Intervista a Daniele Capezzone/I riformisti dei due schieramenti ritrovino le loro affinità

Liberalizzazioni: direzione giusta, guida discutibile

di Riccardo Bruno

Quando Luca Ricolfi, a proposito dei vertici istituzionali del nostro Paese, descriveva un'Italia che di questo passo avrà una classe dirigente di quarantenni intorno al 2090, dimenticava l'unico segretario di partito ancora nei trent'anni: il radicale Daniele Capezzone.

Un fulmine di guerra. Capezzone è di una famiglia romana di tradizione liberale. Uno che a diciott'anni, correva l'anno 1990, appiccicato alla radio di casa scopre Radio Radicale: è questo etereo strumento a richiamare valori a lui cari come l'atlantismo, il mercato, i diritti civili, che il giovanissimo Capezzone aveva respirato nelle mura domestiche. Iniziano nove anni di militanza radicale a ventre piatto e poi la svolta, il primo gennaio del '98, quando ormai il nostro, ben preparato, si presenta ad una manifestazione, disponibile a "dare una mano". Marco Pannella se la tiene stretta. Tre anni e sarà segretario dei Radicali Italiani. Altri cinque ed eccolo parlamentare della Rosa nel Pugno, presidente della Commissione Attività Produttive, uno che ha tanto lavoro da fare che manco va in vacanza. Rintanato nella sede, piuttosto spartana, a dire la verità, dei Radicali Italiani di via Torre Argentina, sembrerebbe, dal colorito della pelle, che vi abbia passato anche il Ferragosto.

Onorevole Capezzone, sarà mica un calvinista?

Per la verità ho avuto un'educazione cattolica, con tanto di scuole dai preti. Il problema è che vi sono uscito con il massimo dei voti ed il minimo della fede.

Certo è che sui giornali, questa estate, sembrava perfino rimproverare ai politici il farsi le vacanze.

Non era mia intenzione. Anzi il mio auspicio è che ciascuno si senta in pace ed appagato come meglio crede.

E' che a lei piace lavorare (facciamo presente che alla sua scrivania dello studio dà un'intervista a noi, una quotidiana alla radio in contemporanea, un'altra la conferma per il pomeriggio, il tutto mente lo cerca dalla Cambogia Marco Pannella)…

Si, forse anche troppo.

Vedo che fa aspettare Pannella al telefono, il nostro non si indispone?

Vorrei sfatare questo mito negativo di un Pannella, padre padrone che divora i suoi figli. Insomma, c'è chi fa il vicepresidente del Consiglio, chi il capogruppo di Forza Italia, non so che altro, ma tutti godono di buona salute e ciascuno ha fatto le sue scelte liberamente.

Ci assicura che lei resterà radicale?

Dico proprio di sì. Un'identità politica ben definita di questi tempi è un dono prezioso, bisogna fare bene attenzione prima di rinunciarvi.

Con il che mi ha liquidato l'esperienza della Rosa del Pugno.

Per niente affatto. La Rosa del Pugno è un processo politico importante, che non si può certo ridurre al dialogo fra due forze politiche, ed è un processo aperto che si rivolge ad un'area ben più estesa di quella che noi rappresentiamo. Ma i radicali, la loro tradizione, la loro cultura e le loro battaglie sono una risorsa che intende valorizzare questo progetto e non certo vederlo mortificare.

Ecco, allora, ci dica qualcosa di più sul movimento radicale che ci sembra molto evoluto, fra transnazionalità e partito nazionale.

Il partito transnazionale è guidato da Marco Pannella, è membro consultivo dell'Onu, e questo ci dà una tribuna per difendere i diritti civili delle minoranze oppresse ed il dissenso nelle società che non lo permettono. Abbiamo difeso i ceceni, ad esempio, quelli non violenti, ovviamente, o le popolazioni montagnarde del Vietnam che il regime comunista perseguitò e continua a perseguitare. Putin e Hanoi hanno cercato di espellerci! Ora Marco è in Cambogia per un'altra battaglia in punta di diritto. I Radicali Italiani sono una sezione di questo movimento, impegnati a rappresentarne le prerogative nel nostro Paese e a determinare le scelte di politica interna, a cominciare da quelle elettorali.

Già. Prima con Berlusconi, poi soli, poi contro.

Un riformista, ahimè, si sente spesso a disagio ovunque. Non sono felice della mia attuale compagnia, ma sono felice di non dovermene trovare un'altra.

Ma lei rappresenta anche una svolta nelle politiche radicali? Ad esempio, l'impegno referendario si sembra un po' acquietato con la sua segreteria.

La nostra azione non dimentica certo la battaglia referendaria. Ma vi sono anche le istituzioni, i media, su cui occorre esercitare una pressione e che non si possono trascurare. Diciamo che i radicali hanno almeno tre piani di intervento per la loro politica.

Scotta la sconfitta referendaria?

Scotta di più che qualcuno abbia preso la bocciatura dei referendum per una vittoria, mostrandosi più zelante perfino dei vescovi.

