Intervista a "La Stampa" 26 gennaio 2005 La Malfa: la deriva autoritaria è la vera mira dei terroristi Il presidente del Pri Giorgio La Malfa ha rilasciato la seguente intervista al quotidiano "La Stampa", 26 gennaio 2005. Onorevole La Malfa, sulla sentenza del giudice milanese Forleo lei ha una posizione anomala rispetto alla Casa delle Libertà. Non esprime condanna e pare quasi difenderla, almeno formalmente. Ci vuole spiegare? La questione è un po’ più complicata. La procura ritiene che le prove addotte dimostravano l’attività terroristica in preparazione. Il giudice ha concluso che non vi fossero prove di una attività terroristica, ma di una attività che poteva essere di guerriglia e come tale questa è coperta da una diversa disciplina di carattere internazionale. In un certo senso viene riconosciuta. Dunque? Io non entro nel merito, che va valutato in base alla prova. Spataro (il procuratore aggiunto di Milano, ndr) ha detto che in una telefonata abbiamo sentito la parola "giapponesi", cioè kamikaze, e i kamikaze sono sinonimo di terrorismo: ma lasciamo fuori questa materia. Lei che cosa valuta? Io ritengo che le società liberali devono stare molto attente. Non è che nella lotta al terrorismo possiamo travolge tutti i principi su cui sono fondate. Anche se il terrorismo è una preoccupazione ovvia e sacrosanta. Peraltro pare che non vi sia una definizione giuridica accettata di tale fenomeno. Tanto meno dalla sua distinzione dalla guerriglia. Infatti. Esiste però il problema della sicurezza che potrebbe condurre a considerare atti di preparazione come minaccia alla sicurezza. Può darsi che si tratti di codificare meglio le cose, di introdurre nuovi reati come è accaduto nella lotta alla mafia. Ma precipitarsi a dire che una sentenza di questo genere è frutto di una aberrazione gravissima… io francamente non me la sento. Il Gup Forleo ha accennato anche al "contesto bellico" in cui "le attività violente o di guerriglia, non possono essere perseguite neppure sul piano del diritto internazionale". Appunto. Ma insisto, non voglio entrare nel merito. Ho semplicemente voluto reagire a una omogeneizzazione di tutto, sotto la spinta della paura. Il terrorismo insomma non ci può condurre a rinunciare alle garanzie proprie delle società democratiche. C’è chi ritiene che qualcosa del genere stia già accadendo. C’è il caso inglese, dove la loro Corte di Cassazione ha detto che non possono essere tenute in galera senza processo per tre anni persone sulle quali pure pesa un forte sospetto di terrorismo. E’ in nome della prevenzione che si comincia a mettere da parte certi principi. E’ un dibattito complicato e delicatissimo. I confini tra diritto e politica sono molto difficili da stabilire. Le società libere non possono essere travolte dall’obiettivo tipico di questi movimenti, che vorrebbero costringerle proprio ad attenuare le garanzie del diritto. "Facciamo si che queste società diventino autoritarie e non rispettino i diritti individuali": è sempre stato questo l’obiettivo delle Br, così che alla fine è giustificata la loro azione. In una sorta di rincorsa… Certo. E’ questo rischio che vorrei segnalare. E credo che noi repubblicani siamo al di sopra di ogni sospetto sul terrorismo, l’Iraq e l’amicizia con gli Stati Uniti, per poterlo fare. |