Informativa del Governo sui lavori della Convenzione europea Intervento di Giorgio La Malfa Signor Presidente, ringrazio molto il Vicepresidente del Consiglio, onorevole Fini, per l'intervento che egli ha svolto in apertura del nostro dibattito, estremamente analitico ma, allo stesso tempo, ricco di indicazioni politiche e di problemi di scelta ai quali il Parlamento può cercare, con il dibattito, di dare un contributo. Vorrei sviluppare due osservazioni ed un suggerimento conclusivo. La prima osservazione è che, nel momento in cui registra il suo più grande successo, l'allargamento (o riunificazione come egli la chiama), l'Europa si trova a dover affrontare due difficoltà: una interna, definire il suo assetto istituzionale ed una, ancora più grave e difficile, definire la sua identità di carattere internazionale. La crisi irachena, che è non è stata citata nella maggior parte - non di tutti - dei discorsi dei colleghi che sono intervenuti, non può essere assente dalla nostra discussione perché questa crisi e, in particolare il problema dei rapporti tra Europa e Stati Uniti che questa crisi mette, comunque, in evidenza, rappresenta uno dei grandi problemi dell'Europa. È un'astrazione voler definire un'identità europea al di fuori di una definizione appropriata dei nostri rapporti con gli Stati Uniti d'America; è una problema di fondo, mi consenta, Vicepresidente Fini. Quando si parla di identità europea, essa non può essere ricercata nella storia; è inutile chiedersi se la nostra identità sia giudaico-cristiana, greco-romana, in parte araba; è una discussione inutile! L'identità europea si dovrà ritrovare in relazione ai problemi internazionali di oggi, di equilibrio del mondo; ciò che voglio dire ai colleghi dell'opposizione è che l'identità europea, a mio avviso, non può essere distinta dall'alleanza con gli Stati Uniti; l'identità europea non può essere definita contro l'identità atlantica. Come ha detto qualche tempo fa Dahrendorf: se qualcuno mi chiedesse di scegliere se essere atlantico o europeo, se questi due concetti diventassero tra loro contrastanti - dice Dahrendorf - io sceglierei di essere atlantico più che europeo. Non vorrei che in Europa si aprisse la questione di definire l'identità europea contro l'alleanza grazie alla quale l'Europa ha raggiunto buona parte dei suoi traguardi e ottenuto gran parte dei suoi risultati. Quindi, vi è un primo grande problema, quello di affrontare il tema dell'identità. Questa identità non può essere quella sostenuta da Turati, che diceva che saremmo diventati una colonia americana. Questi sono vecchi concetti, molti pericolosi da sentire riecheggiare, non certo da Turati. Li abbiamo sentiti ripetere da De Gaulle, e non vorrei diventassero il credo della sinistra europea. La seconda questione riguarda l'esistenza di problemi istituzionali molto delicati. L'onorevole Fassino ha svolto un discorso molto importante, richiamando l'Italia alla sua ispirazione federalistica, dalla quale il Governo, egli dice, si è allontanato. Onorevole Fassino, quella ispirazione federalistica è negata essenzialmente dai due paesi che sono stati il motore dell'Europa federalistica del dopoguerra, cioè la Francia e la Germania. Allora, la sinistra italiana, la nostra opposizione, sostiene, da una parte, che l'Italia dovrebbe allinearsi alla Francia ed alla Germania sul terreno dell'identità europea e, dall'altra, che dovrebbe essere contro quella politica nel momento in cui dovesse difendere l'interpretazione federalistica, come credo si debba difendere. Naturalmente, onorevole Fassino, sarà la Francia a negare il voto a maggioranza nei Consigli europei, perché, se in un Consiglio europeo dovranno votare la Bulgaria, la Romania, la Polonia, l'Ungheria, l'Italia, la Spagna, l'Inghilterra, sarà la Francia a dire che non accetta! È inutile quindi dire: leghiamoci al motore franco-tedesco, perché il motore franco-tedesco degli anni cinquanta non è il motore franco-tedesco di adesso e, soprattutto, Chirac e Schröder non sono Fischer. Fischer aveva delineato un altro modello! Sono d'accordo quando si parla del Presidente unico della Commissione, che era il modello spinelliano. Non sono naturalmente convinto, lo dico anche al Presidente del Consiglio, dalla soluzione dei due presidenti, soluzione che ritengo pessima in quanto, secondo me, aumenta la debolezza delle istituzioni. La scelta politica che il Governo italiano si trova a dover compiere è quella di decidere se scegliere uno dei campi o svolgere una funzione intermedia, tentare una strada intermedia per salvare la Conferenza intergovernativa. Questo problema ci verrà infatti sulle spalle! Sono allora favorevole a questa posizione prudente, illustrata dal Vicepresidente Fini, di non scegliere, proprio perché sarà sulle spalle dell'Italia il successo o l'insuccesso dell'iniziativa! La Convenzione, lo abbiamo capito, non porterà a delle soluzioni. Sui nodi, consegnerà ai Governi la soluzione dei problemi. E l'Italia dovrà compiere lo sforzo di tenere assieme posizioni molto diverse e trovare punti di contatto, quei punti che non si trovarono a Nizza o ad Amsterdam. Li ritroveremo tutti, al di là dell'unanimità nella Convenzione. Allora, è bene che l'Italia sia prudente su questo terreno. È più importante svolgere questa funzione! Signor Vicepresidente, forse sarebbe stato preferibile, da questo punto di vista, che il Governo non avesse presentato emendamenti. Per esempio, perché dire "no" all'Europa federale, che era nel progetto di Giscard? Poteva essere la conclusione con la quale salvare la conferenza intergovernativa! Perché fissare una posizione italiana, se la posizione italiana è quella di tentare di salvare Europa? Consiglierei pertanto su questo terreno maggiore prudenza. Signor Presidente, mi avvio a concludere. Credo che l'Europa non riuscirà a compiere significativi passi in avanti. La Convenzione è importante perché ci darà un trattato che si chiamerà Costituzione europea, ma non ci darà una Costituzione europea, come non vi darà un Governo europeo, perché non ci sono le condizioni. Secondo me, quelle condizioni sono venute meno per il successo stesso dell'integrazione economica europea (questo sarebbe discorso molto lungo). Però, proprio per questa ragione, proprio perché emergono differenze di fondo di politica estera molto preoccupanti, proprio per questo è importante che vi siano alcune sedi, la Convenzione, la conferenza intergovernativa con i relativi sviluppi, in cui l'Europa, pur da posizioni diverse, strategicamente diverse, possa continuare a parlare. Il lavoro che l'Italia può svolgere in quella sede è quindi molto importante e pertanto rivolgo i miei auguri al Governo. Roma, 6 marzo 2003 |