L'Edera dopo la Repubblica/Il nostro contributo e le molte questioni ancora irrisolte Quel compromesso costituzionale che non ci piace di Francesco Nucara Si è celebrata come ogni anno la festa della Repubblica, dopo il rinnovato riconoscimento di considerare il 2 giugno festa nazionale (grazie ad un'iniziativa legislativa dell'amico De Carolis). Spesso ci viene chiesto: ma se c'è la Repubblica, che senso ha l'esistenza del Pri? Il senso esiste, ed è forte, perché i repubblicani si sono battuti per quasi un secolo volendo realizzare una società essenzialmente basata sul meraviglioso Statuto della Repubblica Romana. D'altra parte, i risultati del referendum per la scelta costituzionale, ci fanno capire che circa la metà degli italiani era favorevole alla Repubblica, poco meno della metà aveva scelto la Monarchia. Questo dato è significativo per capire come la Costituzione Italiana fu il risultato di una serie di compromessi che ne diminuirono l'efficacia e la resero in alcuni casi inattuabile. Giovanni Conti affermava: "Il Partito deve agire per edificare una Repubblica che realizzi al massimo grado la democrazia: dunque tutta la sovranità popolare nelle forme della democrazia diretta e in quelle che possono meglio interpretare e servire la sovranità popolare". I repubblicani alla Costituente si erano ben battuti perché il loro sogno divenisse realtà e non un mezzo incubo, tanto da far esprimere a Giulio Andrea Belloni un giudizio fortemente critico sul primo governo "repubblicano". Infatti egli affermava: "Si è messo a far di tutto perché la Repubblica non fosse giustizia sociale, perché, in altre parole, Repubblica fosse la continuazione economica e sociale della Monarchia". L'intransigenza dei repubblicani era forte e per alcuni aspetti anche violenta. I servizi segreti italiani ed americani stilavano rapporti che sottolineavano la preoccupazione per la costituzione di una forza militare clandestina del Pri. Come è sempre successo nella storia del Pri, ci si divise tra i "duri e puri" e coloro che cercavano un compromesso politico. In Romagna addirittura fu fondato un altro partito: il Partito del Lavoro Italiano che diffondeva le idee repubblicane ma in "maniera meno violenta". In questo contesto il Pri guidato da Randolfo Pacciardi si batte per la Repubblica, rifiutandosi di partecipare a governi che "giurano fedeltà al re". Di fatto si schiera contro il Cln, di cui non fa parte, e il governo. "L'Italia del Popolo" così scriveva appena proclamata la Repubblica: "Il nostro pensiero si volge riverente e commosso alle grandi figure tutelari del nostro Risorgimento, a tutti coloro che da Giuseppe Mazzini a Carlo Cattaneo, da Giovani Bovio ad Arcangelo Ghisleri hanno prodigato la loro mente e il loro cuore nell'apostolato dell'idea repubblicana nel lungo e domato periodo della dominazione monarchica. Le bandiere della nascente Repubblica si inchinino riconoscenti sulle tombe dei nostri martiri, ultimi in ordine di tempo quelli delle guerre di liberazione, in un solenne pegno di amore e in una perenne promessa per l'avvenire: faremo del nostro meglio affinché la Repubblica Italiana sia degna di voi, del vostro sacrificio". Se la prima Costituzione fondante della Repubblica non ci piaceva perché frutto di compromessi (Pci – Dc) quando non di mire politiche (Pci) che nulla avevano ed hanno a che vedere con l'assetto ordinamentale, la recente revisione costituzionale approvata dal Parlamento italiano con il voto contrario della "pattuglia repubblicana" non ci soddisfa affatto. Anche questa revisione costituzionale è frutto, come è ovvio, di compromessi politici. Tuttavia c'è un momento in cui gli obiettivi politici devono lasciare il passo alla democrazia. Tutto questo non è avvenuto, e la colpa è equamente distribuita tra le forze politiche numericamente più rappresentative: Commissione bicamerale, riforma della devolution approvata l'8 marzo 2001 (lo stesso giorno in cui si scioglievano le Camere), riforma più ampia (devolution e nuovo assetto dello Stato) in fase di approvazione definitiva. Il Pri è parte importante della storia d'Italia e, contrariamente a quanto sosteneva il PCI nel ‘45-‘46 ("nel disordine, una minoranza organizzata può conquistare le masse"), i repubblicani hanno sempre pensato ad uno sviluppo armonioso della società italiana senza distinzione di classi. Siamo sicuri di aver fatto del nostro meglio? C'è ancora molto da fare. |