Ugo La Malfa/Casini: riannodare fila vicenda storica nazionale "Democratico, senza altri aggettivi" Commemorazione con Ciampi e Pera ''Un democratico, senza altri aggettivi''. Il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini commemora nella Sala della Lupa -alla presenza fra gli altri del capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi e del presidente del Senato Marcello Pera- la figura di Ugo La Malfa, nel centenario della sua nascita. ''Ricordarlo -sottolinea subito Casini- non e' soltanto il doveroso tributo alla memoria di uno dei padri della Repubblica. E' soprattutto l'occasione per riannodare le fila della vicenda storica nazionale''. Ugo La Malfa ''fu uomo di partito, sostenitore della democrazia dei partiti. Ma mai uomo di parte'', ricorda ancora Casini, non dimenticando di osservare che ''fu ben consapevole anche delle difficolta' della vita di partito, come dimostro' quando si assunse immediatamente, in prima persona e a testa alta, ogni addebito circa il finanziamento illecito dei partiti, dando una prova non trascurabile di assunzione di responsabilita' ferma e serena'', che ''nasceva dalla limpida coscienza di aver dovuto fare i conti con il costo della politica ma di non aver mai sacrificato le sue idee ne' accettato compromissioni di sorta''. Il leader storico del Pri, che prima milito' nell'Unione democratica nazionale e poi nel partito d'Azione, ''ha contribuito a determinare le scelte decisive dell'Italia repubblicana'' testimoniando ''la nobilta' della politica come passione civile e come impulso alla trasformazione della societa', saldando una profonda ispirazione etica e un impietoso realismo. Queste due componenti -spiega Casini- lo hanno condotto sempre a rivendicare il primato di una politica al tempo stesso delle formule e delle cose, in cui cioe' la logica degli schieramenti fosse sempre funzionale alla logica dei contenuti''. Il capitalismo, per La Malfa, era un mezzo piu' che un fine: ''il problema -osserva il presidente della Camera- era la ricerca di un nesso tra sviluppo civile e sviluppo economico. Politica ed economia si intrecciano indissolubilmente nel pensiero e nell'azione di Ugo La Malfa'', che ''concepiva il governo della cosa pubblica come una responsabilita' indivisibile di tutta la classe politica''. E ''in ogni stagione storica, in ogni formula politica'', dal centrismo al centrosinistra fino alla solidarieta' nazionale, ''il punto fermo era costituito dall'ancoraggio euro-atlantico''. La sua ''morte sul campo'', ricorda ancora Casini, ''parve concedergli una popolarita' e una considerazione di cui la pubblica opinione gli era stata in vita alquanto avara''. Dopo un quarto di secolo, ''in un quadro politico pur cosi' profondamente modificato, ritroviamo intatta l'attualita' non solo della sua ispirazione ideale, ma anche delle sue indicazioni programmatiche. Ugo La Malfa -conclude il presidente della Camera- e' e sara' sempre, per tutta la classe politica, un luminoso esempio di rigore e di coerenza, di passione e di concretezza, che lo preservavano dalle facili tentazioni della popolarita' e dalle lusinghe del potere per il potere''. Roma, 20 maggio (Adnkronos) Ugo La Malfa: Casini ricorda il "Democratico senza aggettivi" Fu uomo di partito, ma mai uomo di parte Ricordare Ugo La Malfa, a cento anni dalla sua nascita, "non è solo il doveroso tributo alla memoria di uno dei padri della Repubblica", ma è anche l'occasione "per riannodare le fila della vicenda storica nazionale" nell'ottica di una personalità che ha testimoniato "la nobiltà della politica come passione civile e come impulso alla trasformazione della società". Pier Ferdinando Casini indugia tra esperienza passata e potenzialità futura della Repubblica nel corso della commemorazione del centenario della nascita di La Malfa e, in una sala della Lupa gremita di personalità (tra queste, su tutte, il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi) ne stigmatizza la "lungimiranza e la modernità" del pensiero. "Democratico senza aggettivi", lo definisce il presidente della Camera, sottolineando che La Malfa fu, "per tutta la vita, fedele all'intuizione amendoliana di dare una casa politica ai ceti medi che avevano a cuore l'integrazione nazionale delle masse" nella prospettiva "dell'avanzamento morale e materiale della collettività". Fu "uomo di partito - spiega Casini - ma mai uomo di parte. Fu ben consapevole anche delle difficoltà della vita di partito, come dimostrò quando si assunse immediatamente - in prima persona ed a testa alta - ogni addebito circa il finanziamento illecito dei partiti, dando una prova non trascurabile di assunzione di responsabilità ferma e serena". Fece cioè "i conti con il costo della politica" senza mai "sacrificare le sue idee" nè scendendo "a compromessi di sorta". "Ispirazione etica e impietoso realismo" furono saldate da La Malfa nei suoi comportamenti