"Corriere della Sera" 19 settembre 2004/Il presidente del Pri: la nuova Camera è troppo indipendente, così si mette a rischio l'equilibrio tra governo e Parlamento

La Malfa: un pasticcio fare leggi con il Senato federale

Intervista a Giorgio La Malfa, a cura di Marco Galluzzo, pubblicata sul "Corriere della Sera" del 19 settembre 2004

Non è mai stato d'accordo "perché fosse per me non avrei toccato nulla, avrei lasciato intatta la Costituzione vigente, che rimane eccellente. Purtroppo ha cominciato il centrosinistra, con i cambiamenti, per giunta a colpi di maggioranza". Ma se proprio deve entrare nel merito, Giorgio La Malfa considera "il Senato federale e il nuovo iter di formazione delle leggi una vero pasticcio, che mette a rischio l'equilibrio fra Parlamento e governo". Corollario sulle cause del pasticcio: "In Italia si continua a pensare di cambiare la Costituzione anche per motivi puramente politici, per conseguire alcuni obiettivi".

Cosa salva della riforma?

"Considero migliorativo e di molto la revisione del Titolo V, a parte la parola federale, che non mi piace. Innanzitutto perché si dà più peso all'interesse nazionale, dando al governo e al Parlamento un potere di iniziativa legislativa per tutelare questo interesse. Altro punto molto importante è il principio di sussidiarietà. E poi per fortuna sono riportate alla competenza statale alcune materie molto importanti, dalle reti di trasporto a quelle energetiche. Io limiterei la riforma costituzionale a questi punti, lasciando perdere tutti gli altri aspetti, rinviandoli al più alla prossima legislatura e meditandoli in modo più approfondito".

Su produzione legislativa e Senato lei parla di pasticcio. Perché?

"Con questo Senato, che non ha il vincolo della legge elettorale che elegge il premier, c'è il rischio di fare un misto fra il sistema americano - dove c'è una Camera completamente libera e dialettica rispetto all'esecutivo - e un sistema opposto. In sintesi ci ritroveremmo un sistema con una Camera dei deputati troppo debole, soggetta all'esecutivo e una troppo indipendente, autonoma. Con il rischio di un processo legislativo fra le due Camere che diventa un pasticcio. E con due conseguenze, entrambe negative: un indebolimento complessivo del ruolo del Parlamento e una dialettica fortissima del Senato rispetto al sistema".

È pur vero però che il Senato subisce forti limitazioni.

"Sì, ma scalcerà probabilmente per riottenere alcuni poteri. Credo che ci stiamo inutilmente complicando la vita. Avrebbe un senso se introducessimo un Senato alla tedesca, che rappresenta i consigli regionali. Ma se è elettivo come fa a rappresentare le istanze federali? Tanto valeva abolirlo".

La commissione paritetica chiamata a dirimere eventuali contrasti fra le due Camere: la convince?

"Beh questo sì, mi sembra inevitabile. È una sorta di comitato di conciliazione. C'è anche nel Parlamento europeo, quando è in contrasto con la Commissione o con il Consiglio dei ministri europeo".

Boccia anche il rafforzamento dei poteri del premier?

"Si introduce una forma di governo ibrida, con una designazione del primo ministro dai parte dei cittadini in un sistema che rimane formalmente parlamentare. Un connubio che può diventare ingestibile. Allora sarebbe meglio scegliere il modello americano. Ho paura che ci stiamo allontanando troppo dal modello prevalente in Europa, saldamente parlamentare, in cui il rapporto fra Camere e capo del governo è fiduciario e non si può vincolare il capo dello Stato a una scelta basata solo su una legge elettorale. E poi c'è un legame troppo stretto, che può diventare rischioso, fra capo del governo e maggioranza elettorale. Penso al caso in cui il premier è costretto a dimettersi se ottiene una fiducia che coinvolge anche pezzi di opposizione o se la sua maggioranza si modifica. Pongo solo una domanda. E se avessimo nuovamente bisogno di fare un governo di unità nazionale? Con questa riforma forse non potremmo vararlo".