La Malfa: con Lisbona l'Italia può ripetere il miracolo anni '50 Intervista a Giorgio La Malfa, pubblicata sul "Corriere della Sera" del 23 ottobre 2005, a cura di Enrico Marro. Il piano di Lisbona per far "rinascere il miracolo economico degli anni Cinquanta". Tassello centrale di un programma per la prossima legislatura all'insegna delle liberalizzazioni, che solo il centrodestra potrebbe realizzare perché, "se vince il centrosinistra, il piano di Lisbona farà la fine della riforma Biagi". A pochi giorni dal varo a Palazzo Chigi del piano per lo sviluppo economico richiesto a ogni Paese dalla commissione europea, il ministro per le Politiche comunitarie, Giorgio La Malfa, dice che non c'è tempo da perdere: bisogna cominciare ad attuare il programma pluriennale che prevede "13 miliardi di euro di investimenti in tre anni, un aumento, a regime, di un punto del prodotto interno lordo e 200 mila occupati stabili in più". Il ministro segue con attenzione anche l'iter della Finanziaria, dove sono previsti, per il 2006, i primi 3 miliardi per il piano di Lisbona. E, fedele alla linea del rigore, boccia l'eventualità di un recupero della norma che esenta la Chiesa cattolica dal pagamento dell' Ici sugli immobili, compresi quelli a uso commerciale: "Non mi pare che adesso lo Stato se lo possa permettere". Ministro, da dove comincerete ad attuare il piano, che altrimenti rimarrebbe solo un libro dei sogni? "Dalle liberalizzazioni del mercato dell'energia, delle telecomunicazioni e dei servizi. Ho intenzione di partire subito proponendo di anticipare al 2006 la liberalizzazione del mercato energetico per le famiglie. Si tratta insomma di creare un ambiente economico favorevole a riprodurre il miracolo economico degli anni Cinquanta". Lei si batte per un ruolo di primo piano dell'Italia in Europa, ma nell'intervista che il Corriere ha pubblicato ieri con Tony Blair, il premier inglese dice che non si va avanti in Europa se non c'è intesa tra Regno Unito, Francia e Germania, lasciando il nostro Paese in seconda fila. "Posso capire questo discorso da un punto di vista economico, nel senso che l'Italia sconta qui una debolezza strutturale, che non dipende dal governo Berlusconi. Ma sul piano politico, soprattutto della politica estera, Blair non può dimenticare che quando ha avuto bisogno di un alleato in Europa non lo ha certo trovato in Francia e Germania, ma nell'Italia. E anche sulla stessa agenda di Lisbona siamo dalla stessa parte. Non a caso Blair, nell'intervista, dice che sarebbe un errore ostacolare il programma di Lisbona". Lei ha proposto anche l'adozione anticipata in Italia della direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi, ma il ministro dell' Economia, Giulio Tremonti, l' ha fermata. Ci può chiarire com'è andata? "Il primo che deve dare un chiarimento è Prodi, che l'ha fatta approvare quando era presidente della commissione europea mentre ora la sinistra vi ha manifestato contro. Noi la Bolkestein la sosteniamo. E ho notato con piacere che anche il presidente della Confindustria, Luca di Montezemolo, si è espresso per la liberalizzazione dei servizi". Cresce il feeling con gli industriali. "Un governo che sposa con coraggio la strategia di Lisbona non può che trovare il pieno sostegno della Confindustria. E, se posso, mi aspetterei che economisti come Mario Monti, Francesco Giavazzi e Alberto Alesina, che si sono battuti per le liberalizzazioni, dessero atto al governo di quanto fatto". La direttiva Bolkestein, però, non è stata adottata. "In consiglio dei ministri abbiamo convenuto che si aspetterà il completamento dell'iter a Bruxelles. Nessuno di noi vuole che un professionista di un altro Paese possa esercitare in Italia senza i requisiti previsti dalle nostre norme. Ma il tema della liberalizzazione dei servizi va affrontato. Lo stesso Tremonti ha proposto di cominciare dalle tariffe minime dei professionisti". Ministro, lei è sempre stato attento a rigore dei conti e alla laicità dello Stato. Che cosa pensa dell'ipotesi di estendere l'esenzione dell'Ici per la Chiesa cattolica? "In linea di massima direi di no, perché non mi pare che in questo momento lo Stato abbia tutte queste risorse. E poi, se si dovesse fare, si dovrebbe fare per tutti i culti religiosi". |