58 anni dalla nascita della Repubblica Due giugno 1946 – due giugno 2004. A 58 anni dalla nascita della Repubblica, coronamento del programma mazziniano della Giovine Italia, ci si interroga se in uno scenario geopolitico europeo e mondiale segnato da nuove domande in termini di benessere e di sicurezza, la Carta fondamentale che nacque dalla Costituente del '46 sia ancora valida per risolvere i problemi di oggi. In una Italia che la Repubblica ha posto nel gruppo di testa delle grandi democrazie industriali del pianeta, la risposta non può essere che affermativa. La Carta repubblicana, nei suoi principi ispiratori della prima parte, è in perfetta sintonia con tutti i modelli del moderno costituzionalismo. E non c'è dubbio che nell'Unione europea, oggi a 25, e domani a 30 e oltre, la nostra sia una Costituzione in piena armonia con quello che sarà il modello costituzionale della nuova Europa. L'Italia repubblicana, negli accidentati percorsi di una storia che sempre si rinnova, superando passaggi difficili di un itinerario disseminato di insidie inattese – ultima, la minaccia terroristica del fondamentalismo islamico – nel rispetto delle sue scelte internazionali, non ha tradito le attese di quegli oltre 12milioni di italiani che il 2 giugno '46 votarono per il rovesciamento della monarchia, che nel 1922 aprì quella voragine che dalla dittatura del partito unico ci portò all'abisso della guerra perduta. La Repubblica fu la risposta logica e ferma al tradimento di Vittorio Emanuele III che, calpestando gli stessi principi dello Statuto dei suoi avi, si fece poi complice delle leggi razziali, definite da Gianfranco Fini, leader accorto di Alleanza nazionale, dalle matrici postfasciste, "il male assoluto del fascismo". La Carta repubblicana ha saputo dare una risposta anticipatrice anche in quella parte di rinunce di quote di sovranità per organismi politico – istituzionali più larghi, i quali sono oggi di attualità, come la Ue, nella "gestazione storica della coscienza collettiva europea". Così come l'ha definita un autore francese, Dominique Reynié, in un libro freschissimo d'inchiostro, pubblicato per le edizioni "La Table Ronde" sotto il titolo "La frattura occidentale". Un frattura provocata dalla guerra in Iraq e dal bisogno di quell'Europa che, con l'arrivo di 10 nuovi Stati membri, si ponga il problema di una politica comune di difesa nel quadro delle sue relazioni con l'Alleanza atlantica e nella necessità della razionalizzazione dei sistemi d'armamento. Indirettamente, secondo Reynié, Saddam Hussein e Giscard d'Estaing sono gli artefici dell'opinione pubblica europea, che "si è svegliata" attorno alla Costituzione dell'Europa, spinta dalla necessità di uscire dal pantano iracheno. L'Europa, come punto di approdo che l'Italia, fin dal Risorgimento, ha posto come suo traguardo, è quella stessa che la Costituzione, nata dalle lotte antifasciste, evoca nelle voci dei padri fondatori della Repubblica: fra i quali, accanto agli Einaudi, ai Croce, ai De Gasperi, ci sono nomi di repubblicani e di azionisti come Ferruccio Parri e Ugo La Malfa, confluiti al Senato e alla Camera nei gruppi del Pri, accanto a Randolfo Pacciardi, Carlo Sforza, Giovanni Conti, Giambattista Perassi. Sono nomi che il Partito repubblicano, nel 58° anniversario della Repubblica, pone nel Pantheon della sua memoria. Per dirla mazzinianamente, "ora e sempre". |