L'intervista/Il riconfermato segretario nazionale del Pri "contro le previsioni catastrofiche dell'opposizione" La devolution? Può essere una risorsa Francesco Nucara: "Potrà consentire alla Calabria di uscire dallo stallo" Ieri il Consiglio Nazionale del Pri ha riconfermato Segretario nazionale Francesco Nucara. Reggino, due lauree, giornalista, parlamentare dal 1983 al 1994, per il successore di Giorgio La Malfa alla guida dello storico Partito Repubblicano Italiano, continua dunque il trend di consenso dopo aver vinto con una ampia maggioranza il congresso nazionale di Fiuggi. Il leader del Pri, dopo l'esperienza di sottosegretario ai Lavori pubblici con Andreotti, è al Governo per la seconda volta, chiamato da Berlusconi come sottosegretario al ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio. Caro amico del meridionalista Compagna, Francesco Nucara è stato per anni responsabile nazionale dell'Ufficio del Mezzogiorno e Aree Depresse del centro Nord e dunque conosce a fondo le problematiche che le regioni meridionali stanno affrontando per superare il gap dello sviluppo, ma non è contrario alla devolution. Anzi. Ed ecco cosa ha detto a "Gazzetta del Sud". Il Pri al Senato non ha preso parte al voto sulla devolution. Vuol dire che i repubblicani hanno iniziato ad assumere una posizione di distacco dal Governo? "Assolutamente no. Il Pri aveva anticipato ufficialmente, e quindi sottolineando anche la piena lealtà del Pri al Governo, la decisione di non partecipare al voto in Senato perché la polemica strumentale dell'Ulivo aveva impedito in quella sede un approfondimento di merito". Neanche per un attimo, dunque, avete condiviso le posizioni dell'Ulivo? "Le previsioni catastrofiche della sinistra sono il frutto avvelenato della linea del muro contro muro che l'opposizione sta portando avanti da tempo su qualsiasi iniziativa del Governo. Prevedere tra gli effetti della devolution addirittura l'instaurarsi di una condizione coloniale di un Mezzogiorno, suddito delle regioni più ricche del resto dell'Italia, come ha fatto di recente l'ex ministro per le Regioni Loiero, mi sembra solo propaganda". Parola di meridionalista? Guardi che ho appena ricordato la sua militanza con Compagna. "Ma le pare che un partito come il Pri che affonda le sue radici nella storia stessa dell'Unità d'Italia e che ha combattuto una durissima battaglia per mantenere intatto il suo nome ed il suo simbolo avrebbe approvato senza fiatare una operazione di scardinamento dell'unità nazionale?" Infatti potrebbe essere stato il pudore ad impedirvi di votare al Senato. "Le dico che se avessimo avuto un solo dubbio sulle conseguenze che l'approvazione della "devolution" può produrre nel tessuto unitario del Paese, non avremmo esitato un momento a rinunciare all'alleanza con la maggioranza di Governo, alla quale partecipiamo sì con lealtà, ma anche con spirito critico. La verità è che molte affermazioni degli esponenti dell'Ulivo sono figlie della loro cattiva coscienza sul federalismo". Cioè? "Le forze dell'Ulivo sul finire della precedente legislatura, dopo aver corteggiato senza successo Bossi e la Lega per i loro calcoli elettorali, hanno varato con l'opposizione della Casa delle Libertà e con soli quattro voti di maggioranza, e a pochi giorni dallo scioglimento delle Camere, una legge di riforma del Titolo V della Costituzione che mirava a catturare, attraverso l'introduzione di una quota di federalismo, il voto leghista. Le alleanze sono andate diversamente ma quell'errore di valutazione ha fatto lasciare sul campo una legge confusa che ha introdotto una vastissima legislazione "concorrente" tra Stato e Regioni e che ha generato grande confusione istituzionale ed una conflittualità permanente". Discutendo di devolution tutti fanno riferimento alla legislazione "concorrente", ma cosa vuol dire esattamente? "Significa che in diverse materie sia lo Stato, sia le