Intervento del sen. Del Pennino sulle dichiarazioni del Ministro degli Esteri Franco Frattini tenutosi in Senato il 29 gennaio 2003 Signor Presidente, Colleghi Senatori, desidero esprimere l'apprezzamento dei repubblicani per le dichiarazioni rese dal Ministro Frattini, che hanno illustrato l'impegno del Governo per la costruzione europea e hanno sottolineato la necessità di accompagnare la fase di allargamento dell'unione con una revisione dei trattati che consenta una riforma delle istituzioni europee, in grado di avvicinare le stesse ai cittadini del nostro continente. Condividiamo altresì l'impegno per favorire la ripresa del dialogo israeliano-palestinese, ponendo fine all'escalation del terrorismo e della violenza nell' area, in modo da garantire confini sicuri allo Stato di Israele e l'autodeterminazione per il popolo palestinese. E soprattutto ci riconosciamo in quella parte delle dichiarazione che confermano la linea di fermezza, equilibrio e moderazione che ha caratterizzato fin qui il nostro Governo nella gestione della difficile situazione irachena. Manifestiamo sostegno al Governo per la fermezza dimostrata nella lotta al terrorismo: lotta di cui il disarmo dell'Iraq è parte essenziale. Ed è pertanto obiettivo primario della Comunità Internazionale. Un obiettivo, sarà bene ricordarlo, al quale il dittatore iracheno tende ancora a sottrarsi, come ha sottolineato nella sua relazione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il Capo degli ispettori Blix . E se alcune concessioni Saddam Hussein ha fatto , quanto meno sul piano formale, lo si deve sì alla risoluzione 1441 dell'ONU, che peraltro non era la prima in materia ,ma forse ancor più al dispiegamento militare anglo-americano nel golfo. E' questo un punto su cui dovrebbero riflettere quei colleghi della sinistra che denunciano tale dispiegamento come già espressione di una irreversibile opzione militare, ma non spiegano quando e come disarmare Saddam Hussein. Quasi non avessero verificato essi stessi dal Governo, nel caso di Milosevic, che la rimozione dei dittatori deve passare tal volta attraverso la dolorosa esperienza della guerra. Ho firmato negli scorsi giorni l'appello di Marco Pannella che si è rivolto alla Comunità Internazionale e alle Nazioni Unite, indicando nell'esilio di Saddam Hussein la condizione per una soluzione politica della questione irachena ed ha chiesto che il Consiglio di Sicurezza, partendo dal presupposto dell'uscita di scena di Saddam, ponga l'Iraq sotto un regime di amministrazione fiduciaria internazionale che consenta, entro due anni, di ripristinare le condizioni per un pieno esercizio dei diritti e delle libertà per l'insieme degli iracheni. Ma solo un atteggiamento aprioristico può sottovalutare il peso che ha l'azione di pressione e di deterrenza esercitata dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, al fine del conseguimento di questo obiettivo, che resta l'unica alternativa alla guerra. Per quanto riguarda l'atteggiamento complessivo del nostro Governo, ho detto che, oltre alla fermezza, ne abbiamo apprezzato anche l'equilibrio e la moderazione con cui ha operato, lavorando in questi giorni per ricucire lo strappo tra Francia e Germania, da una parte , e Stati Uniti dall'altra . Uno strappo che può essere salutato con soddisfazione solo dai neofiti dell'Europa, da quanti coltivano l'idea di una atlantico più largo, di una Europa contrapposta all'America, che era estranea ai suoi padri fondatori e che, per rimanere all'asse franco-tedesco , era estranea a due grandi e recenti protagonisti del vecchio continente: Francois Mitterand ed Helmut Khol. L'Europa non può partorire la sua unità fondandola sullo strappo con gli Stati Uniti : sia perché a queste condizioni è il parto stesso che non avrebbe luogo; sia perché questo parto non gioverebbe a nessuno, meno che mai a quella coesione occidentale che è oggi indispensabile per fronteggiare la minaccia del terrorismo . Vorrei ricordare in proposito quanto ha scritto un giornale, certo non amato dai girotondisti, ma neppure amico del Governo, come "il Riformista" :Una spaccatura atlantica è il peggiore di tutti gli scenari possibili in questo momento. Più grave del caos mediorientale che alcuni temono come conseguenza della guerra. Più grave della guerra in sè… Un mondo diviso tra un'America Pacifica da una lato e un'Eurasia a guida franco-russa dall'altro, non è il più rassicurante degli sviluppi. Bush passerà, l'America resterà: cardine di ogni ordine mondiale possibile, almeno per i prossimi cinquant'anni. Dove starà l'Europa? Dove starà l'Italia? La posizione cauta e di prudente "equilibrio" annunciata dal nostro Governo può contribuire, e di fatto sta già contribuendo, a mantenere vivo il filo di un dialogo tra le due sponde dell'Atlantico, che altrimenti avrebbe già rischiato di interrompersi, favorendo in concreto la spinta americana verso decisioni unilaterali, rafforzata e non certo indebolita dalla posizione assunta da Chirac e da Schroeder. Non è un caso che in questi giorni il nostro Presidente del Consiglio incontri Blair, Bush e Putin. E che il nostro Ministro degli Esteri abbia lavorato nei giorni scorsi con i suoi omologhi dei principali paesi europei per favorire l'assunzione di una posizione unitaria dell'Europa aperta al dialogo con gli Stati Uniti. Che è la sola posizione , giova ripeterlo, capace di riassorbire le spinte unilaterali e decisioniste dell'amministrazione americana e di ricondurle in un quadro di alleanze e di cooperazione internazionali utili a tutti , ma utili in primo luogo all'Europa. Vorrei , in proposito, e non per ripetermi, citare ancora il fondo del "Riformista" di lunedì scorso, che affermava:" Per restare in quell'Occidente al quale tutti giurammo fedeltà all'indomani dell'11 settembre, un paese come il nostro, di scarso peso militare e di incerto passato diplomatico, può fare solo una cosa, che è esattamente quella che si imputa al governo Berlusconi : restare europeo e atlantico allo stesso tempo. Non farsi abbagliare dall'asse franco-tedesco." Il passaggio storico che stiamo vivendo non consente sbavature, meno che mai sbandamenti o strumentalizzazioni a fine di politica interna. Siamo consapevoli delle difficoltà e dei drammi che sono di innanzi a noi , ma vorremmo ricordare alle anime candide - sia a quelle in servizio permanente effettivo, sia a quelle fluttuanti secondo la contingente collocazione al Governo o all'opposizione -che se la strada dell'esilio di Saddam, o del suo volontario disarmo, non si rivelerà percorribile, tornerà di attualità quanto scriveva nel 1941 George Orwell :" E' un fatto che la scelta per l'umanità non è tra bene e male, ma tra due mali. Si può permettere ai nazisti di governare il mondo, e questo è un male. O si possono rovesciare con la guerra, che è anche un male.Qualunque si la scelta, non se ne verrà fuori con le mani pulite". Questo è la scenario che oggi abbiamo di fronte. Ed è con questa consapevolezza che assicuriamo il nostro sostegno a quanto il Governo ha fatto e sta facendo. |