"L'Indipendente" 9 settembre 2004

Oltre la Cdl: il tempo dei laici

di Giorgio La Malfa

Sono ovviamente del tutto d'accordo con il Direttore de l'Indipendente, secondo il quale l'Italia avrebbe avuto bisogno nel corso del secondo dopoguerra, e tuttora avrebbe bisogno, di un grande partito di ispirazione liberale. Invece, l'intero dopoguerra è stato dominato da due partiti, la DC e il PCI, ambedue ideologicamente estranei al liberalismo, in contrasto fra loro sulla politica estera e su altri temi politici, ma caratterizzati da una visione non troppo diversa dello Stato, del mercato, della solidarietà sociale. L'arresto dello sviluppo economico che oggi caratterizza l'Italia è la conseguenza, di lungo periodo, del prevalere di queste impostazioni.

In quello scenario, che ha resistito per cinquanta anni, non si può dire che le forze di ispirazione liberale – i repubblicani, i liberali ed i radicali – non abbiano fatto la loro parte: pur partendo da un consenso elettorale modesto e pur essendo piuttosto divise nel giudizio sulla situazione politica, esse hanno saputo difendere molte istanze liberali sia nel campo dei diritti civili sia in campo economico e sociale. Ma non fino al punto di riuscire a caratterizzare il paese come una democrazia liberale piena.

L'Indipendente vorrebbe che oggi nascesse quel partito liberale di massa che nel secondo dopoguerra fu impossibile realizzare e vorrebbe farlo mettendo insieme le forze liberali che tali si sono sempre mantenute- i repubblicani e i radicali in particolare – con Forza Italia, Alleanza Nazionale ed altro. Il disegno è generoso ma esso, a me, appare irrealizzabile come tale. Forza Italia e An si dichiarano eredi del cattolicesimo sociale. Questo spiega tra l'altro il loro scontro con l'UDC che vorrebbe in un certo senso eleggersi come unico successore di quella tradizione. Del resto, il fatto che a sinistra vi siano partiti che di quella cultura italiana dominante sono i diretti discendenti spaventa chi a destra volesse creare un grande partito liberale: se l'Italia si è riconosciuta per 50 anni in forze politiche di ispirazione cattolica o socialista, una forza o uno schieramento che prescindesse del tutto da questa tradizione rischierebbe di relegarsi in una posizione minoritaria. Per questo non nascerà un partito liberale di massa.

E' così grave? Non necessariamente, se i liberali accettano di svolgere la loro battaglia da posizioni di minoranza, come del resto avviene nella gran parte dei paesi europei. Solo gli Stati Uniti, dove non si è mai sviluppato un partito socialista, vedono un confronto fra grandi partiti, ambedue di ispirazione liberale. In Europa, esistono e continueranno ad esistere grandi partiti di massa cattolici e socialisti e partiti di minoranza di ispirazione liberale.

Ma la differenza fra l'Italia e ciò che avviene nella maggior parte dei paesi europei è che altrove cattolici e socialisti sono partiti fra loro concorrenti che caratterizzano in termini alternativi il confronto politico ed elettorale. In quei paesi il ruolo dei partiti di ispirazione liberale diviene spesso determinante. In Italia invece il rischio è che a sinistra (ma anche a destra) si sommino partiti di ispirazione cattolica e socialista e che questo non renda necessaria elettoralmente e dunque superflua politicamente la componente liberale.

Bisogna sperare che la politica italiana si ridisegni lungo linee europee con un partito di ispirazione cristiana da un lato ed uno di ispirazione socialista dall'altro. Se e quando ciò avverrà, allora vi sarà uno spazio ed un ruolo chiaro per le forze di ispirazione liberale. Queste hanno e avranno una funzione importante, ma sono e resteranno forze di minoranza. E' una sorte amara? No, per chi come me ritiene che i grandi sistemi democratici progrediscano per il lievito delle idee e che le idee sono, in genere, un patrimonio delle minoranze.