Regioni possono legiferare, solo che alle Regioni serve, secondo la riforma varata dal Governo Amato e che il disegno di legge di Bossi cambierebbe, un via libera finale da parte del Parlamento". E con la devolution invece? "Bossi intende attuare una riforma federale che trasferisca alle Regioni poteri legislativi esclusivi, senza quindi nessun ulteriore via libera da parte delle Camere, in queste tre materie: istruzione, organizzazione e gestione della sanità, polizia locale. Questo consentirà di far funzionare la macchina organizzativa con maggiori responsabilità rispetto alle aspettative del territorio, e ovviamente nel quadro imprescindibile dell'unità dello Stato". E ai calabresi allarmati cosa dice? "Dico che possono stare tranquilli e che ogni ipotesi catastrofica sulla "devolution" è fuori da ogni ragionevole previsione. Niente di questa riforma potrà mettere in discussione la struttura portante dell'unità tra Nord e Sud e della Calabria con il resto del Paese, né potrà mai pregiudicare quella solidarietà sociale su cui si basa una equa ridistribuzione del reddito tra le diverse Regioni. Per risolvere i problemi del Mezzogiorno serve una volontà politica, la devolution non c'entra niente sotto questo aspetto. Purtroppo la Calabria si distacca via via dall'Italia non per problemi di ordine costituzionale bensì per la pochezza della propria classe dirigente e per l'attuale guida politica regionale, del tutto inadeguata". Si riferisce alle dichiarazioni dei vertici regionali in occasione del dibattito sulla devolution? "La posizione espressa ufficialmente dal Presidente della Giunta in occasione della discussione sulla devolution mi sembra difensiva, rituale e preoccupata soltanto del calcolo delle quote di accesso al Fondo perequativo da destinare ad alcune Regioni deboli e tra queste la Calabria". La Calabria però non potrà mai farcela da sola, almeno non subito. "Il problema della nostra regione non è solo quello di acquisire nuove quote di risorse finanziarie, che è in se un aspetto importante, anche se spesso inutile come si vede dal livello che questa Giunta regionale ha fatto raggiungere alla spesa dei fondi strutturali. L'ossessione dovrebbe esser invece quella di riuscire a creare meccanismi di spesa rapidi che favoriscano i processi produttivi e la nascita di nuova occupazione. Ma né la Giunta Chiaravalloti, né quelle precedenti del centrosinistra ci sono mai riuscite, mentre hanno saputo far "nascere" un numero spropositato di Gruppi consiliari, e assumere così tutti i parenti disoccupati dei consiglieri". Raccontata in questo modo, tutto sembra allo sbando. "Invece no. In Calabria ci sono pure energie e forze sane, capaci di guardare in avanti senza ricorrere all'antica strada dell'assistenzialismo. Basta pensare all'organizzazione dei giovani industriali calabresi guidati da Maurizio Mauro: guardano ad un futuro senza assistenza, ad un futuro manageriale e proprio per questo fa scandalo che il sistema istituzionale non riesca a favorire i processi produttivi e che anzi li intralci come ho visto succedere in molti casi". Che rapporto immagina fra una Calabria che deve crescere e la devoluzione? "Sono convinto che la devolution rafforzata dà adeguati approfondimenti nei diversi passaggi che una riforma costituzionale comporta, potrà essere un'occasione per la Calabria per uscire dall'attuale situazione di stallo e di stagnazione economica e per realizzare concretamente un salto di qualità nell'istituto regionale e in tutto il sistema delle autonomie locali. Purché gli elettori, considerata l'investitura inamovibile che concedono con il loro voto, capiscano dove c'è improvvisazione. Se non altro per indurre i partiti della maggioranza a rendersi conto che per poter governare dovranno, per le prossime candidature, smetterla con questo ricorso smodato alla società civile". Teresa Munari "Gazzetta del Sud" 8 dicembre 2002 |