Una concezione moderna di proprietà e di produzione

Intervento di Lorenzo Casanova, segretario della sezione Bonfiglioli di Bologna, al convegno del 16 giugno 2005.

di Lorenzo Casanova

In uno scritto del 1962 Ugo La Malfa diceva che il punto cruciale del dissenso insanabile fra le Società operaie affratellate e poi, scioltosi il patto che le stringeva, fra i due tronchi del movimento popolare e democratico, quello mazziniano e quello anarco-insurrezionalista, collettivista e socialista, era l'impossibilità ritenuta dal primo di garantire i diritti del lavoro e la giustizia sociale se non attraverso istituzioni libere e democratiche.

I repubblicani fin dai congressi delle Società operaie affratellate, si erano distinti per la loro appassionata difesa delle autonomie locali, per la loro sensibilità ai bisogni sociali, per le loro coraggiose impostazioni di certi problemi economici, riguardanti una moderna concezione della proprietà e del controllo delle leve della produzione.

L'Atto di Fratellanza, da cui poi nacque il Patto di Fratellanza, fu dettato dallo stesso Mazzini e riunì in un'associazione nazionale le Società Operaie al termine del loro XI Congresso tenutosi a Napoli nell'ottobre del 1864.

Mazzini stesso scriveva: "..Foste schiavi un tempo, poi servi, poi assalariati, sarete fra non molto, purché vogliate, liberi produttori e fratelli nell'associazione…"

Le società di mutuo soccorso

In tale anno risultavano già costituite in Emilia 50 società di mutuo soccorso, con un complesso di oltre 12.000 iscritti. Si trattava, in genere, di associazioni di categoria con precipui fini previdenziali ed assistenziali, e senza alcuna indicazione di obiettivi di natura politica, per cui sarebbe forse eccessivo affermare che, almeno per quanto riguarda il periodo 1860-1870, queste associazioni costituiscano la struttura portante del movimento repubblicano.

E' però certo che, in grandissima maggioranza, queste società erano la più avanzata espressione del movimento democratico ed avevano in prima fila, nei loro organi direttivi, uomini strettamente legati o molto vicini al mazzinianesimo.

Significativo è l'esempio della Società Operaia di Bologna, costituitasi nel 1860, che fra le società emiliane era di gran lunga la più importante per il numero degli iscritti, per la sua efficienza organizzativa, perché, a differenza di quasi tutte le altre società, accoglieva nel suo seno lavoratori di tutte le categorie: operai, esercenti un'arte o un mestiere, capi negozio e d'industria, e, infine, per il notevolissimo peso che ha avuto, nel corso della sua lunga e non ancora interrotta attività, nel movimento di elevazione morale, sociale e politica della classe lavoratrice bolognese.

L'influenza mazziniana

Benché non impegnasse i suoi soci in una specifica azione politica, la Società Operaia era chiaramente influenzata dall'ideologia mazziniana, soprattutto per opera di Quirico Filopanti. Ma, come osserva Mario Maragi nella sua "Storia della Società Operaia di Bologna", "più che l'ansia per il problema istituzionale della repubblica, viene accolto del Mazzini, il messaggio sociale: un messaggio interclassista".

Dopo il 1864 le associazioni operaie aumentano progressivamente di numero e d'importanza, specialmente verso la fine del decennio.

A Bologna il foglio repubblicano "L'Amico del Popolo", da tempo sorvegliato speciale della questura, definisce tassa della fame la tassa sul macinato. Il 4 gennaio 1869, mentre le campagne sono in rivolta, il giornale, già ripetutamente sequestrato in precedenza, viene nuovamente sequestrato a causa di un violento articolo intitolato "Il balzello della fame" e il direttore Francesco Pais viene perseguito con un mandato di cattura. Ma di lì a poco, muterà in Emilia come nel resto d'Italia, il clima politico. L'ingresso di Vittorio Emanuele in Roma annullerà di fatto ogni immediata possibilità d'avvento della repubblica e, nello stesso tempo, la condanna di Mazzini, in contrasto con l'approvazione di Garibaldi, nei confronti della Comune di Parigi, provocherà una crisi all'interno del movimento democratico.

Fattori di indebolimento

Dopo il 1870 vari fattori concorsero ad indebolire la forza politica e la consistenza del mazzinianesimo intransigente. Questo processo d'indebolimento della base mazziniana ebbe inizio proprio quando Mazzini stava vivendo gli ultimi mesi della sua travagliata esistenza perseguitato come pericoloso nemico dal Nuovo Stato liberale e, contemporaneamente, attaccato aspramente dalla nuova sinistra.

