Intervista a Renzo Foa/L'"equivicinanza" di Massimo D'Alema è solo una mossa propagandistica

I riformisti? Non possono stare accanto ai massimalisti

di Riccardo Bruno

"L'Italia Libera" del 1945 riproduceva nel taglio alto della sulla prima pagina l'intervento di Ugo La Malfa all'ultimo congresso del Partito d'Azione. Nel taglio basso, quello di Vittorio Foa. Non potendo chiedere a Ugo La Malfa cosa pensa dell'alleanza del Pri con Berlusconi, possiamo almeno chiedere al figlio di Vittorio, Renzo, vice presidente della fondazione Liberal, fresco reduce da un convegno dedicato al "berlusconismo", cosa pensa suo padre della scelta di sostenere il Cavaliere al punto di elevarlo ad un fenomeno politico.

Non è che dopo il convegno sul berlusconismo suo padre Vittorio le ha tolto il saluto?

Veramente i rapporti con mio padre sono eccellenti. Del resto egli non è mai stato l'esponente di una visione dogmatica della politica. Egli non ha mai riconosciuto un imperante monolitismo secondo cui bisogna stare dove si è sempre stati. Perché questa è una bugia che si racconta agli altri e a cui non crede nemmeno chi la racconta. Prenda una data: il 1990. Vogliamo ricordare le figure pubbliche di allora, ancora presenti sulla scena pubblica di oggi? Quali posizioni ricoprivano nella vita politica? Fino al 1990 si parlava di sinistra o di appartenenza ai partiti? Quando non c'era il bipolarismo era dirimente stare nel Pci, nel Psi o no? Quali erano i rapporti fra il Pci ed i movimenti? Forse che erano nello stesso blocco bipolare Bifo e Pecchioli? Oppure quando mai il Pci fu alleato di governo con il Pri o in maggioranza con Craxi? Siamo adulti e non crediamo più alle favole.

Ci dica allora qual è la realtà.

Beh, magari questo è pretendere troppo. Ma posso dire con una certa tranquillità che la trasposizione della storia d'Italia nel bipolarismo è un'impresa impossibile. Dove sta la sinistra? Guardi che anche nella Prima Repubblica il Pci dal ‘45 all'80 cambiò profondamente, figurarsi cosa è accaduto in un bipolarismo nato intorno alla figura di Berlusconi, che è un fenomeno complicato, troppo per chi è convinto che il mondo cambia, è vero, ma che, ciononostante tutto, deve restare come prima.

E suo padre, mi perdoni, a che sinistra appartiene?

Vittorio Foa è sempre stato un irregolare. E, come ogni irregolare, uno che si è mosso molto, che ha una vera difficoltà personale a uniformarsi politicamente. La sua curiosità intellettuale lo ha distinto più della collocazione politica, e questa sua irrequietezza è il suo principale pregio, che ne ha fatto non un uomo di schieramento, ma un critico di tutte le posizioni.

Va bene, ma Berlusconi mica è di sinistra?

Perché mai no? Viene da una famiglia socialista antifascista. Era legato a Craxi, di cui ora i suoi nemici riconoscono le ragioni riformiste. Con questo metro, se Intini e Bobo Craxi sono di sinistra, lo dovrebbe essere anche Berlusconi.

Quale è il metro che dobbiamo usare, invece?

Che Berlusconi ha avuto un peso sostanziale nella vita italiana e lo ha avuto in senso progressista, non conservatore.

Ce lo dimostri!

Ma perché con tutti i suoi limiti da non professionista della politica, ha saputo interpretare le culture che con la fine del comunismo e la crisi della socialdemocrazia cercavano libero spazio in Europa, che emergevano con prepotenza. Torniamo all'89. Crolla il muro di Berlino, si sgretola il mondo del socialismo reale, ma è anche immediata la ripercussione devastante sulle socialdemocrazie occidentali.

Ricordo un Craxi a Berlino che rimane stordito davanti alla scritta "sozialism kaputt".

