La Malfa a "La Stampa" e "Il Tempo"/Tasse, la paralisi del presidente del Consiglio

Dal rimpasto capiremo il nostro futuro con la CdL

Intervista a Giorgio La Malfa, a cura di Augusto Minzolini, pubblicata su "La Stampa" del 18 novembre 2004.

"Vede, un premier quando è in difficoltà, specie se ha una convalida popolare come quella di Berlusconi, ha davanti a sé una via maestra: mettere gli alleati di fronte alle loro responsabilità. Li pone di fronte alla scelta di seguire la sua impostazione o di trovarsi qualcun altro". Giorgio La Malfa, presidente commissione Finanze e anima del Pri, rimarca questo concetto mentre nei palazzi della politica romana si svolge un altro braccio di ferro dentro la maggioranza di centro-destra tra Berlusconi che vuole ridurre l'Irpef già dal 2005 e Gianfranco Fini che è contrario.

Ma lei è d'accordo sulla riduzione dell'Irpef già dal 2005?

"Nel governo c'è il caos. Guardi noi abbiamo appoggiato Berlusconi essenzialmente perché prometteva di voler rilanciare la nostra economia attraverso un grande sforzo per sostenerla. Dopo tre anni io non capisco più la politica del governo".

Anche lei è scontento perché non ha abbassato le tasse?

"Sono stato l'unico esponente della maggioranza ad aver dichiarato che se il premier per ridare fiato all'economia italiana riteneva necessaria una riduzione consistente delle imposte dirette noi eravamo d'accordo e che i nostri partner europei avrebbero accettato anche un disavanzo superiore al tre per cento se questo avesse avuto come obbiettivo quello di dare respiro alla nostra economia. Poi Siniscalco ha convinto il premier a rinunciare a questa impostazione a causa del forte debito pubblico. A quel punto non ho capito più niente: si è trasformata una manovra di sostegno della domanda, in una manovra per l'equità riducendo un po' le tasse a questo, dando qualcosa alle famiglie e così via. La strada scelta non serve per uscire dalla stagnazione perché i soldi vanno concentrati o per sostenere la domanda con la riduzione dell'Irpef, o per sostenere la competitività con la riduzione dell'Irap. Se spezzettiamo quel poco che c'è non avremo niente".

Quindi Berlusconi ha sbagliato ad assecondare Siniscalco?

"Dopo Tremonti, Berlusconi avrebbe dovuto mantenere l'interim dell'Economia. Non ho capito come si possa pensare di mettere un tecnico a capo del ministero dell'Economia che è un ministero eminentemente politico".

A questo punto non si ha neppure un quadro esatto delle risorse disponibili. E non c'è neppure un ministro del Bilancio…

"E' stato uno sbaglio abolire il ministero del Bilancio. Al massimo si poteva accorpare Tesoro e Finanze. Ed è stato un errore ancora più grave eliminare il ministero del Mezzogiorno. Lo dico dal 2001 a Berlusconi: la politica per il Mezzogiorno deve avere un centro politico. Non per nulla oggi giustamente Ciampi lancia l'allarme che non c'è una politica per il Mezzogiorno".

Se ho ben capito questa maggioranza le piace sempre meno?

"Esatto. L'ultima cosa che ci tiene in questa maggioranza è la politica estera in cui il governo ha fatto bene. Anche se ci stiamo avvicinando a grandi passi ad un giudizio complessivamente diverso".

Cioè?

"E' stato lo stesso Berlusconi a dire che la nuova compagine di governo definirà essenzialmente i confini della coalizione. Noi repubblicani terremo conto del concetto espresso dal premier: quando sarà annunciata la nuova compagine dei ministri sapremo se facciamo parte di questa coalizione, oppure no. E ne trarremo le conseguenze".

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Di seguito riproduciamo l'intervista a Giorgio La Malfa apparsa su "Il Tempo" del 18 novembre 2004 (a cura di Paolo Zappitelli).

Uno stato di attesa. Dal quale però potrebbe anche scaturire qualche altro dispiacere per Berlusconi. È la sensazione che si ha parlando con il presidente del Partito repubblicano Giorgio La Malfa nel suo ufficio alla Camera. Attesa per quello che Berlusconi riuscirà a fare con la Finanziaria, ma anche attesa per il rimpasto nella squadra di governo. E sul secondo punto La Malfa lancia un segnale ben preciso: "Berlusconi ieri ha detto che c'è il via libera per rappresentare tutta la coalizione nel Governo. Dalla lista dei nuovi ministri sapremo se facciamo ancora parte di questa maggioranza oppure no".

Visto che le trattative sono in corso in queste ore dovreste già sapere qualcosa.

"No, nessuno ci ha chiamato. Certo sarebbe strano apprenderlo dal televideo".

Quali sono le vostre richieste? Vi accontentereste di un sottosegretario?

"Guardi un sottosegretario lo abbiamo già..."

Allora un ministero?

"Nel partito repubblicano abbiamo già tutti un lavoro. Non è questo il problema. Noi vogliamo sapere se facciamo ancora parte di questa coalizione. Ripeto, lo ha detto Berlusconi e noi aspettiamo di sapere".

E se per voi non ci fosse posto nella squadra del Governo?

"Ne prenderemmo atto, con tutte le ovvie conseguenze".

E cioè?

"Per un fatto di lealtà non lasceremmo la Casa delle Libertà per andarcene da un'altra parte. Almeno fino al termine di questa legislatura. Poi si vedrà. Dovranno dirci se hanno bisogno di noi oppure no. Ma le decisioni verranno prese nel congresso che faremo a febbraio".

Tra le ipotesi c'è anche la possibilità di un appoggio esterno al governo?

"Non lo so. Magari potremmo decidere di non partecipare più ai vertici di maggioranza. Politicamente sarebbe un segnale più forte".

In ballo non c'è solo il problema del rimpasto. C'è anche tutta la partita del taglio delle tasse. Berlusconi ha ribadito che vuole ridurre da subito la pressione fiscale sui cittadini, Siniscalco ripete che più di quello che è stato previsto non si può fare. Voi da che parte state?

"Berlusconi sa che una delle ragioni per cui noi siamo entrati a far parte della sua coalizione di governo è stata la politica economica che si basava su un rilancio. Se però questa dovesse perdere i suoi connotati e diventare invisibile potrebbe anche venire meno la nostra adesione alla Casa delle Libertà".

Siete d'accordo a tagliare subito l'Irap oppure preferite intervenire, come dice Berlusconi, sull'Irpef?

"La riduzione delle imposte ha un senso se si fa "in deficit", cioè sforando il tetto del 3 per cento, perché allora ha un aspetto propulsivo. Se si fa una manovra "compensativa" ha uno scarsissimo effetto sulla ripresa. Però indubbiamente ha un impatto di equità sociale molto forte. Ma c'è un'altra considerazione da fare: bisogna fare attenzione a non utilizzare i fondi per il Mezzogiorno per tagliare l'Irap. Quello del Sud è un problema enorme che noi avevamo posto come punto centrale del programma di governo. E sei mesi fa abbiamo anche presentato un disegno di legge che prevede proprio di rifare il ministero del mezzogiorno".

Magari affidandolo a un repubblicano.

"Questo non lo so. Ma anche se fosse un altro, Miccichè come si dice da più parti, la sostanza non cambia. L'importante è che diventi una questione centrale di questa coalizione".