"L'opinione" 10 settembre 2004

Francesco Nucara: "I laici devono stare con i laici"

La seguente intervista al segretario del Pri Francesco Nucara, a cura di Aldo Torchiaro, è stata pubblicata su "l'Opinione" di venerdì 10 settembre 2004.

A due giorni dall'incontro tra gli esponenti del mondo laico, abbiamo chiesto al segretario del Partito Repubblicano Italiano, Francesco Nucara, di analizzare questa fase.

Che bilancio trae dal primo incontro con i partiti laici?

Noi abbiamo da tempo avviato, prima informalmente con Gianni De Michelis e poi con altri, questo processo di aggregazione che speriamo possa giungere a compimento nel modo più assoluto.

La immagina come aggregazione destinata a durare?

Quasi sempre queste iniziative hanno avuto una valenza elettorale. Nascono sotto i migliori auspici ma subito dopo si sciolgono, è già successo recentemente, con Vittorio Sgarbi. La mia tesi è che dobbiamo sapere prima se vogliamo fare un partito destinato a durare o meno. Tutti i nodi più importanti della politica italiana, quelli della politica internazionale e quelli della laicità, vanno chiariti adesso e poi affrontati con le platee congressuali delle nostre formazioni.

Attraverso quale percorso?

Si pone la questione di un programma, di una conferenza programmatico-organizzativa in cui si va a delineare un percorso per una aggregazione. Entreremo più nel dettaglio nei prossimi incontri, e alla fine convocheremo le platee dei nostri partiti.

E conquistare un'area di centro laico.

Esatto. Perché c'è un elettorato che non vuole entrare né a destra né a sinistra. Che ci fa un segnale di crisi che noi non possiamo non cogliere. D'altronde bisogna fare i conti con questo bipolarismo imperfetto che i legislatori ci hanno consegnato nel 1992. Un primo segnale da dare sarebbe quello della revisione di questo sistema elettorale. Non deve essere obbligatorio schierarsi a destra o a sinistra.

Insieme con il nostro giornale…

Siamo già d'accordo anche su questo. L'Opinione è una testata che raccoglie intellettuali laici. Si potrebbe forse fare un paragone con il "Mondo" di Pannunzio, che raccoglieva idee e stimolava il dibattito.

Le priorità del programma?

Penso intanto alla politica estera. I partiti, i movimenti, devono avere una chiara idea della collocazione occidentale del nostro Paese. Siamo alleati degli Stati Uniti e dobbiamo dirlo con orgoglio. Sulla politica economica non dobbiamo illuderci: non bisogna insistere sulla giustizia sociale ma sulla creazione di ricchezza. Il divario Nord-Sud va ridotto. Poi ci vuole una politica di riforma per una giustizia giusta: lo Stato, che rappresenta il pubblico, deve essere messo alla pari con il privato, quando quest'ultimo si difende. Le condanne in Italia arrivano troppo spesso sulla base del libero convincimento del giudice. Siamo gli unici nel mondo.

Lei si definisce proporzionalista.

Questo è un Paese che tutela tutte le minoranze tranne quelle politiche. Fosse per noi, si dovrebbe dare sostanza al nascente comitato referendario di Signorile, io sono proporzionalista al cento per cento. Ma dobbiamo tenere conto di quanto dicono gli altri. Noi dobbiamo avere un sistema di garanzie, non un sistema penalizzante per le singole posizioni. Mentre in Italia, da qualche tempo, abbiamo una continua trasmigrazione di deputati da una parte all'altra. Tutti sono eletti con i voti del resto della coalizione, e questo snatura tutti i soggetti politici. D'altronde tutte le leggi italiane sembrano spesso poco pensate, non si elaborano che sulla base delle convenienze del momento.

Con quali prospettive?

Guardiamo ad altri movimenti, al partito radicale, a tutti i liberaldemocratici. Noi dobbiamo arrivare con questo sistema elettorale su un budget di partenza del 6 %, che può arrivare al 4 %.

Che cosa, nel messaggio repubblicano, è oggi attuale?

Con grande orgoglio, portiamo la tradizione di un partito risorgimentale che non si è fermato a Mazzini, ma che è andato da Giovanni Conte a Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini. Abbiamo saputo esprimere in ogni momento storico dei personaggi. Dobbiamo dare una casa agli orfani della politica.