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Roma, 9 luglio 2004 Relazione del Segretario del Pri Francesco Nucara al Consiglio nazionale del partito Nel Consiglio nazionale di oggi avremmo dovuto parlare degli avvenimenti politici di questi giorni. Essi mettono in uno stato di crisi non solo il governo ma l'Italia intera. Tuttavia, nella mia visione di Segretario dimissionario, ritengo di dover concentrare il mio intervento sull'analisi dei risultati elettorali. Il compito che mi ero assunto quando fui eletto Segretario consisteva nel dimostrare che il Partito non era affatto finito. Era solo esausto dopo una lunga crisi che aveva pervaso tutto il sistema politico italiano. Credo di aver dimostrato che il Partito Repubblicano Italiano può esistere ancora e che può ancora svolgere un ruolo nel nostro Paese. Quell'1,3% ottenuto nella circoscrizione meridionale deve essere il punto di partenza perché le idee repubblicane abbiano una diffusione omogenea sul territorio. Ed è offensivo parlare di neo-repubblicani meridionali. Bisognerebbe ricordare a chi pensa che il PRI esiste solo in Romagna, che dalla Calabria sono stati eletti due deputati alla Costituente, che Ugo La Malfa era di Palermo, che Michele Cifarelli era di Bari, che Francesco Campagna era di Napoli, che Oronzo Reale era di Lecce, che Francesco Perri direttore della Voce nell'immediato dopoguerra era di Reggio Calabria e potrei continuare ancora a lungo. Caro Ferrini non sei nuovo a intemperanze del genere, levatevi questa spocchia e siate umili e combattenti. Le posizioni di rendita sono finite da un bel po' e, come l'analisi di dati elettorali rivela, è palese che vi state spegnendo. La verità politica, se esiste, intesa come idea giusta è tale se è condivisa, e forse nemmeno quando è condivisa l'idea è quella giusta. Presumibilmente però è più giusta delle altre. Dall'analisi dei risultati che faremo più avanti dobbiamo dedurre che non tutto il Partito ha messo l'impegno che doveva mettere. Le condizioni di partenza erano ben differenti tra una regione e l'altra. I repubblicani non sono riusciti a trovare unità nemmeno in una campagna elettorale che li vedeva distinti dai poli. E non siamo stati uniti perché alcune componenti avevano avventatamente pensato che una sconfitta elettorale sarebbe stata "salutare" per il riposizionamento politico del PRI. La sconfitta non c'è stata e l'amarezza che abbiamo avuto si può attribuire al fatto che nel gioco dei resti non abbiamo ottenuto il parlamentare europeo. Se ciò fosse avvenuto oggi saremo qui a festeggiare. Non è detto che ciò non avvenga. Ma non ho mai vissuto di se e di forse. Quando si combatte una battaglia come quella che stiamo combattendo da tre anni si commettono certamente degli errori. E di questo me ne assumo totalmente la responsabilità. Spesso siamo stati fuorviati da informazioni vere e da informazioni false. Abbiamo commesso errori per timore o per precipitazione. Per un erroneo senso del dovere siamo andati incontro ad "incidenti" plateali. Ma se avessimo ceduto a troppi dubbi forse non avremmo completato le liste. A queste osservazioni che mi possono essere fatte e che comunque mi faccio da solo, posso rispondere con la convinzione che il progetto concepito all'inizio di questa mia segreteria sia la strada da seguire per chi verrà dopo di me. Naturalmente il Partito potrebbe cambiare se intervenissero elementi decisivi per imporre un cambiamento. Non esiste nessuna impresa ambiziosa come può essere la nostra che non debba compiersi a prezzo di sforzi, di sacrifici e di privazioni. Sappiamo bene che la debolezza fisica e morale dell'uomo tende a cedere e lo scopo non può essere raggiunto se non attraverso una grande forza di volontà. Ed è questo il modo. Capire qual è lo scopo del Partito in un contesto politico difficile come è quello di oggi. Può essere quello di entrare in un periodo di transizione evitando alleanze di qualunque colore e rinunciando a rappresentanze istituzionali? E quali sarebbero le rappresentanze istituzionali? Quelle parlamentari o anche quelle assessorili? E dopo uno o due lustri fuori dal Parlamento possiamo pensare di ritornarci con il nostro simbolo e con la nostra storia? O viceversa diventeremmo un'associazione culturale? Questo è il dilemma. Il prossimo Congresso dovrà decidere quale strada intraprendere evitando di fare la fine dell'asino di