Seminario giovani repubblicani/Dibattito su finanza, competitività e Unione europea "Una sfida che accettiamo con grande entusiasmo" Seminario Fgr: la giornata di giovedì 23 novembre si apre, dopo una lunga notte di incontri e discussioni, con l'intervento di un nostro grande predecessore, Oscar Giannino. Tutti siamo affascinati dal racconto di cos'era la Federazione Giovanile ai tempi d'oro, delle attività e dei progetti che si portavano avanti, quando anche il partito viveva il periodo di suo massimo splendore. Oggi è tutto così diverso. Oggi dobbiamo costruire, partendo dalle macerie di ciò che è andato distrutto, in un contesto in cui anche la politica difficilmente apre ai giovani e questi, a loro volta, difficilmente si avvicinano con passione ed entusiasmo. Saremmo stati ore ad ascoltare il racconto di ciò che fu e tante sarebbero le domande. Ma il tema della lezione è un altro: il rapporto tra politica e finanza. Giannino mette subito in risalto gli aspetti fondamentali del tema. In questi anni il rapporto tra politica e finanza privata è cambiato, perché è cambiata la qualità del personale politico. I grandi partiti fino al 1992, davano un grosso freno all'intero scenario finanziario ed economico del Paese, tanto è vero che più dell'80% del sistema bancario creditizio del nostro Paese era pubblico. L'estensione della proprietà pubblica era dunque molto più ampia di oggi e le influenze dei partiti erano decisive in ogni scelta strategica ed economica. Giannino sottolinea come il nostro sia un Paese "bancocentrico", dalla vitalità aziendale bassissima. La prima legge bancaria è del 1936, nella quale era contenuto il principio che le banche dovevano tenersi lontane da assumere partecipazioni nelle imprese, per evitare che con il loro potere economico e creditizio influenzassero i poteri decisionali aziendali. Con l'apertura dei mercati nel 1993 fu varata una nuova legge bancaria per conformare l'Italia ai principi di mercato che si andavano affermando sempre di più; la riforma si basava sul modello di banca universale, dove agli istituti di credito era data la possibilità di inserirsi in ogni settore e proprietà aziendali. Questo fenomeno però ha portato a far sì che un'impresa trovi nella banca il suo unico terminale di riferimento. Le banche in Italia oggi controllano la borsa, molte società e cooperative, e circa il 93% delle S.I.M. Dal punto di vista del potere reale il sistema bancocentrico italiano ha sostituito la politica nelle decisioni sulla finanza. Tutti dipendono dalle banche, che per logiche di cartello riescono a decidere chi vive e chi va al crack. Oscar Giannino sottolinea oggi come persone capaci di imporre la propria esperienza tecnica sui partiti, come Guido Rossi, hanno capito che la politica non è una palestra di riferimento. Nessuno dei grandi nomi del diritto societario, commerciale, tributario italiano prenderebbe in considerazione di far politica o di farsi eleggere in Parlamento nella società attuale. Tutti i pochi rimasti, titolari di grandi competenze tecniche, nelle ultime due legislature sono stati "mandati a casa" dai partiti, soprattutto dai partiti della sinistra. Persone che si sono confrontate negli ultimi anni sui grandi temi della contendibilità di impresa del nostro Paese, sono rimasti nell'ombra, e ciò è anche demerito della nuova legge elettorale, con la quale le oligarchie di partito scelgono chi sarà eletto e chi no, accordando la preferenza ai "fedelissimi" di partito piuttosto che inserire persone di grande competenza e che ragionano con la propria testa, e che per questo possono creare instabilità. Effetto immediato è l'impoverimento della qualità della classe politica dirigenziale. Era un appuntamento molto atteso quello con Oscar Giannino e le aspettative non sono state per nulla tradite, tanto che alla fine viene tributato un lungo applauso. Dopo una breve pausa nel corso nella quale tengono banco ancora osservazioni intorno alle parole di Giannino, ci accingiamo ad un'altra lezione molto attesa: quella del prof. Bruno Trezza, il quale, con un linguaggio semplice, chiaro e alle volte colorito ci illustra quelle che sono le problematiche della globalizzazione e il destino del nostro Paese. Considerate il quadro italiano, e lo scenario internazionale: