Intervento del sen. Del Pennino a sostegno della mozione di maggioranza sulla crisi irachena Signor Presidente, i repubblicani voteranno a favore della risoluzione di maggioranza e contro tutte le altre ribadendo il loro pieno sostegno alla linea seguita dal Governo nella difficile crisi irachena. Una linea su cui avremmo auspicato si verificasse una convergenza anche dei settori più responsabili dell'opposizione, come suggerito da "Il Riformista" di avant'ieri. Rispetto alla linea del Governo consideriamo davvero ingenerose e ingiustificate le critiche mosse da sinistra. Si poteva forse da taluno dubitare nelle scorse settimane sull'opportunità della cosiddetta dichiarazione degli otto, anche se essa era successiva all'autonoma iniziativa franco tedesca che per prima aveva rotto la collegialità europea. Ma dopo il documento sottoscritto lunedì da tutti i Governi dell'Unione, documento apprezzabile non solo per il ritrovato equilibrio e per il riconoscimento del ruolo dell'ONU, ma anche per avere riaperto il dialogo con il partner di oltre Atlantico, diventa inevitabile domandasi: sarebbe stato possibile giungere a questo risultato se non ci fosse stato il contrappeso rappresentato dalla presa di posizione degli otto rispetto all'iniziativa franco tedesca? Poiché il tempo mi obbliga ad andare per flash, vorrei porre un altro interrogativo a quei colleghi della sinistra che non intendono cedere a suggestioni massimaliste: davvero credete che slogan come "no alla guerra, senza se e senza ma" servano alla pace? O non vi sembra che una linea destinata a ridurre la forza di pressione e di deterrenza nei confronti dell'Iraq, come quella che esclude sempre e comunque l'uso della forza, non finisca, al di là delle reali intenzioni, con l'indurre Saddam a sottrarsi ulteriormente ai controlli e alla collaborazione con gli ispettori dell'ONU, e quindi avvicini, e non allontani, la guerra? Un'ultima considerazione, non moralistica ma squisitamente politica. la processione cui abbiamo assistito negli scorsi giorni per incontrare Tarek Aziz (e il giudizio coinvolge oltre l'opposizione, anche alcuni esponenti della maggioranza) mi è apparsa invero indecorosa. Che il Papa nella sua visione ecumenica ricevesse l'inviato di Saddam è più che comprensibile. Che Tarek Aziz, una volta presente in Italia, fosse ricevuto dal nostro Ministro degli Esteri è altrettanto logico. Ma che si aprisse la rincorsa tra chi non aveva titolo, né religioso né diplomatico, per incontrare un personaggio che incarna un regime di sterminio e di oppressione è qualcosa che i repubblicani non possono non censurare. Roma, 19 febbraio 2003 |