorsi rivolti verso l'interno del partito, non verso la società esterna. L'Italia è cambiata, in questi anni, non vorrei che noi non ce ne accorgessimo. Lo affermo con l'umiltà di chi è arrivato da poco in questa casa. Dobbiamo individuare un nuovo blocco sociale con cui dialogare, che deve trovare nel Pri il suo riferimento. Non possiamo rivolgerci unicamente al vecchio dirigente che negli anni ha litigato con Nucara, La Malfa o con qualche esponente locale ed è andato altrove. Non possiamo assicurarci lunga sopravvivenza contando su di essi. Il nostro punto di riferimento deve essere il trentenne con partita Iva che tutti i giorni alle sette di mattina perde un'ora della sua giornata, della sua produttività, in quella strettoia che è l'autostrada Milano-Brescia. Dobbiamo intercettare i giovani. Sapete alle amministrative di maggio chi andrà a votare? I ragazzi nati nel 1989, quando è caduto il Muro di Berlino. Avevano tre anni quando è arrivata la bufera di Tangentopoli, sono cresciuti nel mito dell'antipolitica e nulla sanno di noi. Non voglio perdere il contatto con i giovani. Non voglio che questo partito sia composto, come in quella canzone di Rino Gaetano da "figli unici che non hanno mai viaggiato in seconda sul rapido Taranto-Ancona". L'Italia non è fatta di paesini e militanti, di circoli ricreativi e cooperative. E' fatta di voto d'opinione, anche. Dobbiamo sfondare nelle città, a Milano, Torino, Roma, Napoli, nelle sterminate periferie urbane. Noi giovani, nella Fgr, con il tanto impegno e i pochi mezzi a disposizione, ci proviamo. Dateci una mano, cerchiamo proposte, inventiamoci parole d'ordine, buchiamo il video. Nell'attuale schema partitico cerchiamo uno spazio dove muoverci, dove essere presenti. Ho una mia idea in merito, data dal carattere premoderno di questa sinistra che secondo me ci impedisce di agire da quelle parti. Comunque non possiamo affidarci ai pensionati e ai dipendenti pubblici. Sogno un Pri fresco, moderno, agile. La mia passione è qui, per il futuro del partito. Renato d'Emmanuele Conservare i valori innovando le strategie Congresso di Roma, 1° aprile 2007. di Giuseppe Gambioli A due anni dal congresso di Fiuggi il quadro politico nazionale è cambiato radicalmente e oggi se vogliamo portare avanti, con la nostra casa e con il nostro simbolo, quei valori repubblicani e laici che ci differenziano dagli altri partiti dovremo rivedere la nostra strategia. Dopo tangentopoli, si tentò di risolvere i problemi della nazione con il bipolarismo. La scelta fatta a Bari era la conseguenza naturale del sistema maggioritario e l'alleanza col centrodestra fu la nostra salvezza. Oggi se il Partito è rappresentato alla Camera e al Senato, se la scorsa legislatura l'abbiamo chiusa con un Ministro e un Sottosegretario, dopo anni di indifferenza e di soprusi da parte del centrosinistra, è merito anche dei nostri alleati che lealmente hanno apprezzato il valore degli uomini e del pensiero repubblicano. Riconoscere questo fatto credo che sia doveroso da parte nostra. Un riconoscimento che non deve intaccare minimamente la nostra autonomia, come del resto siamo stati autonomi in tutti questi anni, poiché i tre parlamentari eletti sono il giusto risultato del nostro apporto elettorale. La scelta di Bari non fu condizionata solo dal fatto che il centrosinistra si dimostrò inaffidabile nei nostri confronti, o dalla minaccia degli ex comunisti, mossi dalla disperazione di creare una immagine credibile dopo la caduta del muro di Berlino, che a più riprese hanno tentato di appropriarsi della cultura repubblicana (Cosa Uno, Cosa Due, ecc…), manovra questa che sarebbe stata credibile solo con la nostra scomparsa; ma la scelta in quel congresso di allearsi col centrodestra fu determinata dalla preoccupazione di attuare una diversa politica economica e soprattutto, dopo i fatti della Bosnia, una diversa politica estera, da quella propinata dai tre governi dell'allora centrosinistra. Non sto a dilungarmi quanto abbia inciso nella storia del Partito, la politica internazionale. Le nostre alleanze, le nostre azioni e i nostri programmi hanno avuto