Consiglio Nazionale Pri

La nostra cultura politica ispirata dall'istanza riformista

Il Consiglio nazionale del Partito repubblicano ritiene necessario andare ad un Congresso straordinario, così come ha deliberato il Consiglio nazionale del luglio scorso; e, rispetto ad allora, anche con maggiori ragioni.

Tutti i segnali politici ci dicono che si è aperta una stagione di grande movimento: vi è una confusione straordinaria nei principali partiti di maggioranza, vi è un governo che appare ai cittadini insufficiente nella sua azione quotidiana, vi è una crisi latente anche nelle file dell'opposizione.

Restare in attesa degli eventi, giocare di sponda, per un partito come il nostro, con le sue dimensioni ed i suoi numeri, significherebbe essere condannato all'irrilevanza.

Un Congresso nazionale serve a ricordare che i repubblicani hanno una funzione da svolgere, e a proporre tale funzione alle altre forze politiche e all'opinione pubblica, soprattutto in un momento nel quale il problema principale del Paese è la necessità di riforme, quelle riforme che il centrodestra nella passata legislatura non riuscì a completare e che l'attuale coalizione di governo non affronta, così come si è visto nel vertice di Caserta.

Per fare le riforme occorrono una tradizione ed una cultura politica riformatrice e non è un caso che, in assenza di questa vena nei Ds o nella Margherita, tanti inizino a sentirsi superflui. Si tratta di partiti in cui la causa riformatrice ha avuto successo alterno, tanto che questi ultimi possono apparire a qualcuno più forze conservatrici che altro. Ed è la verità: i partiti di massa hanno più da badare agli interessi consolidati che a produrre trasformazioni profonde. Quello è un compito proprio dei partiti di minoranza. Certo, si potrà ritenere troppo ambizioso, per un partito come il nostro, l'offrirsi come il punto di riferimento naturale dell'area riformista, che non ne ha uno.

Ma è questo il nostro vero ed autentico dna, al quale, se non rispondiamo, scompariamo. Non è un caso che apparteniamo storicamente a quel nucleo di partiti democratici liberali e riformatori europei, distinti dai socialisti e dai popolari, perché sempre in prima fila per la modernizzazione e lo sviluppo del nostro Continente. Se non si rafforza quest'area, non ci sarà un avvenire riformatore per il Paese. Ed è questo il momento in cui i repubblicani devono misurarsi con le loro capacità di proposta e di coinvolgimento politico, per dare il loro contributo a quella che è ormai una questione fondamentale per l'avvenire dell'Italia.

Roma, 15 gennaio 2007