"L'opinione" giovedì 6 marzo 2003

L'Europa in mezzo al guado. E il futuro unitario oscilla

di Fiorenzo Grollino

Dai molti segnali che si possono raccogliere da quando il presidente nord americano Gorge W. Bush ha manifestato di voler attaccare l'Iraq di Saddam Hussein con o senza il sostegno dei partners europei della Nato, da quando l'Unione europea ha messo nel conto una maggiore difesa del patto di stabilità, non escludendo una procedura per deficit eccessivo nei confronti della Francia e dell'ex locomotiva europea la Germania, l'asse forte che sfida l'America e pretende di assumere la guida dell'Unione europea, da quando alcuni Stati presenti e futuri dell'Ue hanno dichiarato di voler dare una mano alle loro deboli economie, nonostante ciò rappresenti una violazione alle vincolanti regole della concorrenza, l'Europa appare essere in mezzo al guado.

Come dire che l'Europa attraversa un momento in cui la grande costruzione europea sembra oscillare, e la Convenzione subire a sua volta gravi contraccolpi sul piano non solo propositivo, ma addirittura operativo sul modo di procedere, e cioè sulle stesse procedure che debbono portare alla formulazione di una bozza di costituzione che non sia il risultato delle attuali divisioni e soprattutto dello spirito antiamericano che oggi più che mai aleggia nell'aria.

Certamente che l'attacco congiunto mosso da francesi e tedeschi contro la "dottrina" del presidente Bush, ed il trattato di Maastricht nella parte dedicata al patto di stabilità ed alle misure sanzionatorie, decise a garanzia del rispetto del patto stesso dai partners firmatari di quelle regole non aiutano i nostri "padri costituenti".

Anche se Francia e Germania non hanno una medesima visione istituzionale dell'Europa, perché la prima ha una visione "sovranista" e l'altra una visione "sovranazionale" a somiglianza del modello tedesco, purtuttavia francesi e tedeschi in questo momento conducono un'azione interna ed esterna che certamente non rafforza l'Unione europea, ma indebolisce e rende problematica la soluzione dei tanti problemi che la Convenzione europea deve affrontare.

E così la storia di questa Convenzione sarà scritta, più che dai grandi, dai piccoli Paesi, perché i grandi paesi attanagliati in questo momento da una profonda crisi economica, che, a nostro avviso, cercano di nascondere dietro il paravento di un antiamericanismo che non li onora, cercano di piegare le regole costituzionali, di cui la Convenzione discute, a loro favore, perché queste regole, più che all'Europa, possono servire a tutelare i loro interessi.

La presidenza greca del premier Semitis non è riuscita a far rientrare una posizione come quella franco-tedesca, che non è mai stata, né è, né sarà la posizione degli europei; dovendo l'Europa attestarsi su una politica estera e di difesa comune.

Perdendo così una grande occasione per l'affermazione di un principio ampiamente condiviso, ma fino ad oggi mai messo in pratica.

È accaduto che francesi e tedeschi sono andati da una parte, gli inglesi dall'altra, e tutti gli altri sono rimasti a guardare con una presidenza greca senza idee e senza iniziative.

A questo punto, dopo tutto questo sconquasso, la prossima presidenza italiana, che scatterà il prossimo primo luglio, sarà messa a dura prova, perché dovrà dimostrare di essere in grado di ricucire una Unione europea ormai ridotta a brandelli. Non sarà più la grande occasione di siglare un secondo trattato di Roma per una Europa più grande e più forte, anche perché sicuramente la Convenzione si attarderà per altro tempo nel suo lavoro di tessitura di una Carta Costituzionale europea che dovrà regolare la vita di 25 paesi, che dovranno federarsi per avere un cammino comune.

In questo contesto riteniamo che la presidenza italiana debba porsi e possibilmente realizzare almeno quattro significativi obiettivi.

In primo luogo ristabilire il principio che non esiste alcun dualismo tra "Europa continentale" ed "Europa atlantica"; perché non esistono due distinti comportamenti: quello franco-tedesco e quello inglese, ma un rapporto di pari dignità che di volta in volta dovrà portare a discutere sia sulle crisi regionali che su quelle internazionali per costruire una posizione comune, o una posizione che non debba contrapporsi a quella americana, nel nome di un comune sentire e di una comune appartenenza all'Occidente libero e democratico.

Il secondo obiettivo è legato allo sviluppo dei rapporti dell'U.E. con i paesi dell'altra sponda del Mediterraneo, essendo l'Italia un paese che ha grandi interessi nel "mare nostrum" ed una posizione geografica di grande importanza commerciale grazie alle isole ed alle regioni meridionali, per dare un rinnovato impulso al processo che dovrà portare nel 2010 alla partnership euro – mediterranea.

Come terzo obiettivo l'Italia dovrà da una parte riprendere la politica di liberalizzazione e riforma dei sistemi di protezione sociale, e dall'altra rilanciare il progetto di una Europa che voleva fondare il proprio sistema economico sulla conoscenza più competitiva del mondo, aspetti di una stessa visione economica che fu il grande risultato dei Consigli europei di Feira e di Lisbona del semestre di presidenza portoghese del 2000, oggi ormai purtroppo in ombra, perché l'Europa perde terreno nella formazione del capitale umano.

Il quarto ed ultimo obiettivo, per una grande presidenza italiana, non potrà non essere che la affermazione del principio di concorrenza contro la tentazione di un ritorno indietro agli aiuti di stato da parte di qualche paese che coltivi l'illusione di tutelare così la propria debolezza economica.