Per l'appunto. La socialdemocrazia europea ha espresso un modello di welfare che ha retto per tutto il secondo dopoguerra e che poi non trova più risorse ed idee per fronteggiare l'allargamento ad Est.

Va bene, ma che c'entra Berlusconi?

Berlusconi comprende che il cittadino non può fare a meno del welfare, ma sa anche che può produrre ricchezza e contribuire individualmente allo sviluppo della nazione. La sinistra, quella magari di origine comunista in Italia, non è in grado nemmeno di comprendere questo fenomeno. E tanto meno la vecchia Democrazia Cristiana.

Perché?

Ma perché il Pci e la Dc avevano una comune impostazione dirigistica, il loro riformismo, chiamiamolo così, è dall'alto verso il basso e si svolge sempre comunque attraverso l'intervento dello Stato. Guardi la politica dell'equo canone. Le intenzioni magari sono eccellenti, i risultati sono che non si trovava più un affitto in tutta Italia. Un fallimento terrificante. E' fin troppo ovvio che dopo cinquant'anni così occorresse dare la misura che il contributo individuale di ciascuno può essere più importante di un intervento programmato dello Stato. Era questa la spinta che veniva dall'Est europeo, soprattutto, che aveva investito la Germania ed arrivava anche in Italia. Berlusconi ha dato espressione politica a questa spinta.

E in che modo, scusi?

Innanzitutto con l'idea della riduzione delle tasse.

Beh, mica le ha poi così ridotte.

Ma il suo governo non le ha aumentate. E' stato il primo governo della Repubblica italiana che non ha aumentato la pressione fiscale. Sono arrivati questi di adesso e gli italiani hanno subito visto cosa significa, tanto che Berlusconi, che si dava per spacciato, oggi viaggia nei sondaggi.

Che viaggi pure, tanto mica si vota!

E chi può dirlo? Poi vi è un altro elemento: la visione del mondo.

Berlusconi?

Sì Berlusconi: una visione di libertà e di responsabilità che al nostro Paese mancava e che si è incarnata nella missione a Nassiriya, anche a Kabul è ovvio, ma soprattutto a Nassiriya. Una volta la sinistra italiana era internazionalista, adesso lei forse non si è accorto che è diventata isolazionista.

Ma come? La sinistra sostiene il multilateralismo. Non vede D'Alema?

Per l'appunto, un'idea che pretende un governo globale. Un ‘appeasement' con tutti. Cos'è che sosteneva D'Alema?

L'equivicinanza.

Appunto: ma se lo immagina lei essere equamente vicini a due stati in guerra fra loro? Ma come si fa a spararle così grosse? Noi ci siamo svegliati nell'89 sapendo che le tirannie si abbattono, non si evolvono. Chi aveva confidato nella perestrojka gorbacioviana, nella morbida riforma di un sistema tirannico, si è dovuto disilludere in fretta. E un governo serio, responsabile, le tirannie le affronta. E guardi che non si tratta di un problema di diritti umani: è un problema di libertà dell'individuo. E Berlusconi nella sua politica, ad eccezione nel rapporto con Putin, ha dato corpo a questo principio.

Insomma, fra tasse ed Iraq il governo Berlusconi è stato prodigioso!

Per la verità i suoi risultati politici sono stati modesti. Sono state fatte meno riforme di quanto si poteva sperare, se escludiamo la legge Biagi. Lo scalone di Maroni è pur sempre stato un passo avanti. La riforma Moratti aveva un impianto buono, tanto che lo riconosce anche questo governo, e poi le grandi opere per ammodernare il Paese e far circolare un po' di denaro. Ma è anche stato assente in tanti altri settori importanti, facendo meno di quello che ci si aspettava. Sono dell'idea che la sua riforma più importante resta quella di non aver aumentato le tasse.

In fondo Ricolfi sostiene che Berlusconi ha soddisfatto il 75 per cento o quasi del suo patto con gli italiani, nemmeno malaccio.

Berlusconi ha dato una scossa e questo ne fa un leader politico autentico.

