Giorgio La Malfa a "il Giornale"/Dopo Tremonti conciliare lo sviluppo con il rigore Via XX Settembre non ha bisogno di un tecnico Il presidente del Partito repubblicano italiano, Giorgio La Malfa, è stato intervistato il giorno 3 luglio da "il Giornale", il 4 luglio da "Avvenire", il giorno seguente da "l'Unità". Argomento: l'uscita di Tremonti. Nell'intervista dell'"Avvenire", a cura di Maurizio Blondet, La Malfa si è augurato che non avvenga un declassamento del debito pubblico italiano, "perché ci costerebbe miliardi in interessi maggiorati, e obbligherebbe a manovre durissime". Rispondendo a Daniele Amenta de "l'Unità", ha dichiarato di aver consigliato a Berlusconi una soluzione "non traumatica" della vicenda, suggerendo "un rimpasto ministeriale". Quella che riproduciamo è l'intervista pubblicata da "il Giornale", a cura di Antonio Signorini. Con le dimissioni di Giulio Tremonti l'Italia rischia di trovarsi in una situazione scomoda. L'Europa e gli investitori internazionali potrebbero pensare che il governo ha abbandonato la linea del rigore sui conti pubblici. A lanciare l'allarme è il presidente della commissione Finanze della Camera Giorgio La Malfa, convinto inoltre che un ministro tecnico non sia adatto per la poltrona di Via XX Settembre. Ma non era stato lei a chiedere di dividere il ministero dell'Economia? "No, io penso che il ministero dell'Economia debba restare tale. Però penso che serva anche un ministero del Mezzogiorno e un mese fa ho presentato una proposta di legge che prevede l'istituzione del nuovo dicastero. Non voglio ridimensionare via XX Settembre, ma solo evidenziare che lo sviluppo del Sud è un problema serio che va affrontato". E ora che cosa accadrà dopo l'uscita di scena di Tremonti? "C'è un problema di immagine internazionale. Bisogna stare attenti a non dare l'impressione di un governo che sta scegliendo una politica meno rigorosa. Se il ministro del tesoro ha lasciato per protesta o comunque contro le posizioni del governo rischieremmo di dare questo messaggio, a prescindere dal fatto che AN nel documento del Dpf abbia chiaramente detto di essere per una politica di rigore. Anche se seguissimo un'impostazione corretta e garantissimo il rigore con le dimissioni daremmo l'impressione di voler attenuare la tensione per i conti". Sono possibili i cambiamenti nella squadra del governo che non facciano pensare ad un ritorno della finanza allegra? "Se ci fosse un cambiamento nel quadro complessivo del governo, una innovazione che non intacchi il rispetto dei parametri di Mastricht, forse. Ad esempio se il Presidente del Consiglio desse vita ad un vasto movimento che comprenda anche il Tesoro, sostituendo con una persona della stessa caratura. Come ha detto Berlusconi non bisogna cambiare uno che vale 7 con uno che vale 4". Allora come vedrebbe un ministro tecnico al posto di Tremonti… "Attenzione perché questa non è una questione solo tecnica. Ho pochissima fiducia nei tecnici al governo. Il governo è un fatto politico e il ministero dell'Economia è il più politico di tutti i ministeri. Ci vogliono politici che conoscano i problemi e non tecnici che non conoscano la politica". Allora lei è tra quelli che chiedono una svolta sulla politica economica del governo e più attenzione allo sviluppo. "Bisogna sempre fare attenzione alla situazione dei conti. Se l'Italia desse l'impressione di scegliere la strada della spesa facile si troverebbe subito con tassi di interesse più alti del debito pubblico e qundi con un ulteriore aggravio della spesa. E sarebbe un colpo mortale anche alle prospettive di sviluppo. Bisogna conciliare lo sviluppo con il rigore, ma non solo a parole". Cosa si aspetta da questa verifica? "Come osservatore dico che la sinistra non ha vinto le ultime elezioni. E che non riuscirà a vincere nemmeno le consultazioni politiche se la coalizione riuscirà a essere coesa. Ma per questo ci vuole un cambiamento di passo". |