Buridano. Qualunque dovesse essere la decisione, continuerò a battermi per il Partito Repubblicano Italiano. Ed è ora di finirla pure con l'affermazione "Noi siamo rimasti nel PRI". Chi c'è rimasto vuol dire che ci voleva rimanere e il solo porsi il dubbio, per come si manifesta, mi mette in apprensione. Io personalmente, così come tanti amici, non ci siamo mai posti il problema. Siamo rimasti e combattiamo per affermare gli ideali repubblicani attraverso il nostro Partito che, ripeto, è il Partito Repubblicano Italiano. Mi duole di essermi convinto, dopo due anni di segreteria, che i rapporti tra la segreteria e le articolazioni locali, quando si tratta di decidere su cose materiali, sono ottimi; assai più difficile è invece la ricerca dell'impegno politico, morale e spirituale. Noi siamo un piccolo partito. Eravamo giunti al punto in cui ogni risorsa materiale, politica e morale sembrava abbandonarci. Siamo dovuti ricorrere a risorse estreme adattandoci alla situazione generale che ci veniva data dal sistema politico italiano. Abbiamo raccolto una debole luce di speranza e riusciremo forse ancora a rinverdire l'Edera. E' necessario e fondamentale che tutte le parti contribuiscano a raggiungere questo obiettivo. Le forze inattive non sono inutili: sono perniciose. Premesso che almeno il punto 1 delle richieste di Riscossa è stato soddisfatto con anticipo rispetto alla richiesta stessa, vediamo di esaminare i risultati elettorali. Partiamo dalle circoscrizioni per poi scendere nel dettaglio per regioni, per province e per comuni. Per le elezioni europee faremo rapporti omogenei con i dati del '99. Nella Circoscrizione 1 Nord Ovest, abbiamo avuto un incremento di 10636 voti con un aumento del 34%; nella Circoscrizione 2 Nord Est, abbiamo avuto un incremento di 13210 con un aumento del 44,5%; nella Circoscrizione 3 Centro, abbiamo avuto un decremento di 19975 voti pari a un saldo negativo del 42,1%, nella Circoscrizione 4 Sud, abbiamo avuto un incremento di 50211 voti pari al 117,9%; nella Circoscrizione 5 Isole, un incremento di 11247 voti pari al 71,6%. Quindi il meridione complessivamente ha dato 61458 voti in più rispetto al 1999. Passando ad una disamina per Regioni, abbiamo in Piemonte un aumento sempre rispetto al '99 di 9703 voti, in Val d'Aosta di 90 voti, in Liguria un saldo negativo di 1698 voti, in Lombardia aumentiamo di 10636 voti. Nella Circoscrizione 2 abbiamo nel Veneto un aumento di 8859 voti, 980 in Trentino Alto Adige, 2336 voti in Friuli, 1035 voti in Emilia Romagna. Nella Circoscrizione 3 arrivano le dolenti note: in Toscana un decremento di 3541 voti, in Umbria di 886 voti, nelle Marche 7775 voti, nel Lazio di 7773 voti. Nella Circoscrizione 4 aumentiamo di 1578 voti in Abruzzo e diminuiamo di 472 voti in Molise, aumentiamo di 1540 in Campania, di 13509 voti in Puglia, di 1355 voti in Basilicata, di 32701 voti in Calabria. Infine nella Circoscrizione 5 aumentiamo di 2579 voti in Sardegna e di 8668 in Sicilia. Nel dettaglio delle provinciali abbiamo perso in tutte le province del centro tranne Arezzo, Latina, Rieti e Viterbo, nel Sud a Isernia, nelle Isole a Messina, nel Nord Ovest ad Asti, Cuneo, Torino, Genova, La Spezia, Savona, Lecco, Mantova, Sondrio e nel Nord Est abbiamo perso 2056 voti a Forlì e 2193 voti a Ravenna. Se solo queste due province, dove il PRI è strutturato e dove c'era la presenza di candidati importanti, avessero confermato i voti del '99 adesso ci ritroveremmo a festeggiare il deputato europeo repubblicano. Le province con il più alto incremento percentuale sono Vercelli con il 2145% seguito da Cosenza con il 1330%. I dati che vi ho letto si commentano da soli. Tuttavia è necessario andare anche sulle preferenze per capire fino in fondo che cosa ha fruttato questa alleanza partendo da un esame molto rozzo per poi vedere di affinarlo. Il totale delle preferenze dei candidati PRI è di 81608 mentre per la lista Sgarbi è di 62320 voti. Bisogna tener presente però che mentre Sgarbi veniva votato dai suoi candidati, difficilmente c'era scambio di preferenze tra i candidati del PRI. Per Sgarbi nel Nord Ovest si hanno 41930 voti di lista e solo 15900 preferenze espresse, nel Nord Est si hanno 42883 voti di lista e solo 9271 voti espressi per preferenza. Nel Centro si hanno 27465 voti di lista e solo 5325 voti di preferenza. Nel Sud vi sono 92809 voti di lista e solo 25879 voti di