sempre in comune un chiara e precisa politica estera. Ed ora più che mai, anche se la guerra fredda è un lontano ricordo, siamo chiamati a rispondere su tematiche internazionali importantissime e di grande complessità, come la lotta al terrorismo e il futuro ruolo dell'Europa. Credo che noi oggi dobbiamo riflettere soprattutto su questi due punti. Due problemi urgenti ed essenziali per il futuro della nostra civiltà che questo sistema bipolare italiano, ha dimostrato di non essere in grado di affrontare. Nel centrodestra ci sono forze che hanno delle perplessità su un Europa allargata ai popoli e quindi anche alla Turchia, futuro ponte per il dialogo fra la cultura occidentale e quella del Medio Oriente, mentre nel centrosinistra abbiamo diversi partiti della sinistra radicale che non riescono a scrollarsi di dosso il pregiudizio dell'antiamericanismo, un male atavico della sinistra italiana che emerge in tutte le sue azioni: dall'idea di costruire un Europa antagonista agli USA ad una visione del terrorismo in modo partigiano. In poche parole, questo bipolarismo è in crisi, è da rivedere completamente poiché crea alleanze tra partiti con cultura diametralmente opposte, soprattutto nel centrosinistra, divide le forze di centro, compresa l'area repubblicana e liberale che sono state annientate, accresce il peso delle forze estremiste, cancella l'etica dei partiti e riduce la proposta politica ad una squallida denigrazione dell'immagine dell'avversario. Se tangentopoli fu l'inizio della crisi dei partiti, questo sistema maggioritario, a mio avviso, è stato la tomba della politica. C'è bisogno di ridimensionare l'azione urlata e demagogica delle forze estreme e di ridar voce alla vera politica, solo così potremo affrontare con chiarezza e determinazione tematiche importanti come il terrorismo. La liberazione di Mastrogiacomo è stata la prova che il Governo italiano ha perso quella forza d'azione coerente e trasparente che aveva dimostrato di avere negli anni di piombo e nel caso Moro. In questo quadro cade il nostro Congresso e da questi punti dobbiamo partire: affrontare l'imminente implosione del bipolarismo e favorire alleanze più omogenee, riorganizzare l'area repubblicana-liberale e svolgere un ruolo attivo nelle future scelte politiche. Credo che lo scenario politico si evolverà, almeno me lo auguro, a favore di quelle forze che in questi anni sono state divise ed umiliate; mi riferisco ai partiti di centro. Avremo un ridimensionamento delle forze estreme, sia a sinistra sia a destra, mentre al centro ci sarà un confronto serrato che porterà a ricomporre alleanze tra forze simili che oggi sono presenti in entrambi gli schieramenti. Questa evoluzione, questo scontro-confronto tra le forze di centro è già in atto, e il nostro partito ha la possibilità di fungere da catalizzatore poiché, dopo anni bui, ha il merito di essere riuscito a tenere acceso quel lumicino che oggi, dopo i bagliori accecanti di questo bipolarismo, può diventare un punto fermo e rassicurante per chi crede nei nostri valori. Cari amici, se per tanto tempo abbiamo avuto la responsabilità di non fare morire questa speranza, questo lumicino, oggi abbiamo il dovere di svolgere un ruolo da protagonisti per un ritorno della grande politica e rendere quella luce repubblicana, che rappresenta 150 anni di grande storia, visibile agli occhi di tutti. In questo momento dobbiamo unire e non dividere. Diamo un forte segnale di unità da questo Congresso. Il nostro partito dovrà quindi essere aperto alle forze nuove, ai giovani e soprattutto dovrà essere all'altezza di accogliere quei repubblicani che abbagliati da tangentopoli e da questo bipolarismo avevano smarrito la casa repubblicana. Un ruolo da protagonista che si allarghi all'area liberale, alle associazioni e ridiventi punto di riferimento per l'Eldr nel Parlamento europeo. Chiudo questo breve intervento sottolineando una forte critica a questo governo che svolge una politica assai lontana dai nostri ideali, soprattutto per quanto riguarda la politica internazionale, la politica economica, le infrastrutture, l'energia e la sicurezza. Difficile