e decisioni politiche. Due componenti, ha spiegato ancora Casini, che "lo hanno condotto sempre a rivendicare il primato di una politica delle formule e delle cose", in cui cioè, "la logica degli schieramenti fosse sempre funzionale alla logica dei contenuti". Roma, 20 maggio (Ap.Biscom) Ugo La Malfa/Siddi: informazione e parlamento pilastri democrazia Presidente FNSI in un messaggio a Pier Ferdinando Casini ''Parlamento ed informazione sono le gambe su cui cammina la democrazia, di cui sono pilastri essenziali''. E' un passaggio del messaggio che il presidente della Fnsi Franco Siddi ha inviato al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini in occasione della cerimonia a Montecitorio per il centenario di Ugo La Malfa. Siddi, che per impegni sindacali non potra' essere presente alla commemorazione, sottolinea che ''il rigore intellettuale e morale, la capacita' di comprendere e rispettare le diversita' di Ugo La Malfa, entro una coerente visione della democrazia e della liberta' dell'uomo e del cittadino rappresentano una lezione di alto valore che vive''. Partendo da questo esempio, ''e' importante - ha affermato il presidente della Fnsi - che le nostre Istituzioni abbiano a cuore le nostre memorie e sappiano attingere con intelligenza, anche in tempi di politica difficile, alle radici del pluralismo culturale e politico della nostra democrazia''. Roma, 20 maggio (ANSA) Ugo La Malfa di Antonio Del Pennino Poche personalità hanno influito sui processi politici del primo trentennio di vita repubblicana come Ugo La Malfa. Pur rappresentando una forza di assoluta minoranza, La Malfa fu il punto di riferimento di un più vasto mondo laico, riformatore e liberale sul quale esercitò una grande autorità morale. Fu lui stesso a rivendicare orgogliosamente questo ruolo al Congresso del PRI di Roma del 1965, che segnò la sua assunzione formale della guida del partito, quando ricordò ai repubblicani che nella sua coscienza c'erano sì la battaglia di Ghisleri, Mazzini e Cattaneo, ma c'erano anche quelle di Salvemini, Amendola e Gobetti. Ma La Malfa era perfettamente consapevole che, pur interpretando una grande tradizione politico-culturale, nel dopoguerra questa scuola di pensiero doveva fare i conti con i grandi partiti di massa, la DC e il PCI, anche se egli li considerava inadeguati a dare una risposta moderna ai problemi della società italiana. La grande influenza che egli esercitò dipese proprio dalla sua capacità di indicare soluzioni per sciogliere i nodi di fondo che condizionavano lo sviluppo del Paese, e al contempo dal fatto che non perse mai di vista il problema di come garantire gli equilibri politici complessivi in un sistema fragile, in cui mancava la piena adesione di tutti i partiti ai principi fondamentali di uno Stato liberaldemocratico. Le grandi scelte di schieramento che lo hanno avuto protagonista, dal centrismo al centrosinistra, alla solidarietà nazionale e alla rottura e al superamento della stessa, furono da lui viste come momenti attraverso i quali garantire il consolidamento dello Stato democratico non meno che come strumento per impostare una politica economica adeguata per una moderna società industriale. La garanzia dell'equilibrio democratico complessivo, peraltro, era per La Malfa strettamente legata alle scelte di politica estera. Ed anche le condizioni dello sviluppo dipendevano, nella sua visione, dalla sicura collocazione occidentale del Paese. La scelta per la collaborazione con la Democrazia Cristiana nei governi centristi, fatta superando le resistenze "isolazioniste" di alcuni settori tradizionali del PRI, fu proprio ispirata alla consapevolezza che solo la collocazione europea ed atlantica e gli aiuti del Piano Marshall potevano avviare il Paese sulla strada della ricostruzione post-bellica. La battaglia per il centrosinistra fu dovuta, oltre che all'esigenza di allargare i consensi alle istituzioni democratiche che la svolta autonomista del PSI e i suoi nuovi orientamenti di politica estera consentivano, anche dalla necessità di avviare con la programmazione una politica dei redditi, da lui proposta nella famosa Nota Aggiuntiva che presentò come Ministro del Bilancio del primo Governo di centrosinistra. L'adesione alla politica di solidarietà nazionale nacque nella speranza di utilizzare la vocazione berlingueriana all'austerità per impostare una politica di rigore nella spesa pubblica, a fronte delle tendenze corporative e clientelari che erano emerse nell'ultima fase del centrosinistra, ma anche per il mutato atteggiamento del PCI nei confronti dell'Alleanza Atlantica. E la rottura della solidarietà nazionale fu di fatto provocata da lui, quando impose l'immediata adesione al SME contro l'opposizione del Partito Comunista Italiano. Collocazione atlantica ed europea del Paese, rafforzamento delle istituzioni democratiche e loro difesa dagli attacchi terroristici, politica