Eppure Mazzini, in mezzo a tante difficoltà riuscì a mantenere un ruolo dominante nell'ambito del nascente movimento operaio, ottenendo che nel loro XII Congresso, svoltosi a Roma nel novembre 1871, le Società operaie di tutta Italia, sotto l'impulso di Aurelio Saffi, fedelissimo interprete delle sue direttive, ribadissero le pregiudiziali repubblicane e rafforzassero l'unità con un Patto di Fratellanza.

Da allora, e per oltre vent'anni, le Società affratellate costituirono la struttura portante di tutto il movimento repubblicano e i loro congressi, dal XIII - tenutosi a Roma nel 1879, al XVIII tenutosi a Palermo nel 1892, riconfermarono di volta in volta il testo del patto e ribadirono i punti essenziali della dottrina sociale mazziniana.

A Bologna, più che nelle organizzazioni operaie, il repubblicanesimo ebbe il suo centro di espansione nell'Università, dove emersero per la loro cultura, per la loro attività propagandistica e per la loro popolarità uomini insigni come il Saffi, il Ceneri, il Filopanti, il Carducci.

Il repubblicanesimo fu attivo inoltre nelle organizzazioni studentesche, come il Circolo intitolato a Luigi Zamboni, che nel 1878 conta circa duecento soci, o come la Unione Democratica Universitaria. Nel 1866, quando già è in atto una notevole diffusione del socialismo, ben 646 Società affratellate di ogni parte d'Italia partecipano con loro delegati al Congresso di Firenze; ma nei primi anni dell'ultimo decennio del secolo, mentre il socialismo sta rafforzando le sue strutture di base, il Patto entra in crisi.

Dalla crisi del Patto di Fratellanza, il quale aveva retto senza danni eccessivi alla concorrenza dell'internazionalismo ma non era riuscito a resistere in modo efficace all'offensiva del collettivismo, hanno origine la rifondazione ideologica e il rinnovamento strutturale ed organizzativo del movimento repubblicano.

Fusione definitiva

Il 21 aprile 1895 si costituisce a Milano il Partito Repubblicano Italiano, la cui nascita, come osserva Lucio Cecchini, "frutto dello sforzo congiunto di lombardi ed emiliano romagnoli, rappresenta anche la fusione definitiva delle due componenti storiche del repubblicanesimo, la federalista prevalente tra i lombardi e la mazziniana, cui l'Emilia - Romagna mantiene una più accentuata fedeltà.

Lo stesso partito nuovo, cui la riflessione lamalfiana ha fatto guadagnare un grande rispetto nel panorama politico italiano, non è che il frutto di quell'intuizione nata coi Patti di Fratellanza. Caduta nelle moderne società occidentali, l'immagine marxiana della società dualista fra capitale e lavoro, borghesia e proletariato, crollato il mito della "centralità operaia" in un mondo industriale dove gli operai sono progressivamente sostituiti dalle nuove figure dei tecnici e dei ricercatori, il mito classista che alla fine del secolo portò alla dissoluzione dei Patti di fratellanza non sussiste più ed il messaggio di Mazzini a duecento anni dalla nascita, risulta di una prorompente attualità.

Oggi possiamo ritrovare molti dei principi contenuti nei Patti di Fratellanza nel cosiddetto Patto di Lisbona, conseguente ad un Consiglio Europeo straordinario ivi tenutosi il 23 e 24 marzo 2000, dedicato ai temi sociali ed economici dell'Unione Europea.La strategia di Lisbona si basa su una serie di riforme strutturali negli ambiti dell'occupazione, dell'innovazione, delle riforme economiche e della coesione sociale, ai quali si è poi aggiunto quello della sostenibilità ambientale.

Il programma di Lisbona prevede che entro il prossimo mese di ottobre gli Stati Europei debbano redigere un piano per lo sviluppo dell'occupazione.

Come ha affermato il Presidente del Pri e Ministro delle Politiche Comunitarie, On. Giorgio La Malfa, ciò rappresenta una grande occasione per l'Italia la quale deve coglierla per colmare il ritardo accumulato nei confronti degli altri Paesi europei. Noi repubblicani siamo orgogliosi che a doversene occupare in primo luogo sia appunto il nostro Presidente Giorgio La Malfa, il quale, ne siamo certi, saprà essere senz'altro altezza del difficile compito che lo aspetta.