prevedere come si scompaginerà questo bipolarismo e quindi difficile è prevedere chi saranno i nostri prossimi alleati. Una cosa a mio avviso è certa: se il partito vorrà ancora sopravvivere ed avere un ruolo anche in futuro dovrà mettere sempre al primo posto la politica estera, e oggi come oggi, credo che il partito più vicino al nostro sia per cultura sia per le posizioni intraprese nei confronti della lotta al terrorismo, è Forza Italia che, anche se la figura a volte ingombrante di Berlusconi potrebbe far sembrare questo partito poco democratico, in realtà mi sembra il più laico che ci sia sullo scenario nazionale e noi possiamo aiutarlo ancora di più verso questo cammino. Un contesto bipolare divenuto ormai ossessivo Sintesi dell'intervento al Congresso di Roma. Nel suo intervento al Congresso dei Repubblicani l'amico Casciana ha voluto sottolineare l'importanza della celebrazione dell'Assise dei repubblicani in un momento complesso della politica nazionale a seguito della difficile comprensione e incomunicabilità tra le forze politiche del Paese ed a causa anche della pessima legge elettorale con cui i cittadini hanno votato alle ultime elezioni del 2006 in un contesto bipolare ossessivo, tanto da creare due poli contrapposti sempre in lite tra loro e senza un dialogo che potrebbe solo apportare benefici al Paese. Di conseguenza abbiamo una spaccatura verticale, che crea due poli contrapposti quasi identici anche nei valori numerici dei risultato elettorale. Da questa constatazione deriva giustamente un ripensamento nel nostro Partito dalla posizione che fu presa al Congresso di Bari, ripensamento che ci porterà a posizionarci in una area di centro, così come ci insegnò l'antico Spadolini nel disegnare l'allocazione dei Partito nell'ambito dello schieramento politico nazionale. In tutto questo, si auspica che il Partito abbia a sostenere una nuova legge elettorale che sia espressione di una reale mentalità democratica e di una considerazione del voto dei cittadini. Ho poi rilevato l'esistenza di una disparità di valutazioni nella determinazione di un indirizzo nuovo auspicato da tutti i Repubblicani iscritti e non iscritti al P.R.I. ma di sincera ispirazione mazziniana, repubblicana, democratica e laica, così come è espresso dall'ordine del giorno della Assemblea Sezionale, con l'auspicio di una svolta politica visibile che determini, attraverso una deliberazione congressuale, la piena autonomia dei Partito; autonomia di fatto nella valutazione delle leggi di proposta parlamentare e governativa, da valutarsi di volta in volta nel supremo interesse dei cittadini e del Paese. Ha ravvisato l'opportunità anche di avviare un percorso di elaborazione dei programmi del Partito che conduca alla ridefinizione e ad un aggiornamento delle ispirazioni ideali e delle conseguenti priorità, che ne derivano, al pensiero e al giudizio dei Repubblicani Italiani. Nello stesso tempo si ravvisa la necessità di una profonda fase di consultazione dei Repubblicani - a partire dagli iscritti - con le articolazioni istituzionali, economiche e sociali nonché con le forme dell'associazionismo Mazziniano nelle quali si esplica l'impegno prevalente dei Repubblicani. Ritiene comunque necessario il riconoscimento della libertà per le organizzazioni, locali, comunali, provinciali e regionali, di partecipare alle competizioni elettorali amministrative con il simbolo dell'Edera con aggregazioni determinate da un giudizio di programma più rispondente agli interessi dei cittadini, secondo l'insegnamento dei nostri ideali. Su queste basi è necessario l'avvio di un generoso e sincero sforzo che abbia a valutare la possibilità della ricomposizione della diaspora repubblicana. Poiché si prevede di essere di fronte a un periodo di scarsi appuntamenti elettorali nazionali a breve scadenza e poiché si prospetta la necessità di porre il partito nel pieno dei probabili cambiamenti a cui è atteso l'intero sistema politico italiano, ha auspicato che questo Congresso Nazionale possa aprire una fase transitoria senza alcuna rinuncia alla visibilità di fondo del P.R.I. Rocco Casciana |