Riforme costituzionali/Dichiarazione di voto del sen. Del Pennino Signor Presidente, ho già avuto modo di esprimere, nel corso della discussione sugli emendamenti, le ragioni che sostanziano il complessivo giudizio negativo dei repubblicani sul provvedimento al nostro esame. Il testo che ci è pervenuto dalla Camera, e che nel corso del dibattito non si è voluto minimamente modificare qui in Senato, non risolve, infatti, i problemi che ci avevano indotto ad esprimere il nostro dissenso in occasione della prima lettura del disegno di legge. Certo, sono state migliorate alcune disposizioni che erano contenute nella riforma del Titolo V approvata nella passata legislatura, anche se in modo non ancora soddisfacente. E se fossero state accolte le nostre proposte di stralcio ed il voto fosse stato limitato alla parte del provvedimento relativa alla cosiddetta devolution e alla revisione dell'articolo 117, diverso avrebbe potuto essere il nostro atteggiamento, anche se permangono forti incongruenze pure nella nuova stesura. Ma essendo stato respinto lo stralcio siamo in presenza di un testo complessivo che ci induce ad esprimere un voto negativo. Giudichiamo infatti pasticciato e confuso il meccanismo previsto per la formazione delle leggi; di fatto vanificato il ruolo del Senato cui rimane una competenza residuale; squilibrato il rapporto Governo Parlamento nel momento in cui non si modifica l'articolo 49, prevedendo un sistema di vere primarie, sia per la scelta del Primo Ministro sia per quella dei parlamentari; scarse le garanzie, non essendo stata introdotta la possibilità di ricorso alla Corte Costituzionale da parte delle minoranze; evasive le norme sul CSM, che non servono a correggerne il carattere corporativo; demagogica e foriera di conflitti di attribuzione la previsione che consente a Comuni, Province e Città metropolitane di impugnare direttamente davanti alla Corte Costituzionale le leggi o gli atti aventi forza di legge, qualora ritengano violate le loro competenze. Francamente non capiamo le ragioni che inducono ad un'approvazione frettolosa di un testo improvvisato e contraddittorio, sol che si pensi che le disposizioni che riguardano la riforma del bicameralismo e della forma di Governo sono destinate ad entrare in vigore solo nel 2011. Quando si è in presenza di norme che devono regolare e garantire i processi politici e la vita democratica del Paese, fretta ed improvvisazione dovrebbero essere messe da parte. Non avete voluto farlo e non potete chiedere che il PRI, partito storico delle istituzioni, non neghi il proprio consenso. Roma, 23 marzo 2005 |