Le iniziative contro la legge in materia di procreazione assistita/Necessario un dibattito per decidere unitariamente la strada da intraprendere La scelta referendaria appare la via maestra Ripetere in questa sede e in questo momento, dopo una lunga e dura battaglia condotta anche dalla FGR, quanto già detto nei mesi scorsi sul disegno di legge recentemente approvato in Senato sarebbe superfluo. La legge sulla procreazione assistita è ingiusta, illiberale, incostituzionale, oscurantista e (quel che è più grave per un testo normativo) del tutto illogica, mettendo insieme argomenti ben diversi come il diritto alla maternità e la libertà della ricerca scientifica. Questo lo sappiamo bene, come bene sappiamo che essa nasce da un dibattito parlamentare affrettato e oggettivamente influenzato dalle "richieste" provenienti dall'Oltretevere. A questo punto, valutando attentamente le alternative, dobbiamo decidere cosa fare. La via referendaria appare senz'altro come la strada maestra. Lo strumento del referendum ha il pregio di imporre una scelta precisa alle coscienze e con un'accorta scelta dei quesiti permetterebbe di rimuovere le disposizioni più intollerabili. Si dovrebbe eliminare l'irrazionale divieto di compiere ricerche sulle cellule staminali derivate dagli embrioni soprannumerari ormai destinati alla distruzione; sarebbe necessario rimuovere l'assurda disposizione che di fatto impone alle donne un trattamento coatto precludendo loro il diritto al ripensamento dopo la fecondazione; e ancora, si dovrebbe consentire l'accesso alle tecniche procreative anche ai soggetti fertili portatori di malattie geneticamente trasmissibili. Ma l'elenco delle disposizioni da modificare è lungo e di certo non si limita a questi pochi esempi. Un'azione referendaria di questo genere è senz'altro doverosa e va portata avanti con qualsiasi mezzo a nostra disposizione. Analizzando il quadro generale della situazione, però, ci si rende conto che l'intero impianto della legge risponde ad una logica che mal si accorda con una concezione laica e liberale dello stato, e le varie disposizioni da abrogare non sono che un'emanazione di tale logica. Di conseguenza, non è azzardato pensare di poter compiere un ulteriore passo in avanti: farci promotori di un referendum teso all'abrogazione totale della legge. Si darebbe così il via ad un dibattito esteso sulla tematica, non limitando la discussione a singoli dettagli tecnici spesso di difficile comprensione e sui quali sarebbe arduo aggregare un consenso generale dei cittadini. Allo stesso tempo, non si correrebbe il rischio di ottenere un successo solo in parte dei quesiti, aumentando così la già elevata contraddittorietà interna del testo; né va dimenticato il fatto che la legge all'Articolo 7 chiede al Ministero della Salute di emanare delle Linee Guida attuative, sulle quali all'atto pratico l'abrogazione di singoli articoli potrebbe non riuscire ad incidere. Certo, questo passo ci esporrebbe alla prevedibile accusa di voler creare un vuoto normativo. Tuttavia consentirebbe anche di riaprire un salutare dibattito parlamentare che porti all'emanazione di un nuovo testo finalmente capace di affrontare problematiche così complesse con senso di responsabilità e senza articoli di legge spesso in contrasto tra loro. Tra tutte queste alternative, una cosa è certa. La battaglia per modificare questa legge rappresenta senz'altro un'ottima opportunità per la FGR di inaugurare un confronto interno il cui traguardo deve essere la definizione di una linea unitaria sulla quale basare le iniziative delle singole strutture territoriali. E' giunto il momento per noi giovani repubblicani di intraprendere un'attività di lotta politica su scala nazionale portando avanti, oltre al doveroso e proficuo impegno per la riorganizzazione della Federazione, un confronto basato su temi programmatici concreti. Riccardo Masini - FGR |