aziende dislocate in numerosi Stati, processi produttivi divisi fra continenti, imprese e consumatori sempre a caccia di nuove idee, migliori opportunità di lavoro, investimenti più interessanti. L'Italia, a questo punto, è fuori moda. Non è difficile rendersene conto. Il mercato è arrivato alla massima apertura internazionale di sempre: superate le dottrine di dazi e tariffe, beni, servizi e lavoratori sono sempre più liberi di valicare frontiere. La logica della convenienza assume quindi una dimensione internazionale: se stabilimenti e lavoratori in Asia sono più convenienti, allora si produce là. Detto questo, sembra che l'Occidente sia condannato a morire di vecchiaia: in altri mercati, fino ad ora considerati ai confini del mondo, si concentrano nuove energie, ed anche soldi. Fortunatamente per noi, Europa e Stati Uniti godono di enormi ricchezze: capitali e conoscenze. Detto questo, sembra che non ci si debba preoccupare più di tanto. Purtroppo per noi, però, siamo italiani. Che lo Stato stia "boccheggiando", ormai tutti lo sanno. A livello di capitali, altri mercati sono estremamente più competitivi, da sempre. L'Italia si "arrangia", e più o meno riesce "a tenere la botta". Ha una classe imprenditoriale fervente, la costellazione di piccole e medie aziende diviene l'ossatura produttiva. Così ci ritagliamo il nostro spazio internazionale. Il problema, ora, è che questo stato di cose non può durare per sempre. Vivere nella seconda grande globalizzazione significa anche vedere evolvere il pensiero davanti agli occhi. Quella di oggi, è infatti "un'economia basata sulla conoscenza". Ed è proprio su questo punto che il nostro Paese sprofonda in un baratro. La risalita è difficile. Significa ridare valore ad una parola che per troppo tempo è rimasta nel buio: ricerca. La stessa conformazione industriale italiana non aiuta. Nelle imprese, non c'è né cultura né possibilità di innovazione. Inoltre, la ricerca di base, cioè l'evoluzione in toto dei sistemi di produzione e lavoro, è pressoché assente sul nostro territorio. Una via d'uscita? Riorganizzare ed incominciare a spendere. Pensare ad un nuovo sistema di ricerca, su base nazionale, che coinvolga istituti tecnici ed atenei, e basato sulla meritocrazia: bestia leggendaria in Italia sconosciuta, ma fondamento delle battaglie repubblicane da sempre. Stimolare la ricerca con fondi pubblici, poiché altrimenti nessuno lo farà. Dare fiducia ai giovani con idee, perché è di idee ciò di cui si ha più bisogno. E abituarsi al lavoro flessibile. Il sogno di un posto di lavoro dove passare una vita ormai non appartiene alla nostra epoca. E' necessario allora rimboccarsi le maniche, spremersi il cervello, viaggiare. L'Italia non può essere cieca spettatrice. Corsi di aggiornamento, e sistemi di comunicazione fra imprese per la mobilità del lavoro sono indispensabili per il mercato di oggi. E di questo se ne può occupare solo lo Stato. Altrimenti, ci aspetta solo una lunga agonia. Molti di noi rimangono sconfortati dal quadro a tinte fosche dipinto dal prof. Trezza. Certo, la realtà è sempre molto diversa da come vorremmo che fosse. Nel pomeriggio, altro atteso appuntamento, è quello con l'on. Giorgio La Malfa, che ci illustra la genesi dell'Europa unita attraverso l'excursus storico e normativo che ha portato all'adozione della moneta unica. La Malfa ha evidenziato come questi fondamentali progressi, frutto in particolare del complesso rapporto tra Germania e Francia, non hanno fugato di certo le molte perplessità sulla futura unità politica dell'Europa. Certo, parafrasando il titolo del libro di Ugo La Malfa ("Senza l'Europa avrete il deserto"), che ci viene distribuito dal figlio con tanto di dedica, siamo sempre più consapevoli che senza l'Europa non avremo un futuro e che oggi occorre ridare slancio alla costruzione dell'Unità europea, anche in seguito alla delusione per la mancata ratifica della Costituzione europea. Gli attuali problemi devono riferirsi non solo ai nuovi equilibri tra gli Stati più importanti, Francia, Germania, Gran Bretagna ed Italia, ma anche al nuovo assetto di Europa a 25, che il prossimo anno subirà un ulteriore allargamento. Insomma, anche l'Europa chiede il nostro impegno per la costruzione di uno spazio di democrazia e libertà e per