"Io l'avevo detto" La Malfa, due proposte bipartisan per rivedere i vincoli europei senza inutile iattanza Signor direttore, Da parte di molti esponenti della maggioranza viene proposta con insistenza l'idea di una revisione del Patto di Stabilità. Come sa, su questo tema e su quello dei poteri e compiti della Banca Centrale Europea, fin dal 1998 Franco Modigliani e io abbiamo scritto una serie di articoli molto critici sull'impostazione dell'Unione Monetaria Europea. Ho anche scritto un libro per sostenere la necessità di un cambiamento delle regole dell'UME. Dovrei quindi essere lieto che, mentre finora quelle preoccupazioni sembravano cadere nel vuoto, oggi la necessità di un cambiamento appaia condivisa da molti. E tuttavia, come spesso accade nel dibattito politico italiano, quando improvvisamente si scopre un problema, lo si affronta in modo superficiale. Sembra quasi che l'Italia possa procedere unilateralmente in questa materia. In realtà, qualsiasi modifica del Patto presuppone un accordo unanime dei Paesi che lo sottoscrissero nel 1997. Questo accordo, in sé difficilissimo, può scaturire solo da una discussione seria ed approfondita che rassicuri del fatto che le modifiche proposte servirebbero a far funzionare meglio le cose, non a restituire ai singoli Paesi la libertà di fare ciò che vogliono dei loro bilanci pubblici. Oltretutto, sarebbe bene non dimenticare che l'Italia, a causa del suo immane debito pubblico, è stata la ragione principale dell'adozione di quelle regole. Ecco perché non ci possiamo permettere di porre il problema nei termini in cui viene presentato. E' bene che la questione della modifica del Patto maturi e che siano costretti a porla proprio quei paesi come la Germania, che a suo tempo imposero queste regole e che oggi ne sperimentano le conseguenze sulla propria pelle. Per portare la questione a livello europeo, converrebbe avere anche qualche consenso dalla parte più riflessiva dell'opposizione. Non vi è di peggio, infatti, che avanzare una proposta in sede europea e sentirsela criticare dall'interno del proprio paese. La posizione dei Ds e della Margherita è molto miope, perché essi, nell'affermare l'intoccabilità del Patto, si limitano a godere delle difficoltà del governo e si sottraggono a una riflessione seria su problemi che riguardano tutti, non solo l'Italia, ma anche l'Europa. Vengo ora al punto principale. Che cosa bisogna proporre? Non c'è dubbio che le regole di Maastricht siano asimmetriche: esse prevedono un indirizzo esclusivamente antinflazionistico ed escludono ogni possibilità di utilizzare degli strumenti di politica economica a fini del sostegno dello sviluppo economico. Per questo è opportuno cambiare queste regole. Politica monetaria e fiscale Politica monetaria: si potrebbero ampliare i compiti della Banca centrale europea stabilendo che essa debba assicurare il massimo sviluppo possibile dell'economia compatibilmente con il contenimento dell'inflazione, come avviene con la Riserva Federale degli Stati Uniti. Politiche fiscali: bisognerebbe affidare ai ministri delle Finanze dei 12 paesi dell'euro il compito di valutare periodicamente le condizioni della congiuntura dell'area dell'UME e di impartire degli ordini vincolanti sui saldi di bilancio dei paesi membri, in senso espansivo o in senso restrittivo. Quanto alle spese di investimento, si potrebbe stabilire che sia la Commissione Europea ad autorizzare la non inclusione di talune spese di investimento nei saldi validi ai fini del Patto, qualora essa consideri tali spese utili dal punto di vista comunitario. Questa è quella che io chiamo la via maestra. L'altra, invece, va nella direzione opposta: non potendo restituire agli Stati membri dell'UME né i poteri sul tasso di cambio né quelli sulla politica monetaria, si restituirebbe loro il potere di accrescere i deficit della finanza pubblica. Questa è una strada che, alla lunga, porta alla dissoluzione della costruzione europea. Penso che l'Italia debba evitare di farsi identificare come una sostenitrice di questa seconda via. Dobbiamo confermare la nostra fiducia nella costruzione europea e in nessun modo dare il senso di volere incoraggiare una marcia indietro. Ritengo che il Presidente del Consiglio debba fissare con chiarezza una posizione italiana politicamente solida e costruttiva nei confronti dei nostri partner. Giorgio La Malfa "Il Foglio" del 20 agosto 2002 |