Ho capito, ma è proprio di questo che si discute. Voi avete fatto un convegno sul berlusconismo: non è che il berlusconismo è il problema della successione a Berlusconi?

Una leadership politica non necessariamente coincide con la guida del governo. E' chiaro che se oggi si dovesse andare a votare, Berlusconi sarebbe il candidato premier della sua coalizione. Tra quattro anni non lo so. Il fatto è che la leadership la si conquista sul campo e tutto si può dire fuorché che quella di Berlusconi sia logorata. Semmai il problema è inverso: e cioè come si potrà affermare una leadership al posto di Berlusconi.

Secondo lei nel centrosinistra c'è una leadership?

Certo. Prodi è il vero leader del centrosinistra, anche se di centro ha sempre meno.

Pensa che Prodi abbia rotto con la sua matrice democristiana?

Al contrario: conferma che nella Dc esisteva una cultura comune alla sinistra ottocentesca: ridistribuzione, dirigismo, statalismo, sono il collante fra tutte le componenti del centrosinistra, radicali esclusi ovviamente. Prodi la esprime perfettamente, e questo gli va riconosciuto. Semmai difetta nei rapporti con i poteri non rappresentativi. De Benedetti, per dire. Ma se gli regala l'Alitalia, credo che anche quei rapporti miglioreranno.

Anche Berlusconi ha avuto dei problemi con il mondo dei poteri rappresentativi. Non ha fatto niente per contrastare l'elezione di Montezemolo alla presidenza di Confindustria quando era premier.

E' lo stile di Berlusconi, che si compensa con la performance di Vicenza.

La mia impressione semmai è che il centrodestra non abbia mostrato una particolare capacità di occupazione del potere.

Se per questo il centrodestra è stato del tutto incapace. E sotto questo profilo si prenderà una sonora lezione dai nuovi vincitori. Anche questa è una questione culturale, l'imprenditore Berlusconi non ha un retaggio gramsciano di conquista "delle casematte", lui si fida della parola data. Mentre la politica è l'arte della parola smentita.

Ma non è che voi che avete militato e poi lasciato il Pci, lei, Adornato, Bondi, Ferrara, siete tutti affascinati da Berlusconi come suprema eresia, come il gusto per il proibito?

Io sono convinto che vi sia una complessità culturale maggiore fuori dalla sinistra tradizionale nella quale pure mi sono formato politicamente fin da giovanissimo. Berlusconi ha saputo provocare le remore ed i tabù di questa sinistra, incontrando non solo il mio sostegno o quello di Bondi, ma quello di almeno metà degli italiani che gli hanno riconosciuto questa capacità e che ancora gliela riconoscono. La sinistra, invece, rispondendo con la demonizzazione, lo ha sottovalutato.

E' anche vero che la sinistra vent'anni dopo sa riconoscere i suoi errori, veda con Craxi.

Guardi, non mi sento di escludere che se non in venti anni, in dieci, ci sarà qualcuno a sinistra a dire - come disse D'Alema con Craxi - che anche Berlusconi aveva ragione. "Lui e non noi". Ma è un po' inutile questa rincorsa al passato dei vecchi marxisti. La politica hai i suoi tempi e le sue occasioni, se si perdono, difficilmente si recuperano.

Ma insomma, ci sarà un momento nel quale supereremo Berlusconi?

Solo quando la sinistra si dividerà. Quando riconosceranno che i riformisti non stanno accanto ai massimalisti. Quando la smetteranno di inseguire terze vie in politica estera. Guardi, questi sono i figli cresciuti male di Berlinguer. Berlinguer voleva "la terza via", ma essa era comunque un modo per allontanarsi dall'Unione sovietica. D'Alema nella sua neutralità sul conflitto fra terrorismo ed Occidente, prende le distanze financo dalla socialdemocrazia europea, e nemmeno se ne accorge. Lui se ne va a passeggio con gli esponenti di Hezbollah. Ma sa chi per primo in Europa denunciò Hezbollah come organizzazione terroristica? Il leader del Pse Lionel Jospin nel 1998. Ma D'Alema che ne sa? Per lui Israele è la Palestina.