Uno stakanovista come lei dovrebbe essere il sogno di qualsiasi coalizione. Peccato per questo suo difetto di criticare un po' troppo quella a cui appartiene.

Noi abbiamo lanciato una sfida al centrosinistra. Una sfida che è ancora irrisolta per la modernizzazione del Paese. I diritti civili, come è ovvio. Ma anche il sistema economico. Ad esempio, le liberalizzazioni. La direzione di marcia intrapresa è sicuramente quella giusta, piuttosto la mano di chi guida il mezzo è piuttosto discutibile.

Abbiamo visto le sue polemiche sul fronte dei taxi.

Il sindaco di Roma si è assunto una responsabilità grave e negativa nel voler compiere una mediazione, e davvero ho difficoltà a capire perché il governo si sia lasciato surclassare. Il risultato è che non ci sarà una diminuzione delle licenze, mentre ci sarà un aumento delle tariffe.

In compenso Prodi e Padoa - Schioppa hanno messo in riga la Cgil.

Magari! Ha sbagliato Prodi ad andare in una fase delicata della campagna elettorale al congresso di quel sindacato per dirgli che avevano lo stesso programma. Ora Epifani pretende che il presidente del Consiglio mantenga quelle parole dette in una sede così impegnativa. Siamo alla pantomima di D'Alema nel '99, con lui che annuncia le riforme e Cofferati che dice di "no". Vedremo se Prodi saprà evitare che si ripeta anche l'esito della storia, che purtroppo tutti ricordiamo.

Lei che crede?

E' chiaro che il conflitto apertosi mette in difficoltà il ministro dell'Economia. Padoa - Schippa ha un credito personale tale da non poterlo compromettere in un accordo al ribasso, ed infatti ha rilanciato sulla previdenza. I Radicali chiedono di tenere presenti le esigenze di trasformazione ed innovazione del Paese. Certo, che se poi la linea è quella dettata da Epifani, non si va da nessuna parte.

Allora il governo rischia?

Io non credo che il governo possa cadere. Semmai rischia un depotenziamento della sua proposta, un logoramento tale da arrivare esausto alla meta e senza grandi risultati da vantare all'elettorato. Oggi ci sono le condizioni per la ripresa economica e la possibilità di interventi seri, così come all'interno di questa coalizione vi sono le capacità per sostenerli. Vedremo di realizzarli.

Padoa - Schioppa ha parlato di una scalata.

Non è un paragone che mi convince. Io direi che tira un buon vento e che bisogna saperlo sfruttare.

Non è che chiede un sostegno al centrodestra anche lei?

Io credo che i riformatori dei due schieramenti debbano fare un ragionamento diverso. Approfittando del fatto che in Italia non si vota per tre anni - il prossimo appuntamento sono le europee - trovino un impegno comune per non buttare questo tempo e dare un contributo alla modernizzazione del Paese. Anche considerando una prospettiva futura, l'idea di rafforzare concretamente le proprie affinità, non dovrebbe far male.

Ma non ci sono già i Ds a caricarsi sulle loro spalle l'innovazione dell'Italia? Non ha letto Fassino sul "Corriere della Sera"?

Senta, io in questi mesi non ho sentito una sola proposta innovativa da parte dei Ds. E da quindici anni a questa parte non ho visto un passo avanti di quel partito. Sono sempre loro, il Pci, con i suoi pregi ed i suoi difetti, con qualche esponente politico di altre formazioni di passaggio invitato a far parte dell'arredo. In questa coalizione i Ds non hanno una vera e propria connotazione politica, se non il tentativo un po' ridicolo di comporre esigenze diverse, di fare il collante di quello che si scolla.

Faranno bene allora a fare il partito democratico…

Ma se il partito democratico è un dialogo fra apparati, se riguarda chi comanda e chi conta di più all'interno di questo partito, vedo difficile riuscire a raggiungere un obiettivo utile per il centrosinistra. Si rischia di star lì ad affannarsi per un pugno di mosche.

Allora faranno bene a fare il partito di D'Alema.

Francamente sono rimasto basito dalle affermazioni del ministro degli Esteri in questi ultimi giorni, parlo dell'Iran in particolare, e colgo l'occasione per ringraziare la "Voce Repubblicana" del sostegno che mi ha offerto.

D'altra parte fu lei a dire che la politica estera annunciata dal programma dell'Unione era degna più o meno di quella di una organizzazione non governativa di scarsa grandezza.

Cosa vuole. I nostri rapporti con la maggioranza sono quelli che sono ancora oggi. Non abbiamo contribuito all'elaborazione del programma, non ci volevano, non abbiamo fatto insieme la campagna elettorale, i contatti sono intermittenti e sempre più spesso ho l'impressione che Visco e Bersani trattengano la voglia di pigliarmi a schiaffoni, piuttosto che invitarmi a cena a discutere. Ma i Radicali, la Rosa nel Pugno, è una realtà con la quale il centrosinistra si dovrà abituare a fare i conti.