La Malfa sulla Finanziaria: assenti crescita e risanamento

Intervento alla Camera di Giorgio La Malfa nella discussione di mercoledì 4 settembre sulla nota di aggiornamento al documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011.

Signor ministro Padoa Schioppa, signori del Governo, il problema centrale davanti al quale voi vi trovate nel giustificare la manovra e l'impostazione, ed al quale non potete fornire una risposta - non l'avete fornita nel DPEF, non la fornite nella nota di aggiornamento - si chiama crescita. Non so se voi riuscirete a realizzare, con quelle enormi quantità di imposte, un'equità sociale, come dice la CGIL. Questo non lo so ed ho qualche dubbio che sarà così. Può darsi che ci siano al suo interno delle misure di equità sociale, tuttavia quello che non c'è, sia nel DPEF sia più in generale nella politica economica di questo Governo, è la crescita. Come risulta dai dati, voi prevedete al termine di questi cinque anni del vostro Governo - che forse non saranno cinque, e personalmente mi auguro proprio che non lo siano! - di arrivare ad una crescita straordinaria in termini reali dell'1,7 (nel 2011). Voi dite che la crescita programmata è l'1,7 per cento: cioè un paese che non cresce!

Il ministro Padoa Schioppa ieri ha affermato che è dalla metà degli anni novanta che l'Italia è stagnante. Se questo Governo seguirà la politica che vuole adottare con il DPEF, questa stagnazione si prolungherà da dieci anni, com'è stata, a quindici anni! Voi avete programmato la stagnazione dell'economia italiana! Ed è giusta l'osservazione che vi ha rivolto ieri l'onorevole Martino: è chiaro che una politica di pressione fiscale, che è enorme in questa vostra legge, non può che uccidere l'economia italiana. E non parlo delle questioni redistributive. A parte il fatto che considero odiosa l'affermazione del ministro Padoa Schioppa, secondo cui gli evasori mettono le mani nelle tasche dello Stato! Questo rivela infatti una concezione molto curiosa, cioè che i redditi sono dello Stato e che lo Stato generosamente concede ai cittadini di tenersi in tasca una parte di quei redditi. È un brutto segno quello di considerare che lo Stato sia titolare del reddito di una società libera. È il contrario, onorevoli colleghi. I cittadini producono il reddito e lo Stato, se fa delle cose utili, può chiedere ai cittadini di contribuire, per fronteggiarne la spesa. Questo è l'atteggiamento corretto che va tenuto.

Tuttavia, indipendentemente da questo, il vostro problema è capire da dove viene la crescita. E come può venire la crescita in un sistema che voi volete strangolare attraverso l'imposizione? Non è il problema dei due tempi, dove c'è prima il risanamento da affrontare. Il risanamento per la verità c'è già stato, perché l'ultima finanziaria ha determinato un risanamento. Al riguardo, sentivo il collega Ventura dire: è migliorato questo, è migliorato quello. Ciò vuol dire che la "finanziaria elettorale" del Governo Berlusconi era una finanziaria seria, se oggi le cose vanno. Quindi cerchiamo di togliere di mezzo tutta questa polemica retrospettiva!

Il problema per il futuro, che voi non avete affrontato e che peraltro non siete in grado di affrontare, perché avete una coalizione in cui forti sono le idee di redistribuire, redistribuire, redistribuire, è quello della crescita. La redistribuzione non è la base della crescita! La crescita non viene dalla redistribuzione. La crescita non viene dalle tasse, bensì dalla loro diminuzione! Viene dalla diminuzione del ruolo dello Stato e non da un suo aumento! Se l'Italia vuole riprendere il cammino della crescita, deve andare in direzione esattamente opposta, onorevoli colleghi, a quella verso la quale il Governo ci vuole portare, che vede l'espansione dello Stato e l'aumento del prelievo fiscale. Bisogna andare esattamente nella direzione opposta: nella direzione di uno Stato più magro, che faccia meno cose, ma le faccia bene; di uno Stato che attenui la pressione fiscale. Questa è la via della crescita e voi, onorevoli colleghi della maggioranza, non la potete seguire, poiché consegnerete - lo state confermando con i vostri dati: mi riferisco a quel misero 1,7 per cento del 2011 - cinque anni di depressione all'Italia. A quel punto, le previsioni così negative di The Economist, nel quale si sostiene che l'Italia non ce la farà e dovrà uscire dall'euro, diventeranno realtà. La vostra impostazione mette in pericolo financo la presenza italiana nell'euro. Ecco perché la vostra impostazione è sbagliata e vi è da augurarsi una svolta politica che ci consenta di impostare seriamente i problemi italiani.