In memoria di Lando Conti/Testimone di una religione laica intesa come tensione morale Le Br uccisero l'uomo ma non i valori democratici Messaggio inviato dal segretario nazionale del Pri alla cerimonia di commemorazione della scomparsa di Lando Conti nel ventesimo anniversario. Firenze, Palazzo Vecchio, 11 febbraio 2006. di Francesco Nucara Nel mondo scosso da un nuovo terrorismo, quello di matrice islamica, il Partito repubblicano non può non ricordare, a vent'anni dal suo martirio, Lando Conti. L'esponente repubblicano fiorentino, come sottolineò in quei giorni il segretario nazionale del Pri Giovanni Spadolini, fu "l'ennesima vittima di una violenza omicida che dette alla lotta politica il segno di una barbarie sotto i cui colpi caddero politici, magistrati, giornalisti, sindacalisti, servitori dello Stato appartenenti ai diversi corpi armati della Repubblica". Lando Conti, "per la sua figura morale", scrisse nel suo messaggio il presidente Sandro Pertini, fu "scelto a bersaglio dei terroristi". Un terrorismo, rispetto all'attuale, di natura diversa, che segnò in Italia quelli che furono chiamati gli "anni di piombo", di cui Lando Conti, sindaco di Firenze dal marzo '84 al settembre '85, crivellato da undici colpi di pistola calibro 7,65 dopo le cinque del pomeriggio del 10 febbraio 1986, è un altro nome di quella lunga lista emblematicamente espressa dal sacrificio di Aldo Moro. Lando Conti, martire - nel senso greco di testimone - era un mazziniano per nascita, per tradizione familiare, per educazione e per passione civile. Testimone di quella religione laica intesa come alta tensione morale che coniuga l'impegno per il bene pubblico come senso del dovere. Le Br vollero colpire in Lando Conti l'esponente di un partito che con adamantina coerenza, fin dall'avvento della Repubblica, si è identificato con la scelta occidentale dell'Italia a fianco degli Stati Uniti. Le Br individuarono in Conti l'uomo che non era disposto a barattare la sua coscienza con l'indulgenza verso la profonda perversione morale di cui il terrorismo, in tutte le sue facce, era l'espressione. Fu il sindaco che osò recarsi in una sala del tribunale per incontrare i dissociati di Prima linea ai quali disse che la Repubblica perdona in omaggio alle leggi della giustizia. Le leggi che hanno consentito di battere in Italia il terrorismo brigatista senza mai venir meno alla libertà. Ecco il retaggio di un mazziniano di famiglia, figlio di un'appassionata militante mazziniana, nipote di una vecchia figura della democrazia mazziniana: Menotti Riccioli, esponente della resistenza democratica e assessore nelle prime giunte della Liberazione. L'assassinio di Lando Conti, scrisse a caldo "La Voce Repubblicana", "è un crimine ben mirato, almeno tre volte: contro il Partito Repubblicano, contro la linea della fermezza, contro i valori di democrazia, di tolleranza e di umanità". Valori da non disperdere. Validi ieri ma più che mai oggi, allorché internet fa illusoriamente credere ad una mondializzazione che non è per domani, anche se la mondializzazione economica è inarrestabile. Se in questo senso non ci sono più frontiere spaziali, molte altre frontiere, nel mondo musulmano come in Occidente, sono dure a crollare. Sono frontiere mentali, politiche, filosofiche, religiose. Frontiere che solo il metodo laico del dubbio metodico può abbattere: appunto con il dialogo e il rispetto dell'altro. Il binomio cui Lando Conti informò il suo comportamento civile. E' il rispetto dell'altro che può evitare lo "scontro di civiltà" che il pianeta vive in questi giorni nel mondo musulmano infiammato da Giacarta a Gaza, da Teheran a Damasco, con il pretesto delle maledette caricature di Maometto. Senza dire delle stragi perpetrate dalla stessa mano a New York, a Madrid, a Londra, a Copenaghen. Un laico come Lando Conti rifiutava questi "scontri", così come non accettava la pretesa "fine della storia". |