preferenze. Nelle Isole su 26591 voti di lista vengono espresse 5945 preferenze. Di contro le preferenze per il PRI sono 2655 nel Nord Ovest, 5008 nel Nord Est, 7407 nel Centro, 50230 nel Sud e 16308 nelle Isole. Nel conto dell'apporto dei candidati abbiamo nel Nord Ovest primo Buonanno con 8055 voti e l'ultimo Conti con 28 voti, ambedue di Sgarbi; nel Nord Est primo Sgarbi con 6003 voti ed ultima Gavioli con 55 voti, ambedue di Sgarbi; nell'Italia centrale primo Sgarbi con 4327 e ultimo Gaetani con 41 voti, anche qui ambedue di Sgarbi; nel Sud primo Cesareo del PRI con 13859 ed ultima Gargiulo di Sgarbi con voti 183; nelle Isole primo De Luca del PRI con 5206 voti e ultima Albanese con 391 voti. Possiamo dire che due sono stati i candidati proposti da Sgarbi che hanno dato un valore aggiunto alla lista, Buonanno a Vercelli e Pezzimenti a Reggio Calabria Ed è un fatto esclusivamente locale perché fuori da queste province hanno preso poco o niente. Come vi avevo detto all'inizio di questa segreteria, bisognava partire dal Sud dove probabilmente il terreno è più fertile, essendoci meno politicizzazione degli individui. Certamente non potevo immaginare il crollo di alcune province rispetto al '99. E mentre qualche contraccolpo per ovvi motivi ce lo potevamo aspettare al centro, nessuno poteva immaginare i risultati negativi di Forlì e Ravenna dove peraltro erano candidati il segretario regionale, il segretario provinciale di Cesena e il vice sindaco di Ravenna. Al Sud si ritorna in consiglio comunale a Bari e a Brindisi, in consiglio provinciale a Catanzaro mentre a Lugo si perdono due consiglieri comunali e non si ha rappresentante istituzionale e così a Bagnacavallo ed inoltre a Forlì, dopo cinque anni di presidenza, perdiamo un consigliere provinciale e al comune, sempre dopo aver governato con il centro sinistra, perdiamo un consigliere comunale. Sulla base di questi risultati elettorali, mi sembra di poter affermare che il P.R.I. può farcela a continuare la sua vita, se imposta però una giusta e lucida azione politico-organizzativa per le prossime elezioni regionali. Contemporaneamente al perseguimento di questo risultato si dovrà pensare a come predisporre le condizioni per formare la classe dirigente repubblicana per l'avvenire. Ci dobbiamo porre l'obiettivo di riacquisire peso politico ed elettorale, credibilità sui nostri programmi. E' probabile che permanendo questa legge elettorale e gli "sbarramenti" in generale dovremo ricercare alleanze: esse se ci saranno dovranno essere credibili e compatibili con stile e contenuti repubblicani. Il PRI è il più antico partito d'Italia ma l'Italia, e per fortuna, dal 1895 è molto cambiata: bisognerà coniugare radici e storia e attualizzarle alla società di oggi e di domani. Dovremmo individuare segmenti di società che potrebbero votarci e dare risposte ai loro interessi e ai loro problemi. I cittadini possono porsi la domanda: perché dovrei votare PRI se ne io né la mia famiglia l'abbiamo mai votato? E noi dobbiamo trovare la risposta giusta. Il PRI deve accompagnare la sua autonomia morale ed intellettuale ad una effettiva e concreta autonomia politica. Per ottenere questo ci vorrà molto lavoro, molti sacrifici e tanta passione. Rimane da affrontare questo importante problema ma ne vorrei porre un altro: molti amici reclamano a gran voce un'autonomia dai due poli. La via migliore per perseguirla alle prossime regionali, indipendentemente dalla scelta di alleanze elettorali, sarà quella di rinunciare alla presenza repubblicana nei cosiddetti "listini". Il Consiglio Nazionale oggi e il Congresso a breve, a mio avviso dovranno fare questa scelta. Qualunque essa sarà comporterà, ovviamente, un modus operandi più fermo e coerente. Si tratta di stabilire il grado di condivisione delle scelte politiche che dovremo compiere. Tuttavia l'anarchismo imperante da sempre nel mondo repubblicano potrebbe impedirci di trovare una coesione sufficiente per affrontare la battaglia di sopravvivenza cui saremo chiamati in un prossimo futuro. Tutti avremo bisogno di una scala di priorità nelle nostre scelte individuali come in quelle collettive. Ognuno di noi dovrà fare i conti con la propria coscienza e decidere se sono più importanti le sorti del partito o gli appannaggi individuali. Bisogna decidersi se è meglio conservare posizioni di potere precostituito e distruggere il partito o battersi