Discorso pronunciato dal segretario nazionale del Pri Francesco Nucara alla celebrazione del centenario della nascita di Ugo La Malfa

Palermo/Palazzo dei Normanni 16 maggio 2003

L’eredità di Ugo La Malfa

Signori e Signore, Autorità,

come potete immaginare, è un onore per me partecipare al ricordo di Ugo La Malfa nel Centenario della sua nascita. Vi parlo in qualità di Segretario Nazionale del Partito di cui La Malfa incarnò in maniera totale lo spirito e la ragion d’essere, ma vi parlo anche come Francesco Nucara, giacché il ricordo del politico La Malfa si fonde nel mio pensiero col ricordo personale dell’uomo La Malfa, in un unico sentimento carico di ammirazione, riconoscenza e fedeltà.

In una lettera a Indro Montanelli del 7 ottobre 1978, La Malfa scriveva: "Sono nato in Sicilia, cioè in una delle terre depresse di quel Mezzogiorno del quale quasi ogni giorno questa democrazia continua a parlare senza pressoché nulla concludere. E di quella depressione ho vissuto da giovane tutti i drammatici aspetti, i sacrifici, le sofferenze, gli sforzi di sopravvivenza che essa comporta. Una condizione che, dal punto di vista intellettuale e morale, prima che materiale, mi avrebbe potuto portare a prendere una posizione politica estrema. Invece scelsi di lottare per la democrazia".

In queste parole trovo racchiusa non solo l’essenza dell'incomparabile personalità politica di Ugo La Malfa, sempre tesa all’interpretazione realistica, prima che ideologica, della situazione a lui contemporanea; ma anche l'onestà intellettuale di un uomo che reagì con estrema intelligenza e con grande forza di carattere all'esperienza di mortificazione che il sottosviluppo ha inflitto a tanti meridionali. Era un siciliano che andava fiero delle proprie origini ma che aborriva ogni pericolosa vocazione mediterranea e terzomondista, poiché convinto che l'unica possibilità di riscatto per l'Italia era guardare al modello delle grandi democrazie occidentali. Un siciliano europeo, possiamo definirlo a ragione, che tanto ha fatto per risollevare il Meridione dalla sua cronica depressione.

Nelle diverse battaglie che impegnarono Ugo La Malfa si può individuare una costante che lo rende non solo personaggio politico di raro spessore, ma uno dei pilastri fondanti della storia del nostro paese: in ogni momento e in ogni fase del suo percorso politico, egli aveva ben presenti gli interessi dell’Italia e la necessità della sua partecipazione al processo di integrazione europea e della sua collocazione a pieno titolo tra le democrazie occidentali. Straordinariamente adattabili alla realtà attuale del Partito Repubblicano sono le parole che La Malfa pronunciò al XXXIII Congresso Nazionale, nel giugno del 1978: "C’è stato un filo invisibile, un modo di vedere i problemi di fondo della nostra società, di capire che cosa bisogna fare quando una crisi è arrivata dove è arrivata la crisi italiana. È chiaro che bisogna fare un grande appello, direi al patriottismo di tutti i partiti, al senso di devozione alla ragione suprema del Paese. Perché, amici repubblicani, non abbiamo proposto uno schieramento a prescindere dai contenuti che vogliamo dare a una politica. Sempre ci è stata presente la sorte del Paese, non il PCI e il Partito Socialista o il PRI, ma le forze politiche che devono dedicarsi a salvare il Paese".

Questa è la grande consegna che Ugo La Malfa ci ha affidato, e che noi intendiamo portare avanti con coerenza e tenacia. E in questa consegna risulta evidente il prezioso esempio di un politico ricco di profondi ideali ma allo stesso tempo sempre pronto a sperimentare, a non accontentarsi dei risultati ottenuti, perseguendo con sana curiosità e con orgoglio, una concezione della politica come sistema aperto, spinto da un moto perpetuo, alla ricerca continua di equilibri validi e adeguati alle esigenze materiali del proprio paese.