economica di rigore e di sviluppo hanno rappresentato, dunque, le costanti che hanno contrassegnato la lunga battaglia politica di Ugo La Malfa. "L’Avanti" 16 maggio 2003 Ugo La Malfa di Davide Giacalone Ugo La Malfa è nato nel 1903, ricorrendo il centenario sono imminenti le celebrazioni, organizzate dalla fondazione che porta il suo nome. Già diversi quotidiani hanno anticipato il ricordo. Celebrazioni più che giuste, ed occasione per ricordare un uomo cui l’Italia deve molto. Moltissimo. Per chi lo ha conosciuto ed amato, però, vi è qualche cosa di scomodo nel pensare che possa essere celebrato. Fu, totalmente e sempre, un uomo politico. Ogni suo pensiero, ogni sua azione vivevano nella battaglia politica. Ciascuna sua pagina merita di essere riletta (letta, nella maggioranza dei casi) e meditata, ma nessuna sua pagina si presta ad un uso esclusivo e detemporalizzato. Un esercizio del genere può essere tentato solo da chi non lo comprese e non lo comprende. La semplificazione giornalistica lo dipinse come un pessimista, egli fu l’esatto contrario. Ugo La Malfa credeva nel dovere, delle forze e degli uomini politici, di compiere ogni sforzo per sanare le piaghe e superare le tare che la storia d’Italia ci lasciava (ed ancora ci lascia) in eredità. Fu sempre convinto che quel risultato poteva essere conseguito, che dipendeva dalla forza morale e dalle convinzioni politiche dei protagonisti, fu, quindi, un ottimista: mai rassegnato, mai pago, mai domo. Non per questo smarrì il senso della realtà, ed il severo giudizio che le forze politiche più forti meritavano. Ci sono due cose che la sua memoria non merita. Non merita il tentativo di strattonarlo da una parte o dall’altra, di un mondo politico che non si potrebbe immaginare a lui più estraneo. Non merita di essere ridotto a tabernacolo, da venerare con acritica devozione. Irrise i repubblicani (lui, che veniva dall’esperienza amendoliana, dal Partito d’Azione, dalla Concentrazione con Ferruccio Parri) che accendevano lumini sotto l’effige di Mazzini o di Cattaneo. Uomo di solidissima cultura, pensatore appassionato e sofferente per le sorti della Repubblica, escluse in maniera decisa che la ricerca culturale, in politica, potesse vivere compiacendosi di se stessa, della sua presunta altezza e purezza. La politica era l’opposto: la capacità di far vivere i principi e la cultura nella concretezza, e nella contraddittorietà, del quotidiano, del conflitto fra idee ed interessi diversi. Laico, fino in fondo, sapeva che il giusto ed il bene sono asintoti cui tendere, non verità da far adottare agli altri. Strana, la sorte dei laici in un paese cattolico: mentre gli altri affermano l’esistenza di dogmi, salvo poi discostarsene nella vita e nelle scelte politiche (e personali), indulgentemente perdonandosi perché, si sa, il mondo è imperfetto, il laico sostiene le proprie convinzioni con forza e determinazione, talora in modo caparbio, proprio perché sa che dalla coerenza discende la ricerca di un mondo migliore. L’adattabilità, la malleabilità morale dei dogmatici fa sembrare arcigni e granitici i laici coerenti. Ugo La Malfa fu, in tal senso, un esempio sommo: una morale ferrea, scevra da ogni moralismo. Ecco, a me pare che ricordarne questa o quella battaglia, questo o quell’aspetto della vita di statista, sia assai riduttivo. In quest’Italia devastata dal moralismo senza morale, in questa politica che non ha tradito, ma più direttamente dimenticato la cultura, la passione, la coerenza, la figura di Ugo La Malfa è ancora, e per me sempre, una guida imprescindibile. Ad un patto, però, che si abbia il suo coraggio del nuovo, della sfida, delle idee che vivono fuori e sopra gli schieramenti, tendendo ad imporsi, e non ad accodarsi. Ugo La Malfa di Widmer Valbonesi
La Malfa appartiene alla cultura europea perché ha sempre pensato
all’Europa politica come alla possibilità di legare la democrazia
italiana alle grandi democrazie industriali, interpreti di una comunità
di valori di democrazia e di progresso civile. Segretario regionale Pri dell’Emilia Romagna Ugo La Malfa e i suoi eredi di Fiorenzo Grollino Le celebrazioni del centenario della nascita
di Ugo La Malfa si sono aperte nel pomeriggio afoso di giovedì
15 maggio, in una Palermo piena di sole, una città quasi ferma
nel tempo, che è sembrata attendere un evento. E l’evento di questo
fine settimana palermitano sono state le celebrazioni di uno dei suoi
figli più illustri, che, per oltre trent’anni, ha dominato la scena
politica italiana ed europea. Ugo La Malfa, grande statista, politico
lungimirante, che negli anni ‘50 prefigurò l’Europa di oggi, un
unico libero grande mercato, abbattendo, da Ministro del commercio con
l’estero, le barriere doganali di una Italia ancora economicamente debole,
lanciandola nell’agone della nuova Europa. "L’opinione" 22 maggio 2003
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