Intervento del sen. Del Pennino sul Disegno di Legge n. 1187-Modifiche dell'articolo 117 della Costituzione Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, ho a lungo riflettuto sul voto da esprimere sulla "devolution". Vi sono, infatti, motivi di segno opposto che rendono difficile un compiuto giudizio. Motivi che emergono dagli atti parlamentari e dalle dichiarazioni di esponenti del Governo e dell'opposizione. Ciò non è casuale. E' frutto del modo contraddittorio ed improvvisato con cui si è affrontato il tema del cosiddetto federalismo. Una responsabilità che ricade il primo luogo sul centro sinistra che introdusse, nella passata legislatura, una riforma del titolo V che, all'articolo 114, ha eliminato ogni gerarchia tra i diversi soggetti dello Stato-ordinamento, stabilendo un'equiparazione tra Stato, Regioni, Provincie, Città Metropolitane e Comuni che non trova riscontro in nessun altro ordinamento costituzionale. Ferma fu l'opposizione dei repubblicani alla approvazione di quella riforma. Perché ferma è la nostra convinzione che, anche in un ordinamento federale, non può non riconoscersi la primazia dello Stato. E nel merito basterebbe ricordare che, secondo quella riforma, anche l'intervento dell'organizzazione statale della protezione civile a favore dei terremotati del Molise dovrebbe risultare precluso. Sed de hoc satis: sulle contraddizioni della legge costituzionale n. 3 del 2001 avremo altra occasione per soffermarci. Quello che mi preme dire oggi è che se incongruenze e imprecisioni vi sono nel testo al nostro esame, esse sono figlie della non meditata riforma approvata nella scorsa legislatura. E di ciò sono consapevoli anche molti colleghi della sinistra. Nel merito del provvedimento attualmente in discussione, a testimonianza della confusione che caratterizza l'opposizione, voglio ricordare le dichiarazione del senatore Bassanini nella seduta del 20 febbraio della I commissione, in cui egli affermò di condividere in gran parte l'esposizione del Ministro Bossi sulla devoluzione, rilevando che "i punti di dissenso riguardano essenzialmente l'istruzione", mentre "in materia di sanità e di polizia locale il provvedimento, alla fine, non aggiunge molto alle competenze già attribuite alle regioni in base al nuovo titolo V". Non appare quindi, agli occhi dei repubblicani, fondata l'evocazione da parte della sinistra di un pericolo per l'unità nazionale che deriverebbe dalla approvazione di questo disegno di legge. Si tratta di un motivo propagandistico, che, quando si affrontano delicati temi istituzionali, non dovrebbe essere utilizzato. Il nodo, piuttosto è un altro. E' quello rappresentato dalla genericità delle formulazioni contenute nel disegno di legge al nostro esame che si prestano a contrapposte interpretazioni e saranno quindi fomite di conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni. Basta pensare, in proposito, alle differenti valutazioni date in materia di polizia locale dal Ministro Bossi, nella ricordata seduta della I Commissione del 20 febbraio, e dal Ministro Pisanu nell'intervista rilasciata al "Corriere della Sera" lunedì scorso. Secondo Bossi, "in base alle modifiche proposte, alla Regione spetta la competenza legislativa esclusiva relativamente alla polizia locale che è qualcosa di più rispetto alla polizia amministrativa. Essa comprende anche la legislazione relativa all'ordine pubblico e alla sicurezza locale". Per Pisanu, invece, "l'unitarietà del sistema riposa sulla norma costituzionale, la quale assegna espressamente alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale……che può avere l'accezione più ampia di polizia amministrativa o quella più ristretta di polizia urbana o rurale o demaniale, orientata a particolari soggetti e materie." Il tempo a mia disposizione non mi consente di dilungarmi su altri aspetti del testo, ma credo che sia sufficiente questo esempio per indicare come la formulazione proposta nel disegno di legge 1187 contenga in sé elementi destinati ad aprire conflitti politici e giuridici tra Stato e Regioni, conflitti di cui certo il Paese non sente oggi il bisogno. Per questo, mentre non intendo associarmi all'atteggiamento strumentale dell'opposizione e confermo invece la nostra fiducia al Governo, nell'attesa che la maggioranza introduca nei successivi passaggi parlamentari le necessarie correzioni rispetto sia all'attuale formulazione del Titolo V, sia al disegno di legge che stiamo discutendo, correzioni cui il PRI non farà mancare il suo contributo propositivo, non parteciperò oggi al voto su questo provvedimento. |