per la sua sopravvivenza. La democrazia nei partiti si attua attraverso il consenso su elaborazioni politiche e non su contrapposizioni personali o peggio di potere. I congressi sono il fulcro di queste elaborazioni politiche e per modificarle nella loro sostanzialità sono necessari altri congressi. Senza di ciò viene a mancare la stessa ragion d'essere dei partiti e delle loro strutture, tanto criticate e tanto vituperate, ma che sono sempre il punto di riferimento, specie nel Mezzogiorno, di aggregazione del consenso elettorale. Prima di concludere ho il dovere di dirvi che non affronto il problema posto da Davide Giacalone con una lettera datata 31 maggio 2004 e pervenuta tra il 3 e 4 giugno. Vedremo nel corso del dibattito se ci sarà qualcosa da dire. Il rapporto con Vittorio Sgarbi lo considero concluso. E' un peccato perché l'uomo è assai intelligente e capace, ma abbiamo una visione politica completamente diversa e per questo è meglio per lui e per noi recidere il percorso politico che avevamo iniziato. Per questo motivo ho scritto una lettera a Sgarbi che vi leggo. Caro Vittorio, la campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento Europeo è finita. I risultati non hanno premiato la nostra coalizione e uno striminzito 0,7% non ci ha consentito di avere un rappresentante in Europa. Le polemiche avvenute nel corso della campagna elettorale e anche dopo sono sopite e sinceramente non le tengo in alcun conto. Capisco che nella intenzione di intercettare un certo tipo di elettorato possa essere volata qualche parola di troppo. Non è questo però il problema. Poiché la nostra aggregazione non è stata premiata dagli elettori, credo sia inevitabile prenderne atto e sciogliere l'accordo che insieme abbiamo sottoscritto lasciando libere le nostre formazioni politiche per eventuali alleanze che si dovessero registrare in vista delle prossime elezioni regionali. Peraltro tu stesso in una recente intervista hai manifestato la volontà di andare in piena autonomia per le prossime consultazioni per il rinnovo dei Consigli Regionali. Inoltre devo constatare una impossibilità di prosecuzione e farti rilevare, mio malgrado, come su due votazioni importanti come il proseguimento della missione in Iraq e la fiducia che il governo ha chiesto in tema di giustizia, tra te e il presidente La Malfa c'è stato un voto differenziato. Tuttavia, poiché dovrò sottopormi al giudizio del prossimo Consiglio Nazionale che si terrà il 9 e 10 luglio prossimi, dove mi presenterò dimissionario, non potrò esimermi dal fare presente le valutazioni sulle prospettive dei nostri rapporti che ti ho prima espresso. Tutto ciò non pregiudica i nostri rapporti personali ed eventuali future alleanze ove ce ne fossero le condizioni. Infine ti informo che il PRI ha presentato ricorso avverso alle risultanze elettorali. Ovviamente se tutto dovesse andare a buon fine rimangono inalterati gli impegni economici che abbiamo sottoscritto. Cordialmente, Francesco Nucara
E per non incorrere in errori e onde evitare che altre lettere possano essere recapitate ai consiglieri nazionali proporrò un ordine del giorno che chiude definitivamente la vicenda. E ora concludo veramente. Il partito ha bisogno di allentare le tensioni interne e tentare di avere idee, programmi e progetti condivisi dalla più ampia maggioranza possibile. La conflittualità esasperata e la ricerca di motivazioni pseudo politiche in appoggio a tesi spesso politicamente poco consistenti, costituiscono un handicap alla opportuna concentrazione su quelli che invece dovrebbero essere gli obiettivi comuni. I Repubblicani tutti hanno il dovere di pensare agli interessi generali del partito. Termino con parole non mie, bensì di un "illuminato" filosofo francese del ‘700, che condivido integralmente: "se in questo paese esiste la moda e l'abitudine di entrare nella vita sociale e parlare molto, l'ignorante, non potendo parlare di cose, deve necessariamente parlare di persone. Ogni panegirico è noioso e ogni satira piacevole: per non essere noioso l'ignorante è dunque costretto a essere maldicente. Perché l'uomo di spirito è, d'abitudine, meno litigioso dell'uomo comune? Perché il primo, occupato in più grandi materie, non parla, di solito di persone, se non quando queste abbiano un rapporto immediato con le grandi cose. L'uomo comune, invece, è quasi sempre obbligato a parlare anche per parlare". |