Intervento del sen. Del Pennino sulle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Berlusconi sulla crisi irachena Signor Presidente, pochi colleghi superstiti di questo lungo dibattito, che forse meritava maggiore attenzione, ho ascoltato le dichiarazioni del Presidente del Consiglio e desidero manifestargli il consenso dei repubblicani, perché condividiamo gli sforzi profusi dal Governo nella ricerca di una soluzione della crisi irachena e condividiamo anche (entro subito nel merito di una questione che mi sembra assai controversa) lo spirito e la lettera del documento che il Presidente del Consiglio ha sottoscritto con altri sette Capi di Stato e di Governo europei. Infatti, siamo convinti di un punto che mi sembra sia da qualche parte e da qualche tempo un po' sottovalutato: che il disarmo dell'Iraq è parte essenziale nella lotta al terrorismo ed è obiettivo che dev'essere perseguito dall'intera comunità internazionale. Abbiamo sentito, nel corso del dibattito in questo ramo del Parlamento (e nell'altro) sollevare alcune obiezioni e alcune perplessità sul collegamento tra il problema del disarmo dell'Iraq e quello della lotta al terrorismo: noi siamo convinti invece che le due cose siano strettamente connesse. Per venire all'attuale evolversi della situazione, mi sembra evidente che il dittatore iracheno tenda ancora a sottrarsi ai controlli: lo confermano non solo le prove esibite ieri al Consiglio di Sicurezza dal segretario di Stato americano Colin Powell, ma anche, e direi in un certo senso soprattutto, le odierne dichiarazioni del capo degli ispettori delle Nazioni Unite sul disarmo dell'Iraq, Blix, il quale ha sottolineato di non essere affatto soddisfatto delle risposte sugli armamenti date dal Governo di Saddam, affermando che Baghdad non sta cooperando lealmente. Blix si è peraltro augurato che gli iracheni collaborino nelle prossime ore per poter giungere al disarmo attraverso le ispezioni. E' un auspicio che credo tutti condividiamo. Lo stesso dispiegamento di forze militari intorno all'Iraq, posto in essere in queste ultime settimane dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, lo leggiamo più nella prospettiva di indurre il regime iracheno ad accettare reali controlli che in quella di preparare la guerra. In questo senso credo che debba essere valutato positivamente, e non meriti le censure che sono state sollevate, l'operato del Governo e le forme di collaborazione che esso ha offerto per quanto riguarda lo spazio aereo italiano. Ma non possiamo, detto questo, nasconderci che il protrarsi degli ostacoli finora incontrati per la piena attuazione della risoluzione n. 1441 delle Nazioni Unite rischia di avvicinare effettivamente la prospettiva di un intervento armato; una prospettiva dolorosa, che divide, com'è sotto gli occhi di tutti, l'intera Comunità internazionale, ma che temiamo possa divenire dolorosamente necessaria in assenza di concrete alternative. Come ho avuto modo già di ribadire nel corso del dibattito sulle dichiarazioni del Ministro degli affari esteri la scorsa settimana, esiste certo una soluzione alternativa all'intervento armato, ed è stata indicata da più di centocinquanta parlamentari rispondendo all'appello di Pannella: una soluzione in cui credo e per cui credo bisogna lavorare, cioè quella di porre l'Iraq in una condizione di amministrazione fiduciaria straordinaria deliberata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, una sorta di Governo provvisorio per governare la transizione dell'Iraq verso un regime democratico. Ma per realizzare questa prospettiva occorrono un impegno e una fortissima pressione su Saddam proprio degli Stati che più si dichiarano contrari alla guerra. Quello che non possiamo pensare - e mi sembra che su questo il Presidente del Consiglio sia stato molto chiaro - è di registrare un'impotenza delle Nazioni Unite. Ogni decisione ulteriore nella vicenda irachena deve passare attraverso il Consiglio di Sicurezza, ma è importante evitare una mancanza di decisioni. L'impotenza decisionale rischierebbe di delegittimare un organismo cui continuiamo a guardare come strumento di garanzia dei diritti dei popoli e della sicurezza degli Stati. Roma, 6 febbraio 2003 |