Cercare di immaginare quale sarebbe stata l'opinione di Ugo La Malfa riguardo ad alcune delle questioni che hanno impegnato il dibattito politico dei tempi più recenti è inevitabile, poiché stiamo parlando di un grande maestro di politica sempre presente nei nostri pensieri, e, se da un lato si potrebbe giudicare come mera speculazione, ci accorgiamo che si tratta di un esercizio tutt'affatto sterile, coma la polemica sull'infruttuosa dicotomia pacifismo/americanismo.

Il suo laicismo intenso e ragionato lo distingueva anche nel suo atteggiamento rispetto alla nobile tradizione di cui il Partito Repubblicano pur rappresentava il proseguimento, e che veniva spesso ritenuta una delle ragioni che permettevano al PRI di avere voce in capitolo all'interno della scena politica italiana, nonostante le dimensioni assai modeste rispetto a quelle dei partiti di massa.

A ventiquattro anni di distanza dalla sua scomparsa, nel rileggere gli scritti e nel ricordare il pensiero politico di Ugo La Malfa, notiamo l’incredibile attualità di molte sue considerazioni e possiamo affermare con certezza che tutti i suoi insegnamenti mantengono intatta la loro forza, quella forza che ha consentito al Partito Repubblicano, che di Ugo La Malfa custodisce l’eredità politica e morale, di sopravvivere a sconvolgimenti epocali come quelli che hanno segnato la scena italiana nell’ultimo ventennio.

Molti degli obiettivi per i quali La Malfa si è battuto, a volte in solitudine, ma senza mai perdere la grinta e la determinazione che facevano di lui un vero paladino di cause giuste ed essenziali al miglioramento sociale ed economico dell’Italia, si confermano tutt’oggi validi. L’antico sogno repubblicano di un’Italia integrata in un sistema europeo organico si sta lentamente realizzando. Altre, tra le battaglie lamalfiane, sono ancora da portare a termine, nonostante sia passato tanto tempo: pensiamo al progetto di uno sviluppo omogeneo e diffuso, al problema della piena occupazione, alla maturazione di una società profondamente laica e al risultato cui tutti questi traguardi avrebbero portato, ovvero il sogno ultimo di Ugo La Malfa: la costruzione di una democrazia che abbia davvero tutte le caratteristiche per esser degna di essere definita tale.

Quando vidi per la prima volta Ugo La Malfa avevo ventitrè anni, mi folgorò la sua fermezza, la sua convinzione nella battaglia repubblicana. Fu in occasione di un dibattito al teatro Eliseo di Roma, con Riccardo Lombardi, Guido Calogero e altri. Ricordo l'asciuttezza, la linearità e l'estrema comprensibilità del suo linguaggio, un linguaggio che aderiva completamente ai contenuti che enunciava, che non lasciava spazio alcuno alle divagazioni demagogiche o ai vizi della retorica politica.

Due sono i principali motivi che mi hanno unito e mi uniscono tuttora a lui. Da un lato le comuni radici meridionali, con il bagaglio culturale e d’esperienza che esse comportano (e anche per questo sono particolarmente felice che questa celebrazione avvenga a Palermo, città natale di La Malfa e città rappresentativa, suo malgrado, di un Mezzogiorno ancora gravato da problemi di sviluppo).

Dall’altro lato, mi unisce a Ugo La Malfa la ferma convinzione che il pragmatismo e la concretezza d’azione siano l’unica soluzione per migliorare lo stato delle cose nel nostro paese. Lontano dagli ideologismi e dall’ottusità di aprioristiche prese di posizione, il pensiero e l’azione – questo è uno dei grandi insegnamenti che Ugo La Malfa ci ha lasciato – devono procedere di pari passo, legati da una salda coerenza, senza mai perdere di vista gli obiettivi concreti delle battaglie che si intraprendono.