Del Pennino insoddisfatto della riforma costituzionale

Il senatore repubblicano Antonio Del Pennino è intervenuto sul "Disegno di legge costituzionale. Modifiche alla Parte II della Costituzione" (2 dicembre 2004) in sede di Commissione Affari Costituzionali. Egli ha ritenuto che le correzioni apportate al disegno di legge di riforma costituzionale da parte dell’altro ramo del Parlamento non risolvano e anzi aggravino i problemi che lo avevano spinto nella prima lettura a esprimere il proprio dissenso. Ha espresso l’apprezzamento per la revisione del riparto delle competenze legislative che tuttavia dà luogo a un risultato insoddisfacente per la sua parte politica, che ha manifestato netta contrarietà sulla riforma approvata nella scorsa legislatura. A suo avviso sarebbe stato preferibile abrogare del tutto le modifiche introdotte con la riforma del Titolo V, semmai attribuendo alla competenza legislativa delle Regioni una serie di materie anche più ampia di quella indicata dal disegno di legge costituzionale n. 1187 sulla cosiddetta devolution.

Il giudizio negativo, comunque, investe il complesso del provvedimento che egli giudica pasticciato e confuso. In particolare, al Senato federale vengono attribuite competenze di scarso rilievo; con il testo approvato dall’altro ramo del Parlamento, infatti, alla Camera Alta viene affidata in sostanza una funzione meramente consultiva, come è il caso del Senato del Canada: si sarebbe dovuto avere, allora, il coraggio di optare più coerentemente per un sistema monocamerale. Inoltre, considera squilibrato il rapporto fra Governo e Parlamento, anche perché non si recepisce il suggerimento contenuto nel disegno di legge costituzionale n. 1934 da lui presentato insieme al senatore Compagna, volto - tra l’altro - a prevedere le elezioni primarie per l’individuazione dei candidati alle elezioni politiche e alla carica di Primo ministro. Tale meccanismo, infatti, consentirebbe di conferire ai parlamentari una legittimazione popolare altrettanto forte di quella che deriverebbe al premier dall’indicazione diretta nelle elezioni.

Considerato che le disposizioni che disciplinano il Senato federale e il nuovo procedimento legislativo, nonché il collegamento formale dei deputati con il Primo ministro e il potere di scioglimento della Camera dei deputati da parte del premier entreranno probabilmente in vigore soltanto nella legislatura successiva alla prossima, mentre la riduzione del numero dei parlamentari avverrà, presumibilmente, soltanto a partire dal 2016, ritiene che la maggioranza avrebbe tutto il tempo per riconsiderare la riforma, in modo da sanarne gli aspetti più contraddittori ed errati. Vi è il pericolo, a suo avviso, di approvare una riforma che funzioni soltanto in astratto e che potrà essere modificata nella prossima legislatura dallo schieramento dell’opposizione, se esso vincerà le elezioni, con il rischio comunque di consegnargli un potere esecutivo assai rafforzato.

Rileva come, anche dopo l’estensione delle materie di competenza esclusiva dello Stato e la revisione dell’elenco di quelle di legislazione concorrente operate dalla Camera dei deputati, permanga il rischio di un’elevata conflittualità tra lo Stato e le Regioni. Il contenzioso potrebbe anzi aggravarsi a causa della evidente sovrapposizione di competenze che riguardano lo stesso ambito attribuite allo Stato in via esclusiva per ciò che riguarda la loro proiezione "strategica" e alle Regioni per ciò che attiene al versante organizzativo. A titolo esemplificativo, ricorda la tripartizione delle competenze legislative in materia di istruzione, per cui allo Stato sono riservate le norme generali sull’istruzione, alla legislazione concorrente l’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, e alle Regioni in via esclusiva l’organizzazione scolastica e la gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Analoghe sovrapposizioni si verificano fra la promozione internazionale del sistema economico e produttivo nazionale e il commercio con l’estero, fra le grandi reti strategiche e di trasporto e le reti di trasporto e di navigazione non nazionali, nell’ambito dell’ordinamento della comunicazione, della produzione e distribuzione dell’energia, dell’ordinamento sportivo e delle professioni intellettuali.

In realtà, a suo avviso, non si è potuto perseguire un atteggiamento più coraggioso, volto a prevedere una distinzione solo fra le competenze statali e regionali, perché ciò avrebbe ostacolato la differenziazione delle funzioni delle due Camere. In questo contesto lo svuotamento delle competenze del Senato federale appare però evidente, se si considera la riduzione delle materie di legislazione concorrente, la non partecipazione all’approvazione delle leggi che disciplinano l’esercizio dei diritti fondamentali, l’intesa inappellabile dei Presidenti delle due Camere in ordine alla competenza delle stesse e il potere del Governo di attribuire alla Camera il potere decisionale definitivo su disegni di legge a competenza prevalente del Senato qualora essi contengano elementi essenziali per l’attuazione del programma di Governo.

Ha espresso considerazioni critiche con riguardo ai poteri attribuiti al Primo ministro, la cui posizione, rafforzata dalla elezione diretta, non trova adeguati limiti, mancando un quadro di bilanciamento dei poteri che è invece, a suo avviso, indispensabile. In proposito, ribadisce che si dovrebbe rafforzare la posizione dei parlamentari, attraverso la previsione di una selezione dei candidati con le elezioni primarie e l’attribuzione di un ruolo istituzionale ai partiti politici; senza di che il potere del Primo ministro e il ruolo marginale della Camera dei deputati potrebbero provocare una disarticolazione dei poteri.

Sul piano delle garanzie, infine, ritiene che si dovrebbe prevedere il diritto dell’opposizione di adire la Corte in via preventiva sulla costituzionalità delle leggi, tanto più che inopinatamente il disegno di legge introduce la facoltà per tutti gli enti locali a ricorrere in via principale, presupposto questo, a suo avviso, per nuovi ulteriori conflitti fra gli enti dello Stato-ordinamento.

Ha concluso, chiedendo alla Commissione di orientarsi per una profonda revisione del testo di riforma costituzionale.