La mozione di Riscossa per l'autonomia repubblicana al Consiglio Nazionale del 9/10 luglio

Riproduciamo la mozione presentata da Riscossa per l'autonomia repubblicana al Consiglio Nazionale del 9/ luglio .

I risultati delle elezioni di giugno, in particolare quelle delle elezioni europee, impongono al PRI la necessità di una profonda e completa analisi sulle cause del risultato negativo e sulle possibili difficili prospettive per il futuro:

Il quadro politico in rapido mutamento dopo la sconfitta dell' centro destra, ancor maggiore dopo il ballottaggio delle amministrative, e dopo le dimissioni di Tremonti, che rappresentano la crisi reale della casa delle libertà, coalizione distrattasi incapace di governare i processi fondamentali di ripresa e di crescita del paese, necessitano altresì di un radicale mutamento da parte del PRI sulla sua collocazione e sulla sua linea politica. L'analisi da condurre deve considerare gli errori commessi nella valutazione dei rapporti con i partiti di centrodestra (emblematico l'appello di Berlusconi di non votare i piccoli partiti), la mancanza ormai cronica di tesi programmatiche organiche, la scarsa caratterizzazione ed autonomia dell'identità repubblicana nel contesto nazionale:

Il fallimento della lista PRI /Sgarbi esprime la mancanza di visione strategica e di coerenza della linea nazionale del partito che con le incertezze ed ambiguità che hanno contraddistinto la conduzione della campagna elettorale, ha vanificato la necessità di mandare l'elettorato il messaggio chiaro di ipotesi di terza forza esterna alla logica dei due poli.

Tale indirizzo trova poi negativa riconferma nelle dichiarazioni e nelle intenzioni dei massimi dirigenti in interviste pubbliche e sugli organi ufficiali del partito in cui si riconferma la permanenza del PRI nel governo e nella alleanza di centrodestra.Di fronte ai sintomi di logoramento dei due poli contrapposti, mentre nel contempo vengono affermandosi le ragioni delle forze minori dotate di solidi motivi di legittimità storica e di identità politica, il PRI ha mancato ancora una volta l'occasione di proporsi come nucleo fondante e costituenti una forza di tipo europeo autonoma e distinte da popolari e socialisti e saldamente collegata al raggruppamento liberaldemocratico europeo (ELDR):

Altrettanto carente ed insoddisfacente è stata l'azione del PRI nei confronti del governo per quanto riguarda i temi della politica economica e di quella istituzionale.

Una lettera di critica alla politica economica del governo, diffusa poco prima del 12 giugno, è apparsa all'opinione pubblica più un espediente elettorale che l'espressione di un reale disagio ed allarme, anche perché poco dopo si affermava di non avere alcuna perplessità sulla appartenenza alla coalizione di centro destra. Il fatto è che sui temi economici il partito sembra aver perduto la sua peculiarità di soggetto attento ed impegnato nella elaborazione e nella difesa di una politica di sviluppo e di rigore nella gestione della finanza pubblica.

Esigenza di rigore poi clamorosamente emersa con le dimissioni di Tremonti accusato dai sui stessi alleati di truccare i conti.

E' peraltro ormai chiara la incapacità, del governo nella gestione di una congiuntura economica complessa e fortemente compromessa da interventi disorganici e da propositi operativi del tutto in contrasto con una prospettiva di sviluppo e di competitività del sistema paese.

Imbarazzante per inciso, è la posizione di totale appiattito sostegno del PRI a Berlusconi per un lungo interim dopo la cacciata di Tremonti.

Anche sui temi delle riforme costituzionali la timida ed insufficiente azione svolta in parlamento non appare idonea a caratterizzare il PRI su una questione fondamentale per le prospettive di evoluzione del sistema politico istituzionale nazionale.

Si dovrebbe ribadire invece in ogni occasione che difesa della Costituzione e unità del paese devono essere elementi fondamentali dell' azione repubblicana.

E inoltre necessario il rilancio da parte del PRI di proposte di iniziative per una forte integrazione europea su basi federalistiche da estendere a tutti gli aspetti politici ed istituzionali della nuova Europa dei 25.

Nel campo dei diritti civili dopo un'azione iniziale contro la legge voluta dal centro destra sulla procreazione assistita ci siamo lasciati sottrarre, dai radicali l'iniziativa di un referendum promossa dal partito.

Per superare l'attuale crisi di visibilità, di consensi e di iniziativa politica, il PRI dovrebbe proporsi in tempi brevi come coagulo delle forze liberaldemocratiche, ora latenti, mortificate e schiacciate dal sistema bipolare italiano, partendo da una posizione di autonomia rispetto ai poli attuali.

Partendo da tali valutazioni di necessità di radicale modifica della linea politica è necessario che doverose dimissioni della presidenza e della segreteria vengano accettate, come atto inequivocabile della volontà di trovare nuovo vigore per il rinnovamento del partito che deve passare per:

1) la dichiarazione di riconoscimento dello stato, di crisi che si è aperto nel partito

2) la costituzione di una segreteria collegiale di cui faccia parte anche la minoranza al fine di:

3) ritirare la rappresentanza repubblicana dal governo

4)) dichiarare l'uscita del PRI dalla maggioranza di centrodestra

5) avviare una riorganizzazione delle strutture periferiche del partito che riscossa l'autonomia per le decisioni di politica locale, peraltro prospettata dal segretario uscente quando parla per le regionali del 2005 di geometrie variabili.

Inoltre richiamando la necessità di trasparenza e democrazia interna e di correttezza nella gestione del partito, si ritiene che debbano essere forniti alla minoranza tutti i documenti peraltro già richiesti, per valutare fatti e circostanze relativamente:

A) alla sentenza di primo grado di annullamento del congresso di Bari

B) alla gestione degli accordi per lista PRI/Sgarbi ed agli impegni contratti .

Fatti che peraltro per quanto già di pubblica conoscenza inducano ad un atteggiamento di grave preoccupazione nei confronti degli effetti dell'operato della dirigenza del partito.