Ricordo di Mario Bergesio a un mese dalla scomparsa di f. n. Un mese fa veniva a mancare Mario Bergesio. Mario Bergesio ha dedicato la sua vita pubblica a due cose fondamentali che lo hanno distinto rispetto ai tanti progetti della politica. Egli aveva il Partito repubblicano come stella polare della sua esistenza, ma l'impegno maggiore lo profuse nel sociale; come si direbbe oggi, "a contatto con la gente". Ho conosciuto Mario Bergesio quando ero poco più che ventenne. Era il 1963: insieme a un gruppo di trenta studenti universitari si era deciso di iniziare un'attività politica nel Pri. Tra di noi c'era Gianni Statera, poi espulso dal partito su iniziativa del segretario dell'Unione romana di allora. Nel vario peregrinare tra le sezioni di Roma (Salario - Parioli, Prati, Nomentano, etc.) e persino direttamente presso l'Unione romana - allora in via dei Prefetti - non si riusciva a procedere all'iscrizione. Un collega di lavoro, Delfo Liberati di Monterosi (Viterbo), mi invitò a rivolgermi a Mario Bergesio, allora capo della segreteria di Ludovico Camangi, sottosegretario all'Agricoltura. Bergesio prima e Camangi dopo si dichiararono quasi impotenti di fronte a tanto perseverante contrasto all'adesione al Pri di un nucleo di volontari che volevano svolgere attività politica incominciando dall'università. Quell'occasione fu per me una grande opportunità, perché mi diede la possibilità di conoscere un uomo che nella discrezione, nel buon senso, nella serafica calma aveva il suo Dna. In quegli anni ci sentivamo spesso con Mario, anche in ragione della sua attività presso un Consorzio di bonifica che territorialmente cadeva nell'area dell'allora Cassa per il Mezzogiorno. Mario Bergesio rappresentò un punto di riferimento per quei giovani che alla fine trovarono ospitalità nella sezione Cave - Tuscolano di piazza Finocchiaro Aprile. A lui non si ricorreva nel corso delle battaglie quotidiane che contrapponevano gli esponenti del Pri romano. Ci si rivolgeva a Mario quando, presi dalla "disperazione", gli si voleva chiedere un consiglio per uscire dall'impasse. Potremmo dire, retoricamente, un "padre nobile", ma Mario non amava la retorica bensì la discrezione e la razionalità, in ciò aiutato dall'idea che il confronto sereno dava più frutti del litigio permanente che allora si sviluppava e, ahimè, anche oggi. Da presidente dell'Endas, associazione che egli considerava un prezioso patrimonio politico, culturale e sociale, partecipò a tutte le Direzioni nazionali. Osservava in silenzio, ascoltava per ore sentir parlare, poi mi chiamava da parte per fare le sue valutazioni e per darmi qualche consiglio sul come procedere per aiutare il segretario del Pri Giorgio La Malfa. Questo era Mario Bergesio: un repubblicano che aveva fatto del Pri la sua famiglia politica e sociale. La mattina dei funerali mi colse una grande tristezza. Un uomo che aveva speso la sua vita sempre nel Partito repubblicano italiano, era stato dimenticato dai repubblicani. Io non so se Dio esista, ma se esistesse sono sicuro che Mario da lassù ci darebbe ancora una mano, fregandosene di chi tanto presto lo ha dimenticato. |