la realizzazione di un'economia competitiva e dinamica. La presenza di La Malfa stimola in noi giovani alcune domande sul partito e sulle recenti vicende interne. Le dimissioni di inizio estate, le prospettive future, la situazione politica: quale ruolo per il PRI? Riusciremo a rilanciare l'azione del partito? Riusciremo a ricomporre certe fratture del passato che oggi contribuiscono a non farci crescere? Alle tante e pungenti domande La Malfa risponde evidenziando dal proprio punto di vista i motivi della crisi e le prospettive future. Tuttavia due sue risposte ci hanno lasciato un po' perplessi. Alla domanda, "Onorevole, in uno slogan: chi è un repubblicano?", La Malfa ha risposto che l'essere repubblicani indica una natura complessa, dunque poco sintetizzabile in uno slogan. Inoltre, dopo aver risposto sulle difficoltà di un ricongiungimento della diaspora repubblicana, a commento, quasi come battuta, La Malfa ha sostenuto che sicuramente molti ex del PRI tornerebbero se egli rinunciasse al proprio ruolo di leader repubblicano. Sono risposte che riflettono situazioni difficili e vicende complicate del recente passato del nostro partito, di cui noi giovani non siamo del tutto a conoscenza. Il nostro obiettivo è, però, quello di far rinascere il Partito repubblicano, libero da tutte le difficoltà, i contrasti e le incomprensioni che ne hanno animato la vita. Per giungere ad un concreto rilancio in un contesto politico nuovo ci siamo riuniti dopo cena fino a notte fonda in compagnia del Segretario della FGR Giovanni Postorino, che ci ha seguito in questa esperienza di Fiuggi, per discutere del nostro futuro, di come organizzarci per costruire un'azione politica coerente. Il confronto si è prima incentrato sulle linee guida generali, sui valori e sugli ideali repubblicani, a cui i giovani della federazione dovranno attenersi, per poi focalizzarsi, con un dibattito dai toni a volte anche molto aspri, sugli aspetti organizzativi. I problemi organizzativi sono, infatti, tanti, ma siamo sicuri che con l'impegno di ognuno di noi possono essere superati con minore difficoltà. Occorre che tutti diano una mano nelle rispettive realtà. Non vale criticare o dilungarsi sugli insuccessi di questo o di quell'altro, serve solo maggiore impegno e minore spirito polemico. L'obiettivo della riorganizzazione territoriale è dunque il primo nell'agenda dell'attuale dirigenza della FGR. Solo così si potranno diffondere efficacemente gli ideali repubblicani tra i giovani, si potranno combattere le battaglie per la libertà e il progresso civile della nostra società, facendo, conseguentemente, crescere i consensi verso l'Edera. Un mezzo utile a tale divulgazione è il mondo della rete multimediale, ed in merito a ciò Postorino ha illustrato quali e quante problematiche sono sorte, in questi ultimi mesi, per la costruzione del sito nazionale della federazione giovanile, di cui c'è già un dominio visitabile; egli stesso ha però rassicurato di aver dato incarico ad un responsabile che si occuperà entro fine anno di far sì che questo mezzo sia efficiente, operativo e strumento di dialogo comune per tutti coloro che vorranno prendere parte al nostro progetto. Alla fine dell'accesissima discussione è stata pure formulata una vera proposta politica che deve essere l'obiettivo della nostra azione dei prossimi mesi: la costruzione di un gruppo che riesca a far sentire la propria voce all'interno del partito. "Dobbiamo crescere, per il ricambio generazionale tanto declamato dai nostri rappresentanti politici nazionali e per dare loro l'opportunità di ritirarsi dalla ormai stancante vita politica che li ha visti coinvolti in numerose battaglie politiche e sociali. Il nostro partito deve puntare sui giovani e sulle loro idee innovative. Siamo noi il futuro del partito - ha aggiunto il segretario - siamo noi il futuro dell'Italia, siamo noi il nostro futuro". Accettiamo tutti questa sfida con entusiasmo e ci diamo appuntamento ai prossimi incontri anche con il "vecchio" gruppo di giovani che in questi anni ha portato avanti la costruzione della FGR. Con queste parole si è chiusa la quarta giornata, e si è aperta l'ultima indimenticabile notte di Fiuggi: il ricordo delle sensazioni di quelle ore vivrà con intensità indelebile in ognuno di noi. |