Procreazione assistita/Intervento di Antonio Del Pennino

Riproduciamo un estratto dal resoconto dell'intervento del senatore Antonio Del Pennino (seduta antimeridiana del 24 settembre 2003) sulla discussione al Senato sul disegno di legge "Norme in materia di procreazione medicalmente assitita".

Signor Presidente, colleghi senatori, il tema che è al centro di questo disegno di legge pone a ognuno di noi problemi di coscienza, di carattere morale, di carattere scientifico, di carattere giuridico, che nella coscienza di ognuno di noi trovano differenti risposte che superano le logiche degli schieramenti politici tradizionali, se è vero come è vero che su questo tema un liberaldemocratico come me ha posizione analoghe a quelle di uno spartachista erede di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht come il senatore Malabarba e se l'ultimo epigono di De Maistre, il senatore Pedrizzi, identifica la sua posizione con quella dei colleghi della sinistra cattolica che fanno parte del Gruppo della Margherita e che in altri casi egli definirebbe cattocomunisti.

Proprio per questo motivo, proprio perché non è materia che risponde a logiche di partito o di schieramento, occorre fare uno sforzo per trovare un punto di sintesi e nessuno può cercare di imporre in modo assoluto i propri convincimenti, ma va ricercato quell'equilibrio su cui si possa realizzare un comune sentire attraverso uno sforzo di reciproca comprensione. È quello che abbiamo cercato di fare in Commissione attraverso un approfondimento, sia nella discussione generale sia nell'esame degli emendamenti, ma purtroppo senza successo, perché la maggioranza (che, lo ricordo, non è la maggioranza di Governo ma una trasversale maggioranza) ha opposto ad ogni richiesta di cambiamento, anche la più ragionevole, anche la più moderata, il principio del ne varietur rispetto al testo che ci era stato trasmesso dalla Camera, rifiutando anche quegli emendamenti che non toccavano questioni di principio, ma cercavano semplicemente di correggere incongruenze, contraddizioni, errori legislativi contenuti nel testo e che, se rimanessero, potrebbero indurre domani un commentatore un po' maligno ad affermare che più che a esperti legislatori questo testo appartiene a badilanti del diritto.,

Ecco perché, colleghi, dobbiamo cercare di individuare i punti reali attraverso i quali superare le contraddizioni contenute in questo testo e credo che occorra partire proprio dal tema che vede maggiormente distanti le posizioni fra chi sostiene questa legge e chi a questa legge si oppone, vale a dire quello relativo ai diritti, al ruolo, alla concezione dell'embrione e del concepito. So benissimo che su questo terreno vi sono impostazioni assai diverse; vi sono sul piano scientifico, culturale e filosofico. Tuttavia l'elemento che di questo disegno di legge, secondo il mio modesto punto di vista, non si può accettare è che dall'affermazione dei diritti del concepito, contenuta nell'articolo 1, si facciano poi discendere una serie di norme che finiscono con il sacrificare altri valori costituzionalmente garantiti, contraddicendo anche le pronunce della Corte costituzionale in materia.

In questo testo, infatti, abbiamo un problema di conflitto tra i diritti del concepito e i diritti alla salute della donna e abbiamo altresì un conflitto tra i diritti del concepito e il diritto alla libertà di ricerca, che pure è un valore costituzionalmente garantito. Pertanto non si può, come avviene invece nel testo trasmessoci dalla Camera e che la Commissione ha licenziato, far discendere da quell'incipit, contenuto nell'articolo 1, una prevalenza assoluta dei diritti del concepito rispetto agli altri valori costituzionalmente garantiti. Faccio alcuni esempi nei quali il conflitto si realizza; esempi nei quali vengono sacrificati il diritto alla salute della donna e il diritto alla libertà di ricerca che, obiettivamente, rappresentano anche - e lo vedremo nel corso della discussione sulle pregiudiziali - un punto di incostituzionalità di questo testo legislativo.

Desidero poi sottolineare come, nel testo in esame, vi è una norma in cui si prevede che una volta intervenuta la fecondazione dell'ovulo, vale a dire dopo che si è formato l'embrione, la donna che ha dato il suo consenso alla procedura di fecondazione assistita non possa più revocarlo. Si dovrà quindi procedere ad un trattamento sanitario coatto, ossia al trasferimento dell'embrione nell'utero della donna anche se quest'ultima ha modificato la sua opinione avendo accertato che quell'embrione presenta una malformazione. La legge, infatti, prevede che ella non abbia più la possibilità di revocare il suo consenso.

Siamo quindi in presenza di un trattamento sanitario coatto che viola l'articolo 32 della Costituzione. Questo perché fra la tutela del diritto alla salute della donna e la tutela dei diritti del concepito, cioè dell'embrione, vi è un'assoluta prevalenza e non un bilanciamento fra i due interessi, contraddicendo anche la pronuncia che la Corte costituzionale aveva sancito nella famosa sentenza n. 27 del 1975, in cui aveva affermato che la tutela del concepito ha fondamento costituzionale.

L'articolo 31, comma secondo, della Costituzione impone espressamente la protezione della maternità e, più in generale, l'articolo 2 riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo fra i quali non può non collocarsi, sia pure con le particolari caratteristiche sue proprie, la condizione giuridica del concepito.

Tuttavia, questa premessa va accompagnata dall'ulteriore considerazione che l'interesse costituzionalmente protetto relativo al concepito può venire in collisione con altri beni che godono pur essi di tutela costituzionale e che di conseguenza la legge non può dare al primo una prevalenza totale e assoluta negando ai secondi adeguata protezione.

Per concludere, la discriminante dell'articolo 54 del codice penale si fonda sul presupposto di un'equivalenza del bene offeso dal fatto dell'autore rispetto all'altro bene che con il fatto stesso si vuole salvare.

Ora - dice la Corte e quella Corte era presieduta da un autorevole giurista cattolico, il professor Bonifacio - non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare.

Con questa legge, con l'impossibilità di revoca del consenso dopo la fecondazione dell'ovulo da parte della donna introduciamo una norma che realizza non un bilanciamento tra i due interessi costituzionalmente protetti, ma sacrifica in modo chiaro e preciso i diritti alla salute della donna rispetto ai diritti del concepito. (…)