Proposta di Pri e Nuovo Psi

Finanziaria: andare oltre la manutenzione di regole consunte

di Gianfranco Polillo

Oggi la diagnosi è quasi interamente condivisa. Ma alla fine di settembre, quando scrivemmo il fondo per la "Voce", eravamo solo una flebile voce, clamante nel deserto. Altro che Caporetto dei conti pubblici, avevamo scritto. La realtà italiana è profondamente diversa. La ripresa da tempo in atto, la maggiore occupazione, il ravvedimento fiscale di molti operatori economici, emersi dopo le politiche dei condoni, stavano dando i suoi frutti. Le entrate dello Stato stavano crescendo a ritmi vertiginosi. Un vero e proprio boom che solo chi voleva non riusciva a vedere. Poi i dati sugli incassi di novembre hanno fatto luce ed è stata subito bagarre. Tra chi, come Rutelli e Visco, vorrebbero ridurre, fin da domani, la pressione fiscale. E chi come Padoa Schioppa, il teorico di un ritorno al 1992, vorrebbe continuare a mantenere salda una barriera per impedire che il "partito della spesa" faccia nuove vittime.

Nel frattempo, una "finanziaria", senza né capo né coda, che ha battuto ogni precedente primato.

Operazione tutt'altro che semplice, visti i precedenti ed i mostri partoriti in quasi trent'anni di onorata carriera. Un testo chilometrico di quasi mille commi. Un coacervo di disposizioni legislative che si rincorrono e spesso si elidono. Un insieme di misure contrastanti e contraddittorie che rendono ancora più evanescenti i confini di quello "stato di diritto" a presidio della libertà dei cittadini. Una visione plumbea che non solo non coglie quella "voglia di fare", che traspare nell'ultimo rapporto del Censis, ma si muove in controtendenza. Generando effetti recessivi e scoramento. E con esso la giusta protesta di chi non si rassegna. Ma agogna una guida sicura per fare uscire il Paese dalle secche di una persistente stagnazione.

Sbagliata l'analisi, errata la terapia, ma soprattutto paradossale la discussione in un Parlamento attonito ed imbavagliato dai voti di fiducia. Non solo incapace di interloquire, ma addirittura di prendere visione di un testo, ponderoso come un vocabolario, e consegnato solo alcune ore prima della votazione. In un rito inutile e ripetitivo che ha portato a notti insonni e manifestazioni di piazza aperte alla partecipazione degli stessi vertici governativi. Insomma: tutto ed il contrario di tutto. Che altro aspettarsi, prima di mettere finalmente mano ad una riforma da troppo tempo procrastinata?

I repubblicani, insieme ai socialisti, hanno deciso di accogliere con tempestività il grido di dolore dei vertici istituzionali. Dopo la severa presa di posizione del Presidente della Repubblica e del Presidente della Camera, hanno elaborato una bozza di proposta di legge che sottoporranno a tutte le altre forze politiche. Lo hanno fatto, utilizzando l'esperienza di chi scrive, da anni al servizio degli Organi parlamentari. Un progetto, quindi, che non si connota politicamente, ma rappresenta solo il tentativo di una riflessione che non resta confinata nel cortile domestico. Tra i punti di riferimento: l'esperienza francese e la sua politica di budget; quella anglo-sassone e le sue regole, all'insegna dell'essenzialità.

La prima cosa da fare è abolire il Dpef: fonte di equivoci e di incertezze. Andrà sostituito con il Programma di stabilità, già previsto dall'attuale ordinamento ed oggi inutile doppione. La legge finanziaria dovrà assume la forma di una legge – quadro, dove riassumere in un limitato numero di articoli – se ne possono prevedere una trentina – l'insieme dei programmi e delle missioni da compiere.

Basteranno i titoli dei singoli progetti e le relative appostazioni finanziarie. Tutto il resto, sotto forma di decreti legislativi, andrà approfondito nelle commissioni di merito, cui spetterà il compito di vigilare sulla sua attuazione. Lo strumento principe di questo controllo sarà il budget – ossia un bilancio consuntivo – redatto in forma nuova, certificato da Autorità indipendenti, in grado di quantificare con esattezza il costo di ciascun servizio pubblico. Per compararne i risultati con la dinamica del mercato. Richiederà una contabilità diversa – di tipo analitico – per porre fine a quella indeterminatezza e scarsa trasparenza, che oggi caratterizzano il mondo oscuro degli apparati separati dello Stato. Il Parlamento acquisterà, così, maggiore forza. Sede del riscontro delle politiche governative a cui non si potranno opporre intralci e barriere. Perché le Commissioni parlamentari potranno operare con gli stessi limiti e poteri dell'Autorità giudiziaria.

Come si vede è un disegno che va ben oltre la normale manutenzione di regole giunte ormai al capolinea. Ma è inevitabile, se non si vuole disarmare il Paese di fronte alle sfide della modernità.