Repubblicani e Camere di Commercio

Secondo un uso ormai consolidato, al termine delle campagne elettorali americane, il nuovo Presidente degli Stati Uniti premia i suoi grandi elettori nominandoli ambasciatori. Si tratta di un riconoscimento di prestigio che li ripaga per il consistente contributo finanziario assicurato a sostegno del candidato Presidente. In quel sistema, tutto è trasparente e tutto avviene alla luce del sole.

Non possiamo dire altrettanto per alcuni avvenimenti di casa nostra, che nulla hanno a che fare con la politica e che possiamo definire soltanto squallide vicende di malcostume.

La posizione politica del Partito Repubblicano e del PRI, come definita dai suoi deliberati congressuali, è chiara e precisa e si pone nella continuità di una azione tesa alla difesa dei valori di libertà, democrazia e laicità, propri della sua tradizione.

Come è noto, per tutta la scorsa legislatura, questi valori della tradizione repubblicana sono stati derisi dai leaders della sinistra e in particolare dall'on. D'Alema, che amava sostenere l'inutilità del partito repubblicano. Una teoria, non a caso, ripresa in questi giorni dal prof. Parisi, inventore della Margherita.

Di fronte a tanto disprezzo coerenza vorrebbe che i repubblicani fossero capaci di rispondere per le rime. Così avviene a livello nazionale e così avviene in quasi tutta Italia. Diciamo quasi, perché in alcune realtà territoriali gli strateghi della sinistra, dopo tante dichiarazioni di inutilità del Pri e pur di ottenere il consenso dei repubblicani locali, cercano di comprarne i favori promettendo presidenze di Camere di Commercio.

Certo, non si tratta di ambasciate, ma è pur sempre qualcosa. Qualcosa che i repubblicani, se tali fossero veramente, non potrebbero accettare. Non si svende il Pri per un piatto di lenticchie, né può esistere per i repubblicani una messa che valga bene Parigi.

Su questo non transigiamo e per essere chiari sino in fondo, lo diciamo subito, non siamo disposti a considerare più repubblicano chi dovesse infangare con squallide compravendite il nome del Pri, per tornaconto personale, camuffato da autonoma scelta politica. Non siamo disposti a tollerare oltre rivendicazioni di autonomia dagli organismi nazionali del Pri che si rivelano, alla fine, atti di prezzolata subordinazione nei confronti di altri partiti.