Libertà di servizi nella Ue

Muoversi nello spirito originario della Comunità

Articolo pubblicato sul "Riformista" del 25 novembre 2005.

di Giorgio La Malfa

La davano in tanti per spacciata, ma la direttiva servizi ha superato quasi intatta martedì scorso il primo scoglio del suo lungo e complesso iter di approvazione: il voto alla Commissione mercato interno del Parlamento europeo. Favorevoli popolari e liberali, astenuti o contrari i socialisti e il resto della sinistra.

I deputati hanno fatto benissimo a cancellare dal glossario della direttiva il cosiddetto "principio del paese d'origine" che tante polemiche ha suscitato. Adesso si chiama "libertà di prestare servizi" – nel mercato interno europeo. Questa denominazione corrisponde alla lettera a quanto stabilisce il Trattato di Roma: prestare servizi senza incontrare ostacoli è una delle "quattro libertà" fondamentali ben note a chi si occupa di affari comunitari. Così sarà chiaro a tutti che chi si oppone a questa misura sta in realtà mettendo in discussione le finalità prime e fondanti della Comunità.

Al cinema, venti anni fa

Come in tanti affari europei, infatti, il film della direttiva servizi non è che un remake di un altro film già passato sugli schermi vent'anni fa, quando Jacques Delors capì che per rilanciare sia l'economia europea che il processo di integrazione occorreva fare il mercato interno. Allora il problema erano soprattutto le merci. La strada tentata in precedenza per farle circolare di più all'interno della Comunità si era rivelata fallimentare: armonizzare tutte le regole per la loro produzione e commercializzazione era risultato impossibile. L'Europa scelse allora un'altra strada: il cosiddetto riconoscimento reciproco. Il nome è ostico ma il principio è molto semplice: qualunque prodotto legalmente fabbricato e commercializzato in uno Stato membro deve essere ammesso sul mercato di tutti gli Stati membri. Grazie a questa semplice constatazione si è fatto il mercato interno delle merci: i francesi non possono impedire la vendita in Francia di un Cassis fatto altrove, i tedeschi non possono bandire birra prodotta fuori dalla Germania e gli italiani non possono respingere dal proprio mercato il vino francese – magari con la scusa che in Francia è legale aggiungere zucchero e in Italia no.

Prestare servizi ovunque

Il principio del paese d'origine – ora libertà di prestare servizi – afferma con vent'anni di ritardo la stessa cosa. Se per il mio paese sono legalmente un prestatore di servizi – come imbianchino, calzolaio, idraulico, revisore dei conti, consulente d'impresa, agente turistico, avvocato, architetto etc. – allora lo sono, posso prestare questo servizio, in qualunque altro Stato membro della Comunità europea. Come tutte le libertà, anche questa ha dei limiti: ragioni di pubblica sicurezza, di salute pubblica, di protezione ambientale consentono allo Stato dove il servizio viene svolto di sottoporre tutti i prestatori al rispetto di certe regole specifiche. Ma al di là di questo c'è appunto libertà di prestare servizi in tutto il mercato interno.

Nel remake come nel film originale, chi si oppone a questa libertà sostiene invece che bisogna intraprendere la strada dell'armonizzazione: fare una caterva di direttive, invece di una soltanto, che in tempi biblici definiscano per filo e per segno cosa fanno e cosa sono imbianchini, calzolai, idraulici, revisori dei conti, consulenti d'impresa, agenti turistici, avvocati, architetti etc. in tutta la Comunità. Commenta Delors nelle sue "Memorie": "Un approccio completamente irrealistico! Se lo avessimo seguito non avremmo ancora nemmeno cominciato."

Emendamenti: pro e contro

Il voto di martedì scorso alla Commissione del Parlamento europeo ha introdotto vari altri emendamenti alla proposta originaria della Commissione nota come direttiva Bolkestein. Alcuni, a mio parere, la migliorano, altri no. Ma non entro nel dettaglio altrimenti non basta tutto il giornale per un argomento che oltretutto, come quasi sempre con le cose comunitarie, non è certamente tra i più sexy. L'importante, lo ripeto, è aver riaffermato questo semplice principio tratto dal Trattato istitutivo: libertà di prestare servizi. Spero vivamente che il passaggio in aula, previsto per gennaio-febbraio lo lasci intatto.

Ma perché è così importante realizzare il mercato interno dei servizi? La risposta è semplice. I servizi rappresentano ormai il 70% dell'economia in termini di prodotto e occupazione – ma solo il 20% degli scambi intra-Ue. Un mercato interno che riguarda solo il 30% dell'economia europea non è un vero mercato interno. I servizi sono una parte crescente della spesa di famiglie e imprese. Il fatto che la loro offerta sia segmentata secondo mercati nazionali – o addirittura locali – soffoca la concorrenza e crea rendite, che i consumatori pagano con un'erosione del proprio potere d'acquisto. Aumentare il grado di concorrenza nei servizi significa dunque contrastare l'inflazione – senza gli effetti negativi sulla crescita che avrà l'aumento del tasso d'interesse che la Bce si appresta a varare. Rompere le barriere all'ampliamento dell'offerta nel settore dei servizi significa creare occupazione: il 96% di tutti i nuovi posti di lavoro in Europa tra il 1997 e il 2002 erano nei servizi. È solo in questo settore che si può creare lavoro.

La misura più importante

Per tutte queste ragioni non deve stupire se la direttiva servizi è la misura più importante tra quelle richieste a Lisbona nel marzo 2000 dai capi di stato e di governo, quando si posero l'obiettivo di fare dell'Europa entro il 2010 l'area economica più dinamica del mondo. E vale la pena di osservare che l'approvazione della direttiva servizi figura al primo posto tra le riforme proposte nel Piano per l'Innovazione, la Crescita e l'Occupazione (Pico) predisposto dal governo italiano in attuazione della strategia di Lisbona. Mario Monti ne ha ricordato l'importanza ieri alla presentazione del rapporto dell'Economist sull'Italia.

In conclusione, le riforme strutturali di cui l'economia italiana e quella europea hanno disperato bisogno, non possono prescindere dall'apertura del mercato dei servizi. È questo, secondo me, il vero banco di prova di politica economica dei due schieramenti che si affronteranno alle elezioni della prossima primavera. E a giudicare dal voto di ieri la sinistra ha già fallito questa prova.