|
Luciano Violante scrive alla "Voce Repubblicana"/Dopo il confronto televisivo con Giorgio La Malfa a Ballarò Quella differenza fra "lotta" e "guerra" contro i nemici della democrazia Dall'onorevole Luciano Violante riceviamo e volentieri pubblichiamo la seguente lettera. Caro direttore, il Suo giornale ha dedicato avant'ieri un articolo critico nei confronti della mia distinzione tra "lotta" e "guerra" al terrorismo. La ringrazio per l'attenzione ed intendo replicare brevemente agli argomenti esposti nell'articolo. Il terrorismo è la modalità di conduzione di un conflitto che si distingue dalla guerra perché è flessibile, si avvale di azioni di piccoli gruppi, non ha caserme, colpisce senza regole e senza preavviso, non ha divise, si confonde con la popolazione, ha lo scopo di piegare la resistenza psicologica dell'avversario, più che le sue strutture militari o istituzionali, per farlo sentire in continuo pericolo ed indurlo ad abbandonare il campo. Contro il terrorismo la guerra, intesa in senso tecnico, come schieramento di eserciti, uso di mezzi di distruzione indiscriminata, scontro rigido e frontale, è destinata alla sconfitta. La "lotta", invece, ha maggiori chances perché è commisurata alle caratteristiche proprie delle organizzazioni terroristiche; consiste nell'adozione di una strategia complessa che comprende l'uso coordinato ed alternato della forza militare e delle azioni di polizia, dell'infiltrazione, dell'intelligence. Si propone l'isolamento politico delle organizzazioni terroristiche attraverso la conquista del consenso nelle aree sociali che possono alimentarlo. Distingue le singole organizzazioni ed adegua le tecniche di contrasto alle caratteristiche di ciascuna di esse; tiene informata l'opinione pubblica dei risultati che si sono ottenuti e degli obbiettivi di carattere politico e sociale che si perseguono. La lotta non è quindi un di meno rispetto alla guerra; è una strategia più ricca e più flessibile, che riguarda tanto la molteplicità dei mezzi quanto il ventaglio degli interventi; induce a chiedersi ogni volta chi è il nemico e perché ci attacca. La guerra, invece, ha schemi definiti e metodologie più rigide. La tecnica del muro contro muro, inoltre, è particolarmente inefficiente nei confronti di questo terrorismo, che colpisce dagli Stati Uniti alla Turchia alle Filippine, con modalità che non possono certamente essere contrastate con l'impiego prevalente degli armamenti bellici.Le recenti dichiarazioni del presidente Bush sulla necessità di un cambio di strategia in Iraq e le considerazioni esposte in un recente articolo di Zbigniew Brzezinsky sui limiti della "guerra" al terrorismo, confermano le considerazioni esposte. Voglio poi rassicurare i lettori de La voce repubblicana che i DS, pur essendo contrari alla missione italiana in Iraq, non chiedono il ritiro dei nostri militari dopo l'attacco di Nassyrhya. A parte ogni altra considerazione, sarebbe come dar ragione ai terroristi. Naturalmente tutta la vicenda dovrà essere ridiscussa anche alla luce delle nuove eventuali determinazioni del governo USA. Mi sembra, infine, di cattivo gusto avvalersi delle parole del Capo dello Stato per animare una non necessaria polemica politica. Luciano Violante * Quella che segue è la nostra risposta alla lettera dell'onorevole Violante. Ringraziamo l'onorevole Violante per la cortese attenzione che presta alla "Voce repubblicana" e pubblichiamo la sua lettera molto volentieri. La possibilità di svolgere un dialogo non può essere che considerata positivamente. Non capiamo però per quale ragione debba essere considerato di "cattivo gusto", come egli scrive, riprendere la posizione del Capo dello Stato sulla questione irachena. Il quale, lo ripetiamo, aveva usato, e a nostro avviso a ragione, il termine "guerra" contro il terrorismo. La distinzione era stata fatta dall'onorevole Violante, che - come si capisce da questa sua lettera - quel termine non condivide. La sua, peraltro, è una distinzione importante. E ci induce, proprio per questo, a ribadire con assoluta chiarezza da quale parte noi ci schieriamo. Perché si tratta di scelte politiche e non certo di buono o cattivo gusto. Le considerazioni che ci fornisce l'onorevole Violante sulla flessibilità necessaria per combattere il terrorismo sono interessantissime, si inseriscono perfettamente in un dibattito che si è svolto per anni all'interno degli strateghi e dei consiglieri militari statunitensi dalla guerra del Vietnam ad oggi. Sono tutte argomentazioni ragionevoli, ma teoriche, nel senso che la guerra all'Iraq e all'Afghanistan è nata proprio dal fatto che quegli stati non hanno collaborato con le Nazioni Unite e con gli Usa nella lotta al terrorismo. Se i talebani avessero consegnato Bin Laden, e Saddam le prove della distruzione delle armi di massa che l'Onu gli richiedeva, invece di prendere in giro per dieci anni la comunità internazionale, forse sarebbe stato possibile collaborare con l'Iraq e l'Afghanistan per demolire attraverso una flessibile opera di intelligence la struttura di Al Qaeda. Esattamente come gli Stati Uniti collaborano con la Turchia, l'Inghilterra e l'Italia. La mancata collaborazione alla lotta contro il terrorismo, anzi il sostegno al terrorismo da parte dei talebani e dell'Iraq, ha condotto alla guerra. Ed è bene che sappiano, gli stati che non collaborano contro questo flagello, di poter essere attaccati, come è appunto avvenuto per l'Iraq e per l'Afghanistan. Attraverso le parole di Monsignor Ruini abbiamo preso atto con sollievo, dopo le differenze emerse sull'intervento in Iraq, che per la Chiesa Cattolica il terrorismo rappresenta un crimine contro l'umanità, da contrastare con ogni mezzo. Venendo infine alla posizione dei Ds, questione che ci preme molto, l'onorevole Violante ci fa sapere ora con chiarezza che essi non sono per il ritiro delle truppe. Siamo d'accordo con lui - o lui lo è con noi - che ciò significherebbe darla vinta proprio ai terroristi. D'Alema però in Parlamento aveva detto altre cose. E noi saremmo stati molto contenti di sentire parole nette, come quelle che leggiamo oggi, anche nella trasmissione televisiva a cui l'onorevole Violante ha partecipato. Quali che siano poi i mutamenti della strategia americana, l'importante è che l'Italia faccia fino in fondo la sua parte nella lotta al terrorismo